Il caso

Le casse dei Pompieri? «Integratele nei conti»

Sono diciassette i Comuni che non le contabilizzano all’interno dei preventivi e dei consuntivi – Il Consiglio di Stato prende posizione su un tema che aveva portato a uno strappo in seno al Municipio di Lugano – «È il frutto di un retaggio storico, una consuetudine che non trova riscontro nell’attuale assetto legislativo»
© CdT/Chiara Zocchetti
Nico Nonella
24.01.2025 16:15

D’ora in avanti le contabilità dei Corpi pompieri, a tutti gli effetti dei servizi di competenza comunale, vanno integrati nei conti comunali. Firmato: il Consiglio di Stato. È toccato al Governo prendere in mano l’estintore e iniziare spegnere le braci di un incendio politico divampato negli scorsi mesi in particolare a Lugano. Già, perché proprio la «cassa» dei Pompieri cittadini era stata protagonista di uno strappo all’interno dell’Esecutivo cittadino, con il ricorso contro il Consuntivo 2023 presentato dal municipale socialista Raoul Ghisletta insieme ai consiglieri comunali della Sinistra Cristiano Canuti ed Edoardo Cappelletti, oltre a un’interrogazione di Nina Pusterla. A Lugano, come peraltro da consuetudine, non era infatti stata contabilizzata la cassa del Corpo (si parla di circa 2,5 milioni di franchi) e Ghisletta aveva in sostanza chiesto al Governo di annullare l’approvazione del Consuntivo da parte del Consiglio comunale, facendo integrare la suddetta cassa nei conti comunali.

Un bel gruzzoletto

Il ricorso contro i conti è ancora pendente al Consiglio di Stato, il quale, come detto, ha però preso posizione sul tema proprio in questi giorni. Lo ha fatto nel rispondere a un’interrogazione parlamentare di Giulia Petralli (I Verdi), dalla quale si evince che dei 28 Corpi pompieri in Ticino, in 17 casi le casse (o altri conti bancari/postali) sono escluse dal bilancio del Comune. «Tranne un caso, in genere, anche i conti di spesa o ricavo sono solo parzialmente o per niente inseriti nella contabilità comunale». Da questi 17 casi, fa notale l’Esecutivo, «è già stata esclusa la Città di Locarno, che ha integrato la contabilità del corpo pompieri nei conti comunali, seppur solo nell’anno contabile 2024». Ma di che cifre si parla? Detto dei 2,5 milioni di Lugano, il Consiglio di Stato scrive che «alla fine del 2023 la somma degli averi dei citati 17 corpi ammontava a circa 3,2 milioni di franchi». In queste casse confluiscono in generale le spese e i ricavi per l’attività dei Corpi pompieri. Vi figurano spese per materiali, manutenzione veicoli e stabili, amministrazione, indennità ai militi per formazione, spese di vitto durante interventi, indennità di grado, spese diverse a favore dei militi. Tra i ricavi troviamo i rimborsi dal Cantone per la formazione o per gli interventi (ovvero per il vitto), ricavi per prestazioni di servizio d’ordine, contributo comunale, vendita materiale di spegnimento ad aziende ed eventuali donazioni. Ora, come detto, tutto dovrà confluire nei conti comunali. Già, perché «la situazione attuale, che vede ancora casi di Corpi pompieri gestiti contabilmente al di fuori dei conti comunali, è verosimilmente il frutto di un retaggio storico, una consuetudine che non trova riscontro nell’attuale assetto legislativo». Per il Consiglio di Stato, insomma, «non sussistono più motivi per non procedere ad un’integrazione completa della contabilità dei Corpi pompieri all’interno di quella comunale». Di qui l’invito ai Comuni interessati «a procedere in tal senso, prevedendo le necessarie modifiche contabili a partire dai preventivi 2026».

«Parità di trattamento»

Raggiunto dal Corriere del Ticino, Ghisletta si è detto soddisfatto della risposta del Governo. «È una questione di parità di trattamento: anche le casse dei pompieri vanno sottoposte al controllo democratico da parte del Consiglio comunale». Il municipale conclude togliendosi qualche sassolino dalla scarpa: «Come sempre, quando la sinistra dice qualcosa, passa dalla parte del torto e viene additata come la cattiva di turno...». In ogni caso, il ricorso contro il Consuntivo 2023 non verrà ritirato. L’estintore resta nelle mani del Consiglio di Stato.