Le antenne 5G non fanno l’unanimità
BELLINZONA - Per alcuni potrebbe essere un’opportunità, per altri un rischio da non sottovalutare. La posa delle antenne 5G, annunciata dagli operatori di telefonia anche in Ticino, divide l’opinione pubblica. Opportunità irrinunciabile o rischio eccessivo? Da un lato, sul piatto della bilancia ci sono i vantaggi che scaturirebbero da una maggior velocità di accesso a internet. Dall’altro, i pericoli per la salute non possono essere esclusi. Sulla questione si interroga anche la politica e negli scorsi giorni il vertice del PPD si è mobilitato, lanciando una moratoria sulla scia di quanto fatto nei cantoni Vaud e Ginevra. Ma a non rimanere impassibili sono anche i Verdi e il Comune di Lumino, che ha presentato una petizione contraria alla tecnologia. Insomma, il dibattito intorno alla rete 5G è vivace. Abbiamo chiesto a due esperti cosa ne pensano.
«Potrebbe aprire una finestra su un mondo di opportunità»
L’intervista a Antonio Carzaniga, decano della facoltà di Scienze informatiche dell’Università della Svizzera italiana
La nuova tecnologia relativa alle antenne 5G ha il carattere di una rivoluzione?
«Le potenzialità per una rivoluzione ci sono, perché si potrebbero aprire strade di sviluppo per applicazioni non pensate prima, come lo era stato per internet all’inizio. Ma come tutte le tecnologie è difficile prevedere un’evoluzione in questo senso, non solo per il carattere di novità che chiaramente porta con sé, ma specialmente perché le rivoluzioni – per definizione – sono una combinazione di tanti fattori. Per esempio, in termini di connessioni incrociate con altri prodotti. Ma non solo, anche certe necessità possono contribuire. Pensiamo all’idea di voler vivere in un ambiente più sano o di voler risparmiare energia».
Concretamente, quali potrebbero essere i vantaggi e i disagi legati alla rete 5G?
«Sarebbe possibile vedere film ad alta risoluzione scaricati in pochi secondi, avere accesso più velocemente e facilmente a una grande quantità di informazioni e contenuti multimediali. Saremmo più interconnessi. Di svantaggi non ne vedo. Semmai si potrebbero definire fastidi. Qualcuno potrebbe magari scocciarsi per il fatto di essere troppo connesso, di dover comprare il cellulare nuovo perché quello vecchio non viene più considerato adeguato. Oppure penso all’imprenditore che si potrebbe sentire forzato a cambiare la tecnologia in azienda anche se magari non ne vede l’utilità diretta. In ogni caso non sarebbero interventi necessari, ma più legati a una questione di marketing o di percezione della tecnologia, piuttosto che di dispositivi realmente non più al passo con i tempi. Non sarebbe una cosa imprescindibile».
Il 5G aprirebbe la strada a una tecnologia più pervasiva nelle nostre vite? Pensiamo alla domotica per esempio?
«Certo la domotica potrebbe fare certamente il suo ingresso in modo più importante nella nostra vita. Tuttavia, non è una faccenda legata prettamente al 5G, ma è da collegare all’evoluzione che già la tecnologia sta portando avanti di per sé. I dispositivi diventano sempre più sofisticati e il 5G in questo senso sarebbe un plus, perché migliorerebbe la rete».
L’accesso più rapido a una mole maggiore di dati potrebbe dare una spinta al settore della ricerca?
«Le tecnologie sono sia prodotto che stimolo della ricerca. Da un lato la tecnologia viene sviluppata su prototipi e su una ricerca di base, però d’altro canto la tecnologia apre anche a nuovi ambiti di ricerca. Il 5G di per sé non darebbe una spinta alla ricerca unicamente perché le informazioni sarebbero disponibili più velocemente. Potrebbe però essere considerata come un’apertura a un nuovo mondo di opportunità, legate per esempio proprio a un diverso utilizzo dei dispositivi. Ottenere e trasmettere informazioni tra i dispositivi risulterebbe più semplice, con tutta una serie di vantaggi e ricadute sulle diverse applicazioni informatiche».
Non adottando questa nuova tecnologia, rischieremmo di restare tagliati fuori da una serie di eventuali vantaggi economici? Insomma, potrebbe rendere difficoltosa la relazione con le società estere?
