Confine

La scorta armata e il boss turco sparito in Svizzera

La polizia ha fermato tre uomini a Como: erano a bordo di un'auto con targa svizzera, in possesso di pistole, munizioni e giubbotti antiproiettile - Ma c’era un’altra auto alla dogana di Chiasso
©Chiara Zocchetti
Paolo Moretti
29.10.2023 09:19

Mentre la polizia italiana, la notte tra il 5 e il 6 ottobre scorsi, fermava e arrestava tre cittadini turchi che giravano in auto armati, Baris Boyoun, accusato di essere un boss della mafia turca, attraversava il confine di Chiasso ed entrava in Svizzera. E qui si troverebbe da quel giorno. Dove? Non si sa. È sparito, almeno per ora.

Torna a far parlare di sé l’uomo accusato di una lunga serie di omicidi - e non soltanto - e inseguito da un ordine di cattura internazionale emesso dalla magistratura turca. Boyoun, negli scorsi anni ha trovato ospitalità in Svizzera. Almeno fino a quando, nell’agosto dello scorso anno, aveva raggiunto Rimini con altre tre persone, tra le quali un cittadino elvetico. A Rimini venne arrestato in forza del mandato di cattura internazionale delle autorità turche, ma i giudici della Corte d’Appello di Bologna non avevano concesso l’estradizione e, anzi, avevano rimesso in libertà il presunto boss. Del suo probabile ritorno in Svizzera, si torna a parlare dopo l’arresto messo a segno dalla polizia di Como a inizio mese.

Tre uomini armati nella notte

Tre uomini, tutti di nazionalità turca (Gultepe Tolga, Cancin Fikri, e Akarsu Kerem i loro nomi), sono stati fermati vicino al centro città a bordo di una Honda Cr-V con targa svizzera, che percorreva nel cuore della notte le strade di Como. I tre erano tutti in possesso di pistola, con il colpo in canna, munizioni e giubbotti antiproiettile. È emerso nelle giornate successive che, di fatto, il terzetto stava scortando verso la Svizzera proprio lui: Baris Boyoun.

Un campanello d’allarme

Almeno uno degli arrestati, Gultepa Tolga, 30 anni, è già stato accomunato dalla stampa internazionale al presunto boss della mafia turca, al punto di considerarlo come uno dei suoi uomini più fidati. La sua presenza, il fatto che fosse armato, su quell’auto ha dunque inevitabilmente fatto suonare più di un capannello d’allarme. A dare forza al sospetto che quella Honda Cr-V fosse di fatto una scorta armata a qualcun altro, ci sono le telecamere di sicurezza del Comune di Como che, effettivamente, hanno ripreso una seconda vettura con targa svizzera che, nel cuore della notte, ha attraversato il confine entrando a Chiasso.

Le ultime tracce

Le ultime notizie di stampa su Baris Boyoun risalgono allo scorso settembre, e arrivano dalla Grecia. Dove, in una cittadina a una trentina di chilometri da Atene, sei persone, tutte di nazionalità turca, sono state uccise in un agguato. Le sei vittime sarebbero tutte legate alla cosiddetta gang dei Daltons, il cui boss sarebbe proprio Boyoun, e - sempre secondo la stampa greca - sarebbero stati colpiti da una banda rivale. Una delle ipotesi emerse durante le prime battute delle indagini porta sino alla Francia, dove tempo prima erano stati uccise due persone sempre turche. Potrebbe trattarsi, quindi, di un regolamento di conti. Ma probabilmente è ancora presto per tirare qualsiasi conclusione.

Baris Boyoun nell’agosto dello scorso anno, proveniente dalla Svizzera, come detto, venne arrestato a Rimini dalla polizia su mandato di cattura internazionale. Le autorità turche lo accusano di essere l’autore e il mandante di una lunga serie di omicidi. Lo scorso mese di marzo, però, la corte d’Appello di Bologna ha respinto la richiesta di estradizione.

Per la difesa è un perseguitato

La difesa del presunto boss, che aveva dichiarato di essere curdo e in quanto tale perseguitato politicamente, aveva depositato documentazione di Amnesty International e Human Right Watch sul trattamento riservato in Turchia ai detenuti politici, oltre a diversi dettagli sulle aggressioni che il presunto boss e la sua famiglia avrebbero subito in patria. Secondo i giudici non ci sarebbero stati gli estremi per concedere l’estradizione, anche perché le rassicurazioni fornite dalla Turchia non sono state ritenute valide a superare i seri rilievi formulati dalle organizzazioni umanitarie.

Dai tre della «scorta» una richiesta d’asilo

Anche i tre cittadini turchi in carcere a Como avevano già lamentato di essere perseguitati politici, in quanto curdi, tanto da aver presentato richiesta di asilo quando si trovavano a Crotone. Stessa identica richiesta fatta dal presunto boss che, proprio a Crotone, è stato a lungo ospite di un amico.