Sentenza

La spuntano le raffinerie: la via dell’oro resta segreta

I dati sull’importazione del metallo giallo in Svizzera non sono divulgabili – Lo ha stabilito il Tribunale federale deliberando su una controversia tra quattro grandi aziende (di cui tre con sedi nel Mendrisiotto) e la Società per i popoli minacciati, che si batte per la trasparenza del commercio aurifero
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Lidia Travaini
16.11.2023 06:00

I dati sulle importazioni dell’oro in Svizzera restano segreti. Così ha sentenziato il Tribunale federale (TF). Questo duello (giudiziario) nell’ambito di una battaglia (più vasta) in corso da anni va dunque alle raffinerie. E tre delle quattro che avevano rivendicato la segretezza di queste informazioni si trovano nel Mendrisiotto (o anche nel Distretto): Argor-Heraeus (a Mendrisio), MKS Pamp (a Ginevra, con un’importante succursale a Castel San Pietro) e Valcambi (a Balerna).

Il ricorso respinto ieri dal Tribunale losannese era stato presentato dalla Società per i popoli minacciati (SPM), la quale domandava sostanzialmente maggiore trasparenza sul commercio dell’oro, in cui la Svizzera gioca un ruolo fondamentale. Nel dettaglio, la SPM aveva chiesto all’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) i dati relativi alle importazioni d’oro in Svizzera per gli anni dal 2014 al 2017 (la richiesta riguardava i dati di sette società, tra cui due banche). Il nostro Paese importa ogni anno circa il 70% dell’oro commerciato nel mondo, e buona parte di questo oro giunge nel Mendrisiotto per essere raffinato. Ciò che stabilisce la sentenza è che le cifre riguardanti queste quattro grandi raffinerie restano coperte da segreto fiscale. La decisione della prima Corte di diritto pubblico del TF si allinea a quella presa nel 2022 dal Tribunale amministrativo federale (TAF). Entrando nel dettaglio, i dati rivendicati dalla SPM (vale a dire le statistiche relative all’oro importato) sono coperti da segreto fiscale ai sensi della Legge sull’IVA (LIVA) e sono pertanto esclusi dal diritto di ottenere informazioni previsto dalla Legge sulla trasparenza (LTras).

In un primo momento l’UDSC si era detto disposto ad accordare alla SPM l’accesso alle statistiche, sebbene con alcune restrizioni. Contro tale decisione le quattro raffinerie avevano però inoltrato ricorso al TAF, che aveva accolto il loro reclamo. Sentenza contro cui la SPM aveva poi inoltrato ricorso al TF. Motivando il rigetto del ricorso, ieri il TF ha spiegato che «conformemente alla LTras, ogni persona ha il diritto di consultare documenti ufficiali e di ottenere informazioni sul loro contenuto da parte delle autorità federali. Restano tuttavia riservate le disposizioni speciali previste in altre leggi federali che dichiarano segrete determinate informazioni». E la Legge sull’IVA contiene disposizioni in questo senso: «Le autorità incaricate dell’esecuzione della LIVA sono tenute a mantenere il segreto e a negare la consultazione di atti ufficiali. Il segreto fiscale riguarda tutti i dati che le autorità fiscali ricevono dai contribuenti nell’esercizio delle loro funzioni. Secondo la LIVA, l’UDSC è l’autorità competente per la riscossione dell’imposta sull’importazione. Nel rispetto dell’obbligo di dichiarazione cui sono subordinati, gli importatori in questione hanno fornito all’UDSC le informazioni richieste, in particolare affinché l’Ufficio potesse verificare se sui beni importati andavano riscosse tasse o se sussistevano le condizioni per un’esenzione fiscale. Essendo giunte all’UDSC nell’esercizio delle sue funzioni di autorità fiscale, tali informazioni sono quindi coperte dal segreto fiscale. Considerato che la cerchia degli interessati è molto ristretta e la loro identità è peraltro nota, annerire i nomi non basterebbe a mantenerne il necessario anonimato».

Sotto i riflettori

Non è per nulla detto che la decisione del TF rappresenti il punto finale di questa vicenda. Il settore dell’importazione dell’oro è infatti spesso sotto i riflettori per quanto concerne in particolare la tracciabilità del metallo giallo. Il timore (che in passato si è già rivelato fondato) è che alcune raffinerie possano fare affari con Paesi che non rispettano i diritti umani, ambientali o sindacali, o che utilizzino i proventi di questo commercio per attività illecite. Alle nostre latitudini non manca quindi chi chiede per il settore maggiore trasparenza e regole più severe (un inasprimento della Legge sul controllo dei metalli preziosi sembra all’orizzonte, ndr). Un settore che in Svizzera è sottoposto ad «autoregolazioni»: sono le raffinerie a garantire la provenienza etica dell’oro.

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