«La prima ondata ci ha insegnato molto, ora bisogna tornare a fare gli screening mammografici»
Il dottor Francesco Meani, responsabile clinico del Centro di Senologia della Svizzera Italiana, ripercorre con noi i traguardi raggiunti negli ultimi anni nel campo della cura e della prevenzione dei tumori e delle malattie del seno e insiste sull’importanza di tornare ad effettuare i controlli di prevenzione. Questi ultimi avevano infatti subìto una brusca frenata nel corso del 2020 a causa del coronavirus.
Quali sono nel dettaglio discipline che tratta il Centro di senologia della Svizzera Italiana?
«Il Centro di Senologia della Svizzera Italiana (CSSI) può essere considerato l’antesignano dei Centri oncologici specialistici (COS) dell’Ente ospedealiero cantonale (EOC). Istituito nel 2004, basandosi sul principio della multidisciplinarietà, ha sviluppato le migliori cure per la salute e le malattie del seno. Nel 2009 si è affermato quale primo centro svizzero certificato “Breast Unit” dalla Società europea di Senologia (riconoscimento EUSOMA) e nel 2014 ha ottenuto la certificazione “Q-label” per la qualità delle cure attribuito dalla Lega svizzera contro il cancro e dalla Società svizzera di senologia, certificazioni riconfermate nel tempo. Oltre ad ottemperare ai criteri richiesti dalle certificazioni (caratteristiche dei team, numero di casi, eccetera), chiede agli specialisti coinvolti nel Multi-Disciplinary Meeting di aver acquisito un training specifico al lavoro multidisciplinare.
La paziente che si affida al CSSI beneficia di tecniche di diagnosi precoce e, in caso di tumore, di un percorso terapeutico tempestivo (nel giro di pochi giorni), coordinato, personalizzato e mirato al tipo di tumore mammario. Specialisti aggiornati e impegnati anche nella ricerca scientifica - radiologi, anatomopatologi, chirurghi senologici, chirurghi plastici, radioterapisti, oncologi medici - propongono la terapia più efficace (unica, combinata o in sequenza; farmacologica, chirurgica, radioterapica) preoccupandosi nel contempo della qualità di vita della donna, degli aspetti fisici ed estetici, psicologici e sociali della malattia. La paziente è accompagnata da infermiere dedicate con specializzazioni in oncologia e senologia, psico-oncologhe, fisioterapiste e assistenti sociali. Se lo desidera, anche da volontarie.
Si tratta di individuare il trattamento migliore per le caratteristiche specifiche di quel tumore al seno, diagnosticato in quella, e solo quella, paziente e non per un generico tumore della mammella di una qualsiasi paziente. Per questo bisogna essere in tanti, è necessario essere tutti molto preparati nella propria disciplina, ma soprattutto bisogna confrontarsi e capirsi. Per intenderci: si può mettere tutto nelle mani di un singolo specialista, che è lo scenario peggiore; si può gestire in un gruppo multi disciplinare, modalità che rappresenta il modello più avanzato di una gestione moderna della senologia».
Di quali tecnologie si avvale?
«La “tecnologia” più efficace oggi in Oncologia è la fusione fra specializzazione e multidisciplinarità, due concetti solo apparentemente in antitesi. La terapia è multidisciplinare laddove tutti gli specialisti concorrono a raggiungere lo stesso obiettivo. Non è più sufficiente che il singolo specialista sia esperto nel proprio campo, se vuole offrire un livello di assistenza adeguato alla paziente con cancro al seno, deve comprendere anche gli aspetti fondamentali delle altre discipline coinvolte. L’obiettivo è di agire in contesti operativi multidisciplinari dove il valore aggiunto alla propria conoscenza è la “trasversalità” alle differenti materie mediche. In questo modo tutti i componenti del team, possono sedersi allo stesso tavolo, parlando lo stesso linguaggio, discutendo le diverse opzioni e condividendo uno specifico trattamento per un particolare tipo di tumore al seno per ogni singola paziente.
Solo quando c’è questo presupposto, si è in grado di utilizzare al meglio le opportunità offerte dalla tecnologia. Solo in questo contesto, come al CSSI – COS di Senologia dell’Ente Ospedaliero Cantonale, ha senso adottare il meglio che la tecnologia moderna può offrire nei diversi ambiti diagnostici, terapeutici e di supporto.
Il CSSI offre gli strumenti più avanzati nella diagnostica: la tomosintesi, la più moderna forma di mammografia, la RMN, l’esame più sensibile per lo studio dei tessuti della mammella e il mammotome, strumento per le biopsie microinvasive.
