L’addio a «un uomo buono», tra politica ed emozione

Sono passati esattamente sette giorni dall’arresto cardiaco di Marco Borradori, sei dalla sua morte. Una settimana dopo i suoi cittadini si sono riuniti allo stadio per dare un ultimo saluto al sindaco. All’esterno ci si salutava, si scambiavano sorrisi. Ma all’interno l’atmosfera, dopo le 9, era ovattata. Si sentiva un chiacchiericcio leggero, ma rispettoso. Su uno schermo la foto del sindaco di Lugano si alternava ai tantissimi messaggi che la gente ha lasciato sul sito della Città, in ricordo di una persona amata. Moltissime le personalità politiche presenti. Ognuna con il suo omaggio. Loro hanno preso posto sulle sedie posizionate sotto ai due gazebo posti all’entrata sul lato di via Sonvico. I «cittadini comuni» che hanno voluto prendere parte al funerale si sono invece seduti sulle tribune. Molti indossavano gli occhiali da sole. Anche per nascondere l’emozione. Qualcuno aveva tra le mani un girasole, simbolo della solarità del sindaco.
Un surreale silenzio è calato sugli spalti quando hanno iniziato a sentirsi i tamburi che precedevano l’auto con all’interno il feretro di Borradori, in arrivo dal cimitero. I vessilli ufficiali si sono allineati. Le persone si sono alzate. Poi anche i tamburi si sono fermati. E Lugano si è spenta per alcuni minuti. Anche il traffico all’esterno di Cornaredo sembrava essersi azzerato. In attesa di un momento solenne. Infine, il suono dei tamburi è ripreso, rimbombando in tutto lo stadio. E il corteo funebre ha iniziato il suo giro, sotto gli occhi commossi di un’intera popolazione. Marco Borradori ha compiuto il suo giro della pista. Ma questa volta senza poter regalare sorrisi alla gente. I colpi sui tamburi, tra un intervento musicale e l’atro, hanno sancito la solennità del momento. Poi la bara è stata portata ai bordi del prato. Sopra, le rose bianche della figlia Carlotta.
«Uno strappo scritto nel destino»
«Non ce lo saremmo mai voluti immaginare quando frequentavamo il liceo. La vita era tutta davanti, tutta da vivere. Sprizzavamo entusiasmo da tutti i pori. Eravamo lanciati in un’avventura che sarebbe stata infinita. Perché quando la fine è tanto lontana, è come se non ci fosse». È stato Ignazio Cassis il primo a prendere la parola, nel momento del commiato. Un discorso intimo, di un amico. Che ha ripercorso la vita, anche e soprattutto politica, condivisa. «Ti ho chiesto consigli e tu ci sei stato. C’eri sempre, per chiunque, con cortesia e disponibilità. Un giorno mi dicesti che mai saresti tornato a Berna, che il tuo posto era qui, a Lugano». Il consigliere federale ha parlato di «uno strappo scritto nel destino» di Borradori. «La bellezza della tua persona aveva ben nascosto la fragilità del vivere». «Caro Marco, ci mancherai», ha concluso. Dallo stadio si è quindi alzato il primo applauso, sullo sfondo la foto del sindaco sorridente. E, sotto agli occhiali, qualcuno ha asciugato le prime lacrime.
Il periodo in Governo
A nome del Consiglio di Stato del Canton Ticino ha poi preso la parola Norman Gobbi. Il suo è iniziato come un ricordo amichevole, ma non separato dalla politica. «Eravamo amici, eravamo colleghi, anche se diversi. Era un uomo pubblico al 100%, ma capace di preservare la sfera privata. Lui faceva il poliziotto buono, io quello cattivo. Ma si lavorava bene. Marco era una persona buona. Voleva fare, incontrare, conoscere e partecipare alla costruzione del bene comune». Il direttore del DI ha poi ripercorso le «conquiste» di Borradori a capo del Dipartimento del territorio. Un discorso sicuramente meno emozionante e più istituzionale. Forse dovuto. «Marco ha voluto bene al Ticino, il Ticino ha voluto bene a Marco. E deve essere d’esempio per costruire un cantone e una città migliori per tutti», ha infine detto. E ha concluso prendendo in prestito le parole di Ricky Nelson: «Pensando al tuo modo di vedere il mondo in maniera romantica e anche un po’ fanciullesca, in questo momento ci avresti sicuramente detto ‘‘le lacrime di oggi sono gli arcobaleni di domani’’».
