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La proroga sul telelavoro dei frontalieri? «Al momento sono solo parole»

Le dichiarazioni del ministro italiano dell’Economia Giorgetti hanno creato scompiglio tra aziende e lavoratori – Camera di commercio e AITI hanno scritto agli associati: «Ad oggi non vi è alcun accordo in vigore, quindi fate attenzione»
©Gabriele Putzu
Martina Salvini
30.06.2023 16:30

Ha creato non poco scompiglio l’annuncio del deputato della Lega Stefano Candiani sulla proroga della norma sul telelavoro per i frontalieri. Una notizia, ha spiegato il politico varesino alla «Provincia di Como», che gli è stata confermata direttamente dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e che è arrivata proprio nell’ultimo giorno utile, il 30 giugno. Proprio oggi, infatti, scadeva il termine fissato dall’intesa transitoria tra Italia e Svizzera. Un accordo amichevole il cui contenuto, lo ricordiamo, prevedeva la possibilità di lavorare da casa per due giorni alla settimana per il periodo dal 1. febbraio alla fine di giugno. In altre parole, si trattava di un’intesa retroattiva per sanare eventuali situazioni passate. Una volta scaduto questo periodo, i due Governi avrebbero dovuto trovare un’intesa definitiva. Peccato che, come era emerso nelle scorse settimane, il Governo italiano aveva preso tempo e nessuna nuova intesa era stata sottoscritta.

Meglio chiarire

Questo, almeno, fino a questa mattina, quando appunto è stato annunciato da parte italiana il rinnovo dell’intesa fino alla fine dell’anno. Una notizia, neanche a dirlo, accolta con soddisfazione, ma che necessita di essere meglio chiarita. «La norma del 40% era stata inserita in un apposito articolo del Disegno di legge (DDL) relativo al nuovo accordo sulla tassazione dei frontalieri», ricorda il sindacalista dell’OCST Andrea Puglia. Il DDL è stato approvato a fine maggio, ma non è ancora stato pubblicato in Gazzetta ufficiale e, inoltre, riporta esplicitamente il termine del 30 giugno. «Da un profilo legale, quindi, per poter rendere effettiva la proroga fino a fine anno, occorrerebbe che tale articolo venisse emendato. Qualcosa di impensabile, in quanto significherebbe riaprire l’iter di ratifica dell’intero DDL». E allora? Un’altra strada ci sarebbe: «Il Governo italiano dovrebbe sottoscrivere con la Svizzera un apposito accordo amichevole nel quale venga concordato in via bilaterale il 40%». Dopo le dichiarazioni di Giorgetti, sembra evidente che la direzione possa essere questa. «Tuttavia, fino a quando questo non accadrà, da un profilo strettamente formale non vi sarà nessun atto giuridico che potrà rendere effettiva la proroga al 31 dicembre», chiarisce Puglia. Ciò significa che, sostanzialmente, per le aziende e per i lavoratori interessati (si stima possano essere 20-25 mila) da lunedì cambierà poco o nulla. «Le singole aziende dovranno scegliere se dare credito alle dichiarazioni del Governo italiano ed “investire” dunque sulla retroattività del futuro accordo amichevole o se attendere l’ufficialità dell’accordo stesso», evidenzia Puglia, che aggiunge: «Affinché lavoratori e aziende possano essere tranquilli nell’applicare la norma, occorrerà mettere tutto nero su bianco in un accordo amichevole con la Svizzera che dovrà essere retroattivo al 1. luglio. Speriamo che i negoziati possano procedere in modo rapido» .

«Meglio rinunciare»

Vista la confusione, anche la Camera di Commercio ticinese (Cc-Ti) e l’Associazione industrie ticinesi (AITI) hanno tenuto a informare prontamente le aziende, chiarendo alcuni punti. Sebbene infatti «è verosimile che nei prossimi giorni Italia e Svizzera firmino un nuovo accordo amichevole, ad oggi non vi è alcun accordo in vigore da prorogare», viene evidenziato in una comunicazione inoltrata agli associati. E questo perché, ricorda Michele Rossi, delegato per le relazioni esterne della Cc-Ti, «dal 1. febbraio è scaduto l’accordo amichevole tra Svizzera ed Italia firmato nel 2020 sull’imposizione fiscale del telelavoro dei frontalieri, e a partire da tale data si è quindi tornati al regime di imposizione usuale e in caso di telelavoro il frontaliere è soggetto fiscale italiano, anche per un solo giorno di attività in Italia». Di conseguenza, malgrado le dichiarazioni italiane, al momento non vi è nulla di concreto. E le dichiarazioni arrivate dall’Italia andranno formalizzate a livello istituzionale. Insomma, ribadisce Rossi: «Al momento non vi è alcun accordo in vigore tra Svizzera e Italia sulla fiscalità del telelavoro dei frontalieri e il consiglio agli associati è dunque di rinunciare a tale strumento e di attendere un’eventuale base legale futura che lo permetta senza spiacevoli conseguenze fiscali per i dipendenti e, a determinate condizioni, anche per le aziende. Sarà nostra premura informare gli associati dei futuri sviluppi in questa complicata vicenda».