Test di diagnostica molecolare e genetica tumorale permettono accurate diagnosi anatomopatologiche, alla base della corretta scelta dei trattamenti locoregionali (chirurgia e radioterapia) e sistemici (farmacologici: ormonoterapie, immunoterapie, chemioterapie).
In ambito radio-oncologico la IORT, radioterapia effettuata durante l’intervento chirurgico è un’opzione terapeutica praticata in Ticino esclusivamente al CSSI. Consiste nell’irradiare la sede del tumore, subito dopo la sua asportazione in sala operatoria, in modo mirato e in un’unica dose, equivalente alla radioterapia post-operatoria somministrata giornalmente per tre o cinque settimane.
In ambito chirurgico, l’approccio oncoplastico (applicazione di tecniche di chirurgia plastica alle resezioni oncologiche) permette di allargare le opzioni di conservazione del seno. L’utilizzo di tecnologie di imaging intraoperatorio (ecografia e radiografia eseguite dal chirurgo in sala operatoria) insieme con tecniche di chirurgia radioguidata, permettono di massimizzare l’individuazione del bersaglio e ridurre al minimo i rischio di re-interventi per margini chirurgici coinvolti da malattia.
Il CSSI è l’unico centro in Ticino che offre tecniche di microchirurgia ricostruttiva, le più complesse ed avanzate, che la scienza medica possa offrire per la ricostruzione autologa (con tessuti propri del paziente, senza il ricorso a corpi estranei/protesi).
Infine, la tecnologia ci regala enormi opportunità assistenziali anche a distanza ed in ogni momento. La APP ideata e sviluppata per le pazienti del COS di Senologia e lo strumento KAIKU Health, per il monitoraggio del benessere delle pazienti e la presa in carico degli effetti collaterali dei trattamenti 24h/24 sono strumenti finanziati dal gruppo di pazienti “Anna dai Capelli Corti”, per le pazienti che si rivolgono al CSSI.
Dunque la tecnologia a supporto degli specialisti, per offrire il meglio alle pazienti».
Come sono progrediti la scienza e il vostro lavoro in questo settore negli ultimi anni e quali sono i traguardi raggiunti?
«L’evoluzione chirurgica nel trattamento del tumore mammario è cominciata negli anni settanta e certamente non è ancora terminata. Tutto è cambiato in seguito alla comprensione che il tumore al seno è una malattia molto complessa, da affrontare con un approccio altrettanto sofisticato, non solo anatomico (locoregionale e sistemico) ma anche biologico. La strada da percorrere per un corretto trattamento appariva dunque quella di una combinazione di una terapia chirurgica di controllo locoregionale insieme con un efficace trattamento sistemico. Quest’ultimo adeguato alle caratteristiche biomolecolari di ogni sottotipo tumorale, che ne definiscono la diversa farmaco-sensibilità e, ancor più dell’estensione anatomica, la prognosi.
Il cambio di paradigma consisteva dunque di tre principi fondamentali:
1. La ricerca del minimo trattamento efficace
2. La consapevolezza della diversità biologica dei tumori
3. La necessità di affrontare questa complessa malattica con un approccio specialistico e multidisciplinare.
Questi nuovi principi stanno alla base del significativo miglioramento della prognosi globale e della qualità di vita delle pazienti affette e trattate per tumore mammario, che ha caratterizzato la storia clinica di questa malattia negli ultimi 50 anni.
1. Dal “massimo trattamento tollerabile” al minimo trattamento efficace. Dalla medicina “one size fits all” alla “medicina di precisione”. Questa nuova visione ha interessato tutte le discipline oncologiche moderne. Nella cura del tumore al seno la chirurgia conservativa ha rapidamente rimpiazzato una grande quota di interventi inutilmente demolitivi, le dosi di radioterapia e farmacoterapia sono state adeguate al nuovo concetto. Tutti conosciamo i progressi compiuti nella conservazione del seno e nella somministrazione di terapie mirate, capaci di ridurre gli effetti collaterali massimizzando l’efficacia dei trattamenti sistemici.
2. Parliamo sempre, genericamente di “tumore del seno” ma in realtà, esistono decine e decine di varianti biologiche, che stanno alla base del diverso comportamento e della diversa aggressività, ma anche della diversa sensibilità ai farmaci. Ecco perché sconsiglio sempre alle nostre pazienti di non cadere nella trappola nel confrontare la propria realtà con la storia dell’amica o della compagna di camera.
