La nuova sede di IRB e IOR è realtà, ma si pensa già al raddoppio
La lunga attesa è finita. Sabato 27 novembre a Bellinzona verrà inaugurata la nuova sede dell’Istituto di ricerca in biomedicina (IRB) e dell’Istituto oncologico di ricerca (IOR). Nuova sede, nella quale si sono insediati anche i laboratori di ricerca dell’Ente ospedaliero cantonale, che però va già stretta ai due istituti. Tanto che ci si sta muovendo per costruire un edificio gemello sull’altra metà del terreno all’ex campo militare che la Città ha riservato a questo scopo. «Al più tardi all’inizio dell’anno prossimo affronteremo la questione. Si tratta di allestire un progetto preliminare da sottoporre a Berna per ottenere i finanziamenti federali e cantonali» ha argomentato Franco Cavalli, presidente della Fondazione IOR, nell’incontro con la stampa durante il quale è stata presentata la nuova sede dei due istituti di ricerca. Una volta ottenuto il via libera dalla Confederazione, si tratterà di definire l’erogazione da parte di privati degli altri fondi necessari al finanziamento dell’opera. Ed in questo senso, ha assicurato il presidente della Fondazione IOR, le basi ci sono già.
Una necessità impellente
«L’auspicio - ha proseguito Cavalli - è di riuscire a condurre in porto questo progetto in tempi meno biblici rispetto a quelli che hanno contraddistinto la realizzazione dell’edificio in cui ci siamo trasferiti da poco». In effetti, gli ha fatto eco il presidente della Fondazione IRB Gabriele Gendotti, l’iter è stato a dir poco tortuoso e si è protratto per oltre dieci anni. «Non possiamo più permetterci di attendere così tanto tempo. Abbiamo bisogno subito di nuovi spazi» ha ribadito Gendotti, riferendosi all’eventualità che l’ampliamento di IRB e IOR possa avvenire fra 15 o 20 anni sui terreni che si libereranno quando le Officine FFS si trasferiranno a Castione. Anche lo stabile di via Vela in cui avevano sede fino a poco fa IRB e IOR e che la Città ha deciso di acquistare, ha aggiunto Cavalli, è già tutto occupato da società ed enti attivi nella ricerca in campo biomedico. «Ciò dà la misura delle dinamiche che si stanno creando a Bellinzona e ci fa ritenere che l’edificio gemello sarà oltremodo utile per lo sviluppo delle nostre attività» ha ancora sostenuto il presidente della Fondazione IOR.
Tecnologia d’avanguardia
Se la costruzione dell’edificio gemello all’ex campo militare è musica del futuro, magari prossimo come auspicato da Cavalli e Gendotti, oggi vi è comunque grande soddisfazione per l’insediamento dei due istituti nella nuova sede progettata dallo studio di architettura di Aurelio Galfetti. Abbiamo avuto l’occasione di visitarla accompagnati da due guide d’eccezione: Davide Robbiani, direttore dell’IRB, e Carlo Catapano, direttore dello IOR. Il cuore dell’edificio è costituito dall’ampio atrio al pianterreno che separa le due ali: a nord quelle con la caffetteria e gli uffici amministrativi, a sud quella che ospita le sofisticatissime, e costosissime, strumentazioni che sono condivise dai due istituti. Ai due piani superiori dell’edificio trovano invece spazio i laboratori veri e propri nei quali sono attivi i gruppi di ricerca (13 quelli dell’IRB, 5 dei quali attualmente impegnati su vari aspetti legati alla lotta contro il Coronavirus, ed 8 quelli dello IOR, che l’anno venturo saliranno a 9) per un totale di circa 250 persone, compresi numerosi studenti universitari impegnati nel programma di dottorato.
Colpo d’occhio sulla città
Laboratori che, grazie alle ampie vetrate sul lato est dell’edificio, permettono di avere un notevole colpo d’occhio sulla città. «Qui ci occupiamo di studiare il sistema immunitario, che è il sistema di difesa del corpo umano. Volgendo lo sguardo oltre le vetrate, possiamo ammirare un altro sistema di difesa, cioè quello costituito dai castelli e dalla cinta muraria di Bellinzona» ha rilevato a tal proposito il direttor Robbiani. Al di là delle battute, il legame che si è creato tra i due istituti di ricerca e la Turrita è stretto e va consolidandosi sempre più. E chissà che proprio grazie all’attività dei due istituti - così come di altri enti e società che stanno nascendo attorno a loro e, beninteso, della neonata Facoltà di scienze biomediche dell’USI - la capitale cantonale non possa diventare la sede di un Centro di ricerca federale nel campo delle scienze della vita. Se lo immagina Franco Cavalli, auspicando un investimento in questo senso da parte della Confederazione affinché a sud delle Alpi possa nascere una struttura equivalente ai due politecnici federali.