La giungla delle cure a domicilio
È risaputo che nel settore cure a domicilio le acque sono sempre state agitate. Spitex pubblici e privati navigano da anni nello stesso mare, ognuno per conto proprio, e a debita distanza. Si guardano di traverso, certamente, ma ciascuno con le proprie ragioni. Tuttavia, la convivenza è possibile. Negli ultimi sei mesi, paradossalmente, la barca pare essere diventata una, mentre il mare dell’offerta è stato invaso da un terzo attore, ovvero dagli infermieri indipendenti.
A detta degli operatori del settore, alcuni danno disdetta del contratto di lavoro dall’Ente ospedaliero, dalle cliniche e dalle case anziani, ma anche dagli spitex pubblici e privati, per mettersi in proprio. Niente di illegale, ben inteso. I problemi sorgono quando l’indipendenza comporta requisiti minimi di qualità, pochi controlli, un impiego più che mai attrattivo e molto redditizio. Inoltre, le ore di cura esercitate – «eccessive e non giustificate» a detta dei più – si riflettono a cascata anche sui costi della cassa malati, sui sussidi cantonali, sul contributo che devono versare i Comuni e quindi sulle spese che andranno a pagare i cittadini. Preoccupazioni in questo senso arrivano dall’Associazione assistenza e cura a domicilio Malcantone e Vedeggio (MAGGIO) e anche dalla direttrice di Internursing, nonché delegata ticinese dell’Associazione Svizzera Spitex privati, Paola Lavagetti.
Più ore del previsto
L’Associazione MAGGIO ha vissuto in prima persona questa problematica degli infermieri indipendenti. «Da aprile abbiamo ricevuto cinque/sei disdette del contratto, ma la concorrenza sleale emerge quando queste persone portano con sé i pazienti che avevano precedentemente in cura sotto il nostro spitex», evidenziano il presidente dell’Associazione, Daniele Bianchi, e il direttore, Stefano Motta. La questione si fa più complessa e delicata quando si inizia a parlare del tanto dibattuto tema delle ore di lavoro. È bene ricordare che non è il paziente che paga la prestazione, bensì la cassa malati dietro fattura dell’infermiere, che prevede una retribuzione per la tipologia di ore che vengono esercitate. I nostri interlocutori spiegano che l’assicurazione di base prevede dei tempi standard per tutti, «ma dal momento che il salario di un infermiere indipendente dipende da quante ore lavora, quando il paziente trova una persona che gli dedica del tempo anche oltre la singola prestazione, non ha interesse a mandarlo via. La prestazione deve durare mezz’ora? Non è importante se dura un’ora. Una delle dirette conseguenze di questa operazione è l’aumento dei costi, sia per i cittadini sia per i Comuni». È noto, infatti, che il mercato sanitario non è retto dalla domanda bensì dall’offerta. Quindi, «più fornitori, più consumi, più costi».
«Forte aumento dei sussidi»
Sul fronte contributi cantonali, invece, la Legge sull’assistenza e cura a domicilio (LACD) prevede che l’80% di questi sussidi sia a carico dei Comuni, mentre il restante 20% del Cantone. Ebbene, stando a una recente circolare firmata dalla Conferenza dei presidenti dei Servizi di assistenza e cura a domicilio di interesse pubblico del Canton Ticino e inviata a tutti gli Esecutivi comunali allo scopo di renderli attenti sulle ripercussioni per il settore socio-sanitario in generale, «la nuova pianificazione integrata per gli anziani prevede un forte aumento dei sussidi pubblici, che passerebbero dagli attuali 200 a 340 milioni annui (+70%), di cui l’80% a carico dei Comuni; complice l’invecchiamento della popolazione, è chiaro sin d’ora che la neutralità finanziaria di Ticino 2020 per quest’aspetto non potrà essere rispettata, a svantaggio dei Comuni». In soldoni, ci saranno «preoccupanti ricadute sulle finanze comunali».
