Locarno

La Santa Chiara è della Moncucco

I medici dell’istituto di cura hanno ceduto oltre il 64% delle loro azioni alla clinica luganese – Scelto «un progetto di rilancio serio sul piano sanitario, che tenesse conto delle peculiarità del Locarnese e della necessità di continuare a promuovere una buona medicina di prossimità»
La clinica Santa Chiara di Locarno. © CdT/Archivio
Luca Pelloni
06.06.2021 14:21

Sembra aver superato il punto di non ritorno – che nel concreto appare come il deciso passo verso la rinascita – la complicata vicenda della vendita della Clinica Santa Chiara di Locarno. E, come anticipato dal Caffè, a spuntarla è stata la Clinica luganese Moncucco.
Durante l’assemblea dello scorso mese, ricordiamo, gli azionisti della FOPE, ovvero della Holding che gestisce la clinica locarnese, hanno deciso a maggioranza di vendere, a seguito delle note difficoltà economiche in cui versa l’istituto di cura. A chi? Appunto alla Moncucco, sebbene l’offerta finanziaria della clinica luganese non fosse la più alta. Quattro milioni di franchi contro, ad esempio, i 10 offerti da Swiss Medical Network o gli 8 messi sul piatto dall’Ente ospedaliero cantonale. Un scelta, dunque, presa dagli azionisti, ritenendo in assoluto migliore il progetto sanitario della Moncucco.

Ma la scelta non è piaciuta a tutti. Il presidente della Santa Chiara, Philippe Meyer, e la direttrice sanitaria, Daniela Soldati, che nel frattempo hanno rassegnato le dimissioni, si sono infatti rivolti al pretore, che ha deciso di congelare l’iscrizione nel registro di commercio del neo presidente Mauro Dell’Ambrogio, già alla testa della Moncucco. E questo nell’attesa di comprendere se possa effettivamente sussistere un conflitto per il diretto interessato, il quale ricoprirebbe due funzioni chiave nella transazione.

Mentre la procedura farà il suo corso, convinti della bontà della decisione presa a maggioranza i medici hanno però scelto di tagliare la testa al toro. Così hanno venduto le proprie azioni alla Clinica Moncucco, che ora ne detiene più del 64%. Non è stata superata la soglia del 66%, che in gergo equivale alla maggioranza qualificata e che secondo alcuni servirebbe per la modifica degli statuti necessaria alfine di vendere l’istituto di cura. Ma per altri, invece, in questo caso sarebbe sufficiente la maggioranza semplice, ovvero il 50% più uno dei voti.

Una scelta che guarda lontano
«La difficile situazione finanziaria in cui è venuta a trovarsi la clinica per tutta una serie di ragioni, non da ultimo per il progressivo isolamento in cui la vecchia direzione l’ha condotta, richiedeva un progetto di rilancio serio sul piano sanitario, che tenesse conto delle peculiarità del Locarnese e della necessità di continuare a promuovere una buona medicina di prossimità, prima ancora di una medicina altamente specializzata; è stato proprio questo il terreno fertile di intesa su cui si sono sviluppati ad inizio anno i primi contatti tra il nostro gruppo e la Clinica Moncucco, struttura affine alla Santa Chiara per storia, vocazione e orientamento sanitario», si spiega dunque in una nota firmata dai medici Stefano Balestra, Alberto Gianoni, Augusto Pedrazzini e Filippo Simona. «Il progetto su cui si è lavorato si è poi tradotto in un’offerta d’acquisto agli azionisti, un gruppo di medici eterogeneo che anni fa aveva rilevato la clinica dal precedente proprietario, e in un concreto progetto di rilancio». Si è preferito, in altre parole, investire in un progetto con buone potenzialità di sviluppo e destinato a durare nel tempo, piuttosto che riempire le tasche degli azionisti.

I valori prima del denaro
«E qui sta apparentemente per molti il nodo della questione di queste settimane», aggiungono ancora i medici. «Da più parti ci si è posto l’interrogativo a sapere come fosse possibile che oltre i tre quarti degli azionisti avessero potuto rinunciare ad offerte maggiori, avanzate sia dal pubblico, che dal privato; interrogativi che hanno spinto alcuni concorrenti e non solo loro a malignamente insinuare che, proprio in virtù dell’offerta finanziaria più bassa, potessero essere stati stipulati accordi sottobanco o che sarebbero state fatte promesse di onorari maggiorati ai medici per le loro prestazioni». Ma i quattro medici rimarcano con forza che nulla di tutto questo è avvenuto. «Queste domande nascono da una implicita ammissione, detto per inciso, anche da parte di chi per posizioni ideologiche potrebbe porsi su un altro piano e cioè che ‘il dio denaro’ tutto può o addirittura tutto deve ottenere, in barba a qualsiasi altra considerazione o scala di valori. Ciò risultava ancor più incomprensibile sulla base dell’equazione pregiudiziale che ‘privato’ fa sempre e solo rima con ‘profitto’. Ricordiamo a questo proposito che per statuti la Clinica Moncucco è un’associazione non profit». La nota aggiunge inoltre che tra i sostenitori di questo progetto non vi erano solo medici attivi in clinica, ma anche medici ora in pensione ed eredi di medici che vi hanno lavorato. «Ed è proprio da loro che ci è giunta la lezione più preziosa, loro che avrebbero legittimamente potuto optare per soluzioni più lucrative e che invece ci hanno spronati a perseverare nella direzione intrapresa».

Ora solo materia per avvocati
Infine, va comunque rilevato che il pretore, come anticipato dal CdT sabato 29 maggio, ha nominato un commissario (Antonio Ventura della fiduciaria luganese Antonini), chiamato ad allestire un rapporto sul corretto svolgimento dell’assemblea del 14 maggio. Ma ora, anche se si dovesse decidere di far ripetere l’assemblea, la Clinica Moncucco si presenterebbe già come azionista di maggioranza. Insomma, la vendita della Santa Chiara è ormai decisa. E il resto, come conclude la nota, sarà solo «materia per avvocati».