Credit Suisse-UBS

La piazza finanziaria ticinese assorbirà il contraccolpo?

Non sono ancora chiari i dettagli di come proseguirà il processo di fusione tra le banche: il timore per la perdita di posti di lavoro è alto – Per Franco Citterio (ABT) il settore finanziario anche in Ticino sarebbe in grado di reagire a un calo occupazionale
© KEYSTONE / MICHAEL BUHOLZER
Generoso Chiaradonna
23.03.2023 06:00

Negli ultimi due decenni la piazza finanziaria ticinese ha perduto competenze professionali e ha subito un forte processo di concentrazione di cui la fusione tra UBS e Credit Suisse e soltanto l’ultima, più clamorosa e inattesa spinta. Dal punto di vista occupazionale l’operazione rischia di non essere a somma zero. Per ora non ci sono dei dati certi, ma soltanto delle stime a livello di gruppo internazionale. Il «Financial Times» stima una percentuale monstre di esuberi: il 30% della somma delle due entità che occupano più di 120 mila dipendenti. Ogni mercato è però differente. Se però prendiamo per buona questa stima e la rapportiamo al Ticino dove le due banche occupano in totale circa 1.200 dipendenti, sarebbero a rischio 360 impieghi.

Marcel Rohner, presidente dell’Associazione svizzera dei banchieri, è ottimista e martedì ha affermato che la piazza finanziaria svizzera è in grado di assorbire il contraccolpo occupazionale che deriverà dalla fusione tra UBS e Credit Suisse. Lo stesso settore finanziario lamenta da tempo una carenza di manodopera specializzata che potrebbe essere colmata da chi non troverà collocazione nella futura struttura che nascerà tra UBS e Credit Suisse.

«La piazza è ancora vivace»

E il Ticino? Avrà la stessa capacità del resto della Svizzera di assorbire il contraccolpo occupazionale in arrivo? «Se guardo alla piazza finanziaria nel suo insieme che è composta sì da banche, ma anche da assicurazioni e gestori patrimoniali, noto che ha ancora più di 10.500 occupati», risponde Franco Citterio, direttore dell’Associazione bancaria ticinese. «E questo nonostante l’ecosistema bancario della Svizzera italiana abbia perso alcuni soggetti importanti nel corso degli anni. La piazza finanziaria è ancora vivace. Quindi la mia risposta è sì, saremo in grado come settore allargato di assorbire gran parte di coloro che perderanno il posto di lavoro, visto che si tratta di persone formate e d’esperienza». «Immagino anche che aumenteranno coloro che operano nella gestione patrimonale indipendente», continua Citterio, il quale precisa che ancora non si sa nulla dei prossimi passi che compiranno UBS e Credit Suisse in questo ambito. È possibile anche un potenziamento di alcuni servizi che ora sono svolti in Ticino e potrebbero essere interessanti anche per altre regioni svizzere. «Sono sicuro però che verrà proposto un ottimo piano sociale a coloro che non faranno parte della nascente nuova UBS. Presumo che si userà lo strumento del pre-pensionamento in modo da ridurre il più possibile il ricorso ai licenziamenti», aggiunge Citterio, che ricorda come anche il settore bancario soffra della malattia del resto dell’economia e della società occidentale: ovvero il calo demografico. «In molti istituti si fa fatica oggi a trovare personale più giovane che sostituisca gli uscenti che stanno per andare in pensione. Credo che i giovani avranno più opportunità di lavoro e di entrare in banca», commenta ancora il direttore dell’ABT.

«Operazione non espansiva»

«L’operazione tra le due principali banche svizzere non è per definizione espansiva», nota da parte sua Gabriele Corte, direttore generale della Banca del Ceresio. «Esuberi occupazionali ce ne saranno sfortunatamente anche sulla piazza finanziaria ticinese», afferma Gabriele Corte, il quale precisa che ci sono anche degli aspetti positivi in questa faccenda che derivano paradossalmente dal fatto che il settore è di fatto orientato da anni prevalentemente alla gestione patrimoniale. «I consulenti patrimoniali di UBS e Credit Suisse non avranno sicuramente problemi di riposizionamento a differenza di chi non ha funzioni commerciali dirette. Ciò permetterà di assorbire almeno in parte chi lascerà una delle due banche». In questa fusione non sono solo i dipendenti di Credit Suisse a essere a rischio, ma anche quelli di UBS. «L’impoverimento di competenze in questo caso - per tornare al discorso iniziale - può diventare un vantaggio che libera risorse non necessariamente commerciali», sottolinea il dirigente della Banca del Ceresio.

Per quanto riguarda l’economia reale locale, in particolare per quanto riguarda le piccole e medie imprese, la situazione è più sfocata. «Se guardo in prospettiva, una volta realizzata la fusione verrà a mancare un importante attore del credito commerciale per le imprese del territorio. E questo vale anche a livello nazionale», precisa Corte, che auspicava una soluzione diversa per Credit Suisse. Le PMI ticinesi da questo punto di vista hanno già perso banche d’appoggio importanti come Gottardo e BSI. «Ma non sappiamo ancora cosa succederà di preciso da qui alla fine dell’anno», aggiunge. Un aspetto positivo sarà verosimilmente la spinta all’autoimprenditorialità. «Potranno nascere nuovi soggetti o aziende esistenti potranno far capo a professionalità importanti», precisa ancora Corte, che ricorda come l’istituto che dirige in questi anni è cresciuto regolarmente dal punto di vista dell’occupazione.

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