Mendrisiotto

La peste suina africana è a meno di 90 chilometri

La malattia si sta diffondendo nel Nord Italia: gli ultimi focolai sono stati registrati in provincia di Milano e Pavia – Si stima che il virus possa avanzare fino a 5 chilometri al mese– In Ticino la situazione è monitorata e l’uomo può fare la sua parte con maggiore disciplina e buone abitudini
©EPA/JULIEN WARNAND
Stefano Lippmann
13.08.2024 06:00

La peste suina africana sta arrivando. Si tratta – come spiega l’Ufficio federale della sicurezza alimentare e veterinaria – di una malattia provocata da un virus che non è pericolosa per gli esseri umani, ma quasi sempre mortale nel giro di pochi giorni per i cinghiali infetti. Per le autorità federali la situazione è già da «bollino rosso»: ovvero «rischio elevato» che la malattia si manifesti in Svizzera. In Ticino lo sguardo è piuttosto rivolto alla Lombardia e al Piemonte dove, nelle ultime settimane, sono stati segnalati 8 nuovi focolai della malattia in stabilimenti suini (con il coinvolgimento di 19.179 capi). Due, in particolare, fanno comprendere quanto il virus si stia avvicinando al confine. Le autorità italiane hanno infatti certificato la presenza delle peste in un allevamento nel Comune di Besate, in provincia di Milano, e in uno a Mortara, in provincia di Pavia. In linea d’aria, dunque, è a meno di una novantina di chilometri dal Mendrisiotto. «La letteratura, in generale, ci dice che la malattia, se non arginata, può avanzare da uno a cinque chilometri al mese» ci spiega il veterinario cantonale Luca Bacciarini. A fare da veicolo, in questo caso, ci sarebbero soprattutto i cinghiali. Già, proprio il cinghiale: «Dalle mappe in nostro possesso abbiamo potuto constatare che nella prima parte dell’anno la situazione era piuttosto stabile; i cinghiali risultati positivi erano più o meno nella stessa zona. Adesso abbiamo più casi di cinghiali positivi verso nord, la malattia si stia avvicinando» conferma il veterinario cantonale. E a ridosso del confine – normalmente visti quali esempi positivi – ci sono i corridoi ecologici. Aree meno antropizzate, con meno presenza dell’uomo, dove gli animali possono muoversi (o migrare) piuttosto liberamente. A ciò si aggiunge la conformazione del Ticino, ricco di zone boschive e di montagne. Sotto speciale osservazione c’è soprattutto «il parco del Ticino che si sviluppa sulle due sponde dell’omonimo corso d’acqua quando esce dal Verbano: un parco che è anche soprannominato l’autostrada verde». Già, i corridoi ecologici: «Senza malattie – sottolinea Bacciarini – sono davvero utili. Con il diffondersi della peste suina africana e con l’alta densità di cinghiali diventano, sotto questo aspetto, un problema».

Anche l’uomo tra i diffusori

Ma non c’è solo l’ungulato tra i possibili diffusori della malattia: la sua parte, in negativo, potrebbe farla anche l’uomo. Per gli ultimi due focolai riscontrati nel Nord Italia – fa presente il veterinario cantonale – «è manifesto che la malattia sia stata portata all’interno degli allevamenti dall’uomo». Il virus, infatti, è considerato resistente: «resta attivo anche per diversi mesi nella carne e nei derivati di suino se non cotti adeguatamente». E poi, soprattutto, «lo si può ‘trasportare’ attraverso le suole delle scarpe o con i vestiti». L’insidia, insomma, è dietro l’angolo: basta una passeggiata, una battuta di caccia o una giornata passata a cercare funghi dove vi sono ungulati positivi al virus e l’uomo potrebbe contribuire alla diffusione della malattia. Bisogna dunque prestare la massima attenzione e avere la buona abitudine di disinfettare i propri vestiti e gli eventuali attrezzi (si raccomanda anche di lavare il proprio cane).

L’impatto economico

Disciplina dunque, a maggior ragione quando la malattia sarà ancora più vicina al confine. Oltre ad avere un fortissimo impatto sulla popolazione suina, non mancheranno anche altre ripercussioni. «In Ticino i suini domestici sono circa 1.700, l’equivalente di un allevamento medio-piccolo in Lombardia». Un impatto economico per gli allevatori, comunque, si verificherebbe. E attenzione al turismo: «Se una persona, frequentando i nostri boschi, dovesse portare la malattia oltre San Gottardo, i problemi economici, oltre a quelli inerenti agli animali, sarebbero di gran lunga superiori».

Chi dovesse imbattersi in una carcassa di cinghiale deve segnalare il ritrovamento al 117