«La mia avventura continua senza di lui»
Visivamente più emozionato si è mostrato Michele Foletti. «Vorrei che fosse un martedì normale. Poter tornare indietro. Ma nemmeno vendendo l’anima al diavolo ci riuscirei. Una cosa mi consola: che avete tutti dimostrato il vostro affetto a Marco». In questi giorni Palazzo Civico non è stato lo stesso ed è diventato la casa di tutti i cittadini, come voleva Borradori. «Per Marco era una componente viva della città. Sul cancello che nelle settimane scorse veniva scosso brutalmente (durante le proteste dei molinari, ndr.), sono comparsi fiori e messaggi – ha aggiunto il vicesindaco -. Il nostro sindaco era una persona che aveva dei sogni. E tutti insieme ci impegneremo a realizzarli». Foletti è poi passato a una considerazione ancora più personale, con la voce strozzata dall’emozione: «Marco è stato per me il compagno di un’avventura iniziata insieme trent’anni fa con tanta incoscienza e tanto entusiasmo. Ora la mia avventura continua senza di lui. Ma sono sicuro che Lugano avrà un futuro radioso, perché la forza sono i suoi cittadini. Dobbiamo superare questa tragedia. Vi chiedo quindi, quando l’emozione si sarà stemperata, di starci vicini. Solo così potremo portare avanti l’eredità che ci ha lasciato Marco Borradori». Un pensiero condiviso da tutto lo stadio, che vi si è unito con un lungo applauso.
Gli ultimi avvenimenti a Lugano lo avevano ferito
«Quando ho saputo che non c’era più niente da fare, ho cominciato a girovagare per la città». Così ha esordito, davanti alla bara di Borradori, l’amico Andrea Leoni. «Mi sembrava impossibile che ci fosse Lugano e non ci fosse più Marco Borradori». Direttamente al sindaco ha rivolto le sue parole. «Sei stato un dono. La gentilezza era il tuo profumo. La generosità era la tua virtù principale. E poi quel sorriso». Leoni si è poi concentrato su «qualche confidenza» ricevuta dal sindaco: «Non ho mai conosciuto un politico che chiedesse consiglio come lui, che ammettesse gli errori come lui e chiedesse scusa. Era determinato. Curioso e affamato di vita». Poi è entrato nello specifico degli avvenimenti luganesi dell’ultimo periodo: «Gli ultimi mesi di Borradori sono stati quelli di un uomo ferito. Questa storia (la demolizione dell’ex Macello, ndr.) non è stata una delle solite battaglie politiche, tutti sono andati oltre. Marco avvertiva come una profonda ingiustizia il fatto che qualcuno gli negasse la buona fede». Leoni ha parlato di «una goccia di veleno quotidiano» che «non credevi di meritare, me lo hai ripetuto tutta l’estate». E lo stadio ha risposto con un applauso, in solidarietà al sindaco.
Il saluto della famiglia
Luca Borradori, cugino del sindaco, si è offerto di parlare a nome dei famigliari del sindaco. «Caro Marco, la tua scomparsa improvvisa ci ha lasciati increduli e disorientati». Per ricordarlo, ha voluto prendere spunto dal suo profilo Instagram, «un diario personale, una specie di testamento spirituale». Lì Borradori ha sempre trasmesso messaggi di speranza, fiducia ed entusiasmo. «Marco non temeva tante sfide della vita. Altre le temeva. Ma ci ricordava come la vita è effimera, il tempo fugge, e ci invitava a cogliere l’attimo». Il cugino ha infine ricordato i nonni comuni, che hanno insegnato loro i giusti valori e l’onestà. «Sapevamo che era importante difendere i diritti del prossimo. E trattare la gente con rispetto e dignità. Combattevi per valori universali, non quelli di un solo partito. Caro Marco, spero che questa tua volontà di trasmettere fiducia e speranza, trovare soluzioni costruttive senza compromessi, possa servire da ispirazione ai tuoi colleghi e avversari politici. Per poter realizzare quei sogni a cui tu hai creduto». Il 31 dicembre Borradori su Instagram scriveva «questa è l’ultima alba del 2020. Quella di domani sarà più luminosa». «E luminosa – ha concluso il cugino - è stata la vita di Marco. Oggi mancherai tantissimo».
Infine, è stato il vescovo Lazzeri a concludere il commiato con la cerimonia funebre religiosa. «La memoria del sindaco Marco sia un esempio per tutti». La cerimonia si è conclusa poco prima delle 11.30 con un «che la terra le sia lieve, signor sindaco». L’omaggio musicale è stato «scortato» dal lungo applauso dei presenti, in piedi per un ultimo, sincero, omaggio.
Durante il commiato su Lugano si è alzato il vento. Che muoveva le foglie degli alberi e i vessilli ufficiali. Gli spalti dello stadio non si sono riempiti completamente, come aveva previsto la Città. Ma probabilmente tutti hanno dedicato un pensiero al sindaco scomparso, anche dal proprio posto di lavoro. L’ultimo atto di una settimana colma di emozione, non solo a Lugano ma in tutto il Ticino. Che ha infine salutato per l’ultima volta una persona ben voluta, che se n’è andata improvvisamente in un mercoledì d’estate. Lasciandosi alle spalle, tra le altre cose, saluti e sorrisi.