Come visto, la preoccupazione non è circoscritta solo agli spitex, bensì anche agli enti comunali e di conseguenza ai cittadini. Quali le soluzioni, quindi? Secondo Bianchi e Motta «bisognerebbe fare una moratoria, bloccare il numero degli infermieri indipendenti con l’autorizzazione al libero esercizio, imbastire una pianificazione non tanto sulle ore di lavoro, bensì sul numero di prestatori di servizio e puntare sulla qualità».
«È troppo facile»
Dal pubblico passiamo al privato, ma la musica cambia di poco. Il fenomeno degli infermieri indipendenti «è più marginale perché abbiamo avuto meno disdette di lavoro, ma ci preoccupano i numeri visto che in due anni sono triplicati e la tendenza potrebbe aumentare ancora». La direttrice di Internursing, Paola Lavagetti, parla di una situazione «sfuggita di mano». Una problematica che parte dalla base, perché «l’indipendenza è attraente e piace a tutti», ma «ci sono pochi controlli e il fatto di mettersi in proprio è molto redditizio perché non hai dipendenti, oneri sociali e costi di struttura da pagare. Inoltre, per iniziare a esercitare ci vogliono requisiti minimi, come il diploma con due anni di esperienza nel settore e la fedina penale pulita. È troppo facile». Anche Lavagetti sottolinea la problematica «dell’abbondanza delle ore fatturate a carico della LAMal». Sia il settore pubblico che quello privato concordano su un aspetto, che potrebbe essere la colonna portante di una strategia comune per stabilizzare la situazione: puntare sulla qualità. «Siamo interessati ad avere un incontro con gli spitex pubblici per trovare una strategia comune su questo e altre tematiche. Con i servizi pubblici abbiamo già parlato di una tavola rotonda proprio per trovare una soluzione volta a frenare questo fenomeno – rileva –. L’idea della moratoria è fattibile, ma prima bisogna lavorare sulla qualità dei servizi».
«Il controllo della spesa non può essere ignorato»
Il fenomeno, così come descritto, solleva ulteriori domande. Ad esempio, quali requisiti deve avere un infermiere per diventare indipendente ed esercitare? Quale tipo di controlli vengono effettuati? Tutti questi interrogativi li abbiamo girati all’UACD e all’Ufficio del medico cantonale, che ci hanno risposto in modo congiunto. Prima di tutto, «il quadro legale federale prevede che gli infermieri autorizzati a esercitare come indipendenti possono fatturare a carico della LAMal, anche senza la sottoscrizione di un contratto di prestazione con il Cantone, se possono comprovare di aver esercitato per due anni al 100% un’attività pratica alle dipendenze di un infermiere autorizzato ai sensi dell’OAMal, in un ospedale o in una casa di cura, all’interno di un’organizzazione di cure e di aiuto a domicilio». Per quanto riguarda le ispezioni, «il controllo primario è di competenza dell’assicuratore malattia. Parallelamente, quello operato da parte dell’Ufficio del medico cantonale è svolto in relazione a un’analisi della coerenza tra fabbisogno di cura rilevato e prestazioni erogate, della gestione della documentazione di cura, oltre che di elementi di possibili non conformità in ottemperanza al quadro legale». Infine, il Cantone come legge la situazione? «L’evoluzione in questione non è in contrasto con l’indirizzo pianificatorio del Cantone, che è in forte crescita. Di riflesso, vi è un evidente aspetto legato al controllo della spesa settoriale, che non può essere ignorato. La pianificazione stabilisce alcune piste concrete tra cui la creazione di reti di cura integrate per migliorare la qualità delle prestazioni erogate e ottimizzare l’evoluzione della spesa settoriale. Si stanno valutando tutti i margini di manovra per mantenere un adeguato controllo dei volumi delle prestazioni erogate e del rispettivo finanziamento nell’ambito delle competenze del Cantone, fermo restando che buona parte delle regole del gioco sono disciplinate a livello federale».