La gestione delle minacce passa da Lugano

In questi giorni, dall’8 al 10 aprile, a Lugano presso l’Università della Svizzera italiana (USI) si sta svolgendo la 16.esima conferenza dell’Association of European Threat Assessment Professionals (AETAP). Un evento che riunisce i principali esperti ed esperte di tutti i settori legati alla valutazione e alle gestione delle minacce: dalle forze dell’ordine, agli psicologi, passando per i professori universitari e i professionisti dell’aiuto alle vittime in campo sanitario. Tante le tematiche e gli argomenti trattati nei vari workshop e nelle relazioni degli esperti provenienti da tutta Europa e, in qualche caso, anche dagli Stati Uniti: dalla violenza domestica e lo stalking fino a fenomeni come il terrorismo.
Un evento che, ovviamente, ha visto la presenza anche di esperti ticinesi e della Polizia cantonale. Proprio questa mattina, non a caso, la conferenza è stata ufficialmente lanciata dai discorsi del presidente dell’associazione AETAP Raoul Jaccar, di Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle istituzioni, e del comandante della Polizia cantonale Matteo Cocchi. «Come in tutti gli ambiti – ha spiegato Gobbi al Corriere del Ticino a margine della conferenza –, anche per quanto riguarda la gestione delle minacce lo scambio di esperienze tra i vari attori è fondamentale». Lo scopo di questo importante evento, dunque, «è anche quello di approfittare dei contatti con altre realtà cantonali e di altri Paesi a noi vicini per cercare di migliorarci continuamente nell’ambito della gestione delle minacce». Il vantaggio risiede quindi nel confronto tra tutti i professionisti del settore: «Ognuno porta a casa degli insegnamenti e contribuisce a diffondere i propri, poiché solo parlandosi e tramite il dialogo si può rafforzare la rete protezione preventiva».
Una «rete di protezione» che, per essere efficace, dev’essere la più estesa il possibile. Ancora Gobbi: «In Svizzera abbiamo riscontrato che non ci sono cellule violente, bensì individui singoli che operano in questo senso. È quindi importantissimo avere una rete di contatti, ma anche di persone che fungono da antenne presenti in tutti i settori della società: dal mondo sociale a quello della scuola, fino a chi opera all’interno delle istituzioni, poiché sovente si tratta di casi collegati a persone dipendenti dagli aiuti sociali».
Per il consigliere di Stato, dunque, è «essenziale per noi avere questa rete di contatti, che in Ticino è stata sviluppata tramite il ‘Gruppo persone minacciose’, il quale fa da ricettore di tutte le segnalazioni su comportamenti violenti nei confronti delle autorità». Ma come siamo messi, in Ticino, con le gestione delle minacce? A rispondere è il comandante Matteo Cocchi: «In Ticino già nel 2017 abbiamo iniziato con l’attività di polizia nell’ambito della gestione delle minacce. Poi nel 2019 c’è stata un’evoluzione e oggi con il ‘Gruppo prevenzione e negoziazione’ abbiamo un’attività che è un unicum a livello Svizzero. All’interno della nostra organizzazione inseriamo agenti, psicologi, e coloro che lavorano ambito della deescalation. E questo perché è chiaro che da un lato occorre lavorare sulla prevenzione, dall’altro occorre coordinarsi anche al di fuori della Polizia (ad esempio con le associazioni sportive oppure con il mondo della scuola), ma occorre anche essere pronti ad agire in caso di bisogno, in maniera efficace con strumenti adeguati».