3. I progressi delle terapie sono stati notevolissimi, negli ultimi trent’anni, sia per quanto riguarda la chirurgia, che per gli altri tipi di cura e una “spinta” molto forte verso il miglioramento delle cure è arrivata anche dalla consapevolezza che il carcinoma della mammella non va affrontato da un singolo medico, come accadeva in passato, ma da un’équipe di specialisti, ben coordinati fra loro.
Nessun medico oggi può gestire questa complessità da solo.
I centri integrati di senologia oncologica, come il CSSI, quello che gli americani chiamano “comprehensive cancer center” sono il volto moderno dell’Oncologia: centri completi, cioè, dove sono presenti radiologi specializzati e strumentazioni all’avanguardia per la diagnosi precoce, trattamenti moderni la chirurgia, naturalmente (terapia fondamentale nella cura del cancro), ma anche l’oncologia medica (dunque i farmaci: chemioterapici, ormonoterapici e altri), le migliori attrezzature radioterapiche, in grado di risparmiare il più possibile i tessuti sani, la medicina nucleare, i laboratori di biologia molecolare (per “tipizzare”, come si dice, le cellule), uno staff di anatomopatologi specializzati per leggere questi risultati, genetisti, psicologi, e infermieri specializzati, abituati a trattare le pazienti con un carcinoma mammario.
Uno famoso studio pubblicato dal British Medical Journal dimostra che la sopravvivenza a cinque anni delle donne operate nei centri “completi” e coordinati è superiore fino al 18%, rispetto a quella delle altre pazienti». Per non parlare del grado di soddisfazione dei pazienti, derivante da una presa in carico globale che si occupa della persona, non solo della malattia».
È vero che, a causa della pandemia, molte donne rinunciano a sottoporsi allo screening mammografico e perché? Perché è importante non rinunciarvi?
«Un quarto principio fondamentale nella lotta al tumore al seno e che contribuisce grandemente ai successi terapeutici è quello della diagnosi precoce, che permette di raggiungere la guarigione in piu’dell’85% dei casi, se diagnosticati per tempo.
Prima dell’introduzione degli “screening” mammografici per la diagnosi precoce del tumore al seno, le donne non avevano nessun interesse ad andare presto dal medico quando si sentivano un nodulo duro nel seno, perché sapevano bene che la cura era sempre la mastectomia, cioè l’asportazione totale della mammella, con la conseguente perdita drammatica della simmetria corporea e della femminilità.
Quando si cominciò a capire che, se il tumore viene trovato in fase precoce, non occorre più fare la mastectomia, le donne si affidarono sempre più frequentemente alla mammografia, per controllare il proprio seno, anche senza aspettare di sentire un nodulo duro che cresce al suo interno. Fu allora che il radiologo svedese, di origine ungherese, Lazlo Tabar Svedese ebbe l’idea di estendere il controllo a tutte le donne, invitandole a fare la loro prima mammografia al compimento del cinquantesimo anno di età. Nel giro di pochi anni si vide una diminuzione della mortalità vicina al 30 per cento! Oggi questa procedura si chiama “screening mammografico”. L’identificazione precoce delle lesioni mammarie con lo screening mammografico è una delle armi più potenti che abbiamo per ridurre la mortalità dei tumori al seno.
Sebbene gli approfondimenti, cioè le indagini diagnostiche a fronte di un sospetto clinico, non si siano ovviamente mai fermate, quest’anno le attività di prevenzione secondaria (diagnosi precoce in persone asintomatiche) sono state rallentate e ostacolate dalla pandemia del COVID: durante la prima ondata, per ridurre i rischi di contagio, gli screening hanno subito un ritardo sulle chiamate e quindi sulle diagnosi. La lezione che abbiamo imparato è semplice e chiara: non possiamo permettere che il COVID interrompa i programmi di prevenzione e comunque non possiamo dimenticarci che la diagnosi precoce salva la vita (e quasi sempre anche il seno).
L’esperienza della prima ondata ci ha fatto capire che lo screening mammografico può essere organizzato adeguatamente e proseguito senza rischi, anche durante l’emergenza COVID. È stata questa la sfida della seconda ondata, alla quale ci siamo fatti trovare preparati e per la quale anche chi lavora nello screening oncologico si è impegnato al massimo, organizzando percorsi sicuri, “covid free”, e visite di controllo in tutta sicurezza.
Ora si tratta di convincere le donne. Se per un ingiustificato timore del COVID le persone non rispondono agli inviti alle visite di controllo, perderemo la possibilità di intercettare per tempo queste malattie, che certamente, purtroppo, non si fermano di fronte alla pandemia».