«La domanda tecnica è un po’ una tautologia: se non mettiamo le antenne poi non lo possiamo usare? No, ovviamente. Se ci tagliamo fuori, siamo fuori. L’impatto del non usarle alla lunga potrà farci restare indietro? È difficile dirlo. Se guardiamo al passato la risposta è sì, perché queste tecnologie poi prendono piede e in un certo senso diventano imprescindibili dal punto di vista delle politiche economico e sociali. Quindi, se dovessi scommettere sul fatto che possa scomparire o restare, scommetterei senz’altro sul fatto che possa rimanere e diventare una tecnologia imprescindibile. Se dovessi guardare nella sfera di cristallo che ho davanti a me, penso andrebbe a rimpiazzare le reti utilizzate finora. Insomma, non credo non ne sentiremo più parlare nel giro di un anno o due».
«Il rischio è di immergersi in un grande mare di onde»
L’intervista a Rolando Bardelli, medico e capodicastero Ambiente e risorse energetiche del Comune di Balerna
Quali potrebbero essere i rischi sulla salute di un’esposizione prolungata a queste onde elettromagnetiche?
«È difficile dirlo. Per ora non ci sono dati in grado di dare indicazioni precise su quello che potrebbe accadere. Finora non è stato possibile svolgere degli studi su bambini o adulti esposti a questo genere di onde per periodi più o meno prolungati. Esistono però studi in vitro, che mostrano effetti mutageni sul DNA, tali da portare a malattie di vario genere, soprattutto di tipo tumorale. Sono però dati in vitro e quindi non possono dirsi convincenti. Insomma, non affermano con certezza la pericolosità del 5G, ma non lo escludono nemmeno. Per questo credo nel principio di precauzione: con il 5G aumenterebbero talmente tanto le frequenze elettromagnetiche nelle quali saremmo immersi che potrebbe saltar fuori qualcosa dal punto di vista medico, in particolare a lungo termine».
Cosa differenzia queste onde da quelle delle tecnologie da 3G o 4G? E perché lo ritiene pericoloso per la salute?
«Le onde 5G hanno uno spettro più ampio rispetto a quelle del 4G e permettono di trasmettere più dati e in meno tempo. Hanno delle caratteristiche diverse di penetrazione nell’organismo. Le onde del 5G sono più corte e penetrano meno nel corpo, solo di pochi millimetri. Il rischio è dunque concentrato a livello più superficiale, potrebbero essere quindi rischiose per la pelle, ma potrebbero fare danni anche al di là dei tessuti. Il problema che vedo è che l’esposizione a queste radiazioni aumenterebbe moltissimo perché chi promuove la nuova tecnologia promuove anche tutta una serie di prodotti elettronici e tanto altro, che non attiene alla semplice comunicazione o alla possibilità di scaricare più film. Viene spinta tantissimo la commercializzazione di un mucchio di prodotti, un business non da poco. Ma ritengo che, prima di lanciare su vasta scala - come sembra intendano fare – qualcosa di cui non si conoscono bene i rischi, sia opportuno pensarci un attimo di più».
Cosa auspica venga fatto ora? Non ritiene si stia demonizzando una nuova tecnologia senza avere delle prove solide a sostegno di un reale pericolo di queste onde?
«Preferirei una maggior cautela, ne va della nostra salute e di quella dei nostri figli. Per questo sono favorevole alla moratoria lanciata anche in Ticino dal gruppo PPD. È vero, non esistono studi in grado di dimostrare gli effetti dannosi del 5G, ma nemmeno esistono prove che non ne causino. Il potere mutageno delle onde che potrebbe indurre dei tumori nell’uomo, ha una latenza molto lunga, anche di 15-20 anni. A suo tempo, anche l’amianto era considerato un prodotto ottimo per le sue caratteristiche ignifughe e di isolamento, ma i problemi sono saltati fuori solo dopo. Potrebbe succedere anche in questo caso. Non possiamo saperlo. Ma davvero, mi chiedo, abbiamo bisogno di questa tecnologia? È così indispensabile?».
Gli abitanti a ridosso delle antenne 5G potrebbero essere esposti a rischi maggiori?
«In questo senso non credo. Perché la strategia mi sembra sia quella di voler posizionare un numero importante di ripetitori però con una potenza più contenuta. Questo potrebbe essere meno dannoso. Il problema delle radiazioni è più legato ai cellulari, soprattutto quando sono utilizzati in movimento, per esempio in treno. Infatti, in quei casi le frequenze aumentano moltissimo per collegarsi continuamente ai ripetitori. Lo stesso potrebbe valere con tutti i dispositivi che collegheremmo in casa. A preoccuparmi insomma è il mare di onde nel quale ci si immergerebbe continuamente, rispetto alla vicinanza alle nuove antenne. In ogni caso, preferirei che questi ripetitori non venissero posizionati. Molti Comuni hanno protestato, ma anche la legislazione federale non ci permette di fare molto. Perché poi le ditte di telefonia fanno ricorso e i tribunali danno loro ragione».