"Le fondamenta dell'immobiliare sono i servizi"

LUGANO - Il settore immobiliare è un'ottima lente d'ingrandimento per vedere in che direzione si muove Lugano. Case e palazzi possono dire molto sulla salute economica, la storia e la cultura di una città e su chi ci vive, che siano abitanti «storici» o nuovi arrivi. Ne parliamo con l'architetto e fiduciario immobiliare Omar Antonelli nell'ultima intervista della serie «Idee per la città» dopo quelle a Serge Santese (31 marzo), Silvia Passardi (25 marzo), Laura Bottani-Villa (25 febbraio), Roberto Mazzantini (17 febbraio), Giorgio Zürcher (10 febbraio), Andrea Bellomo (5 febbraio) e Walter Marzini (28 gennaio).
Signor Antonelli, che Lugano vede dal suo osservatorio di fiduciario immobiliare?
«Il nostro mercato immobiliare non è un mondo a sé stante, vive in funzione della nostra società. Non è quindi fatto solo di palazzi, appartamenti, ville, musei o terreni. Il loro valore è strettamente legato alla qualità di vita di cui i loro fruitori/proprietari/inquilini possono beneficiare. Quello che i politici non dovrebbero mai perdere di vista è l'insieme delle cose di cui le persone non si lamentano, perché la lagnanza è spesso rumorosa, ma l'apprezzamento silente. Parlo di una burocrazia "leggera" in rapporto ad altre nazioni europee, della privacy e della sicurezza: punti di forza che vanno preservati. A Lugano, ad esempio, un cittadino che si reca all'ufficio tecnico senza appuntamento, negli orari di sportello, trova un funzionario che gli presta la necessaria e gentile attenzione. Cosa molto gradita a chi arriva da fuori e spesso data erroneamente per scontata».
La difficile situazione finanziaria degli enti pubblici mette in pericolo questi capisaldi?
«Che la situazione sia difficile non sta a me dirlo, perché non sono un economista. Se la politica vuole evitare sprechi ben venga, è doveroso, ma non dimentichiamo che questa intervista è relativa al mercato immobiliare e per definizione il termine "immobiliare" significa anche tempi di reazione non a corto termine. Sarebbe controproducente ridurre la garanzia dei servizi al pubblico precitati, perché a medio termine anche i proprietari spinti a un acquisto in funzione di una migliore qualità di vita potrebbero migrare verso nuovi lidi, più evoluti e concorrenziali».
Dicevamo degli stranieri che scelgono di trasferirsi sul Ceresio. Nell'ottica di una città impegnata nel suo rilancio economico, che tipo di persone vorrebbe veder arrivare a Lugano?
«Una tendenza è in atto, ma è ancora difficile da analizzare: l'arrivo di persone del ceto medio o medio-alto che hanno acquistato un immobile in Ticino per costruirsi una nuova vita. La Lombardia ha milioni di abitanti: pensiamo a cosa potrebbe succedere se anche lo "zero virgola per cento" si trasferisse con l'intento di acquistare il proprio immobile e possibilmente anche qualche appartamento da mettere in locazione. Credo che gli effetti positivi sarebbero preponderanti. Personalmente vorrei vedere arrivare ancora più persone amanti della cultura».
Un'opportunità per il rilancio economico di Lugano è l'allestimento del nuovo Piano regolatore unico. In che modo può essere sfruttata?
«Per favorire la qualità di vita penso sia giusto non aumentare le zone edificabili o il loro sfruttamento, ma riqualificare quelle esistenti. Sarebbe opportuno anche valorizzare il centro facendo in modo che torni ad essere zona più abitativa, a compensazione della contrazione degli spazi ad uso commerciale (uffici), per ridare vitalità cittadina indigena anche dopo la chiusura degli uffici».
Dicevamo che il valore di un immobile è costituito anche da ciò che lo circonda e in questo gioca un ruolo l'aspetto estetico dell'ambiente costruito. Le demolizioni di edifici storici – spesso sostituiti da anonimi parallelepipedi – stanno erodendo questo patrimonio?
«La pianificazione urbanistica ha procedure che durano anni e il popolo ha gli strumenti istituzionali per dare il proprio contributo. Se un palazzo storico di due o tre piani è inserito in una zona che ne consente sette, e se tale palazzo non è un monumento protetto, il proprietario può esercitare il suo diritto a costruire un nuovo stabile di sette piani. Magari lui era un bambino quando era stato approvato il Piano regolatore: erano i coetanei dei suoi genitori che eventualmente potevano opporsi alla pianificazione dell'epoca».
Realizzando qualcosa di unico, tuttavia, si potrebbe venderlo o affittarlo a un prezzo evidentemente maggiore.
«C'è chi fa questo ragionamento. Di fatto, è un rischio imprenditoriale e oggi non sembra facile fare previsioni. Per quanto ho visto negli ultimi anni posso dire che nella maggior parte dei casi, il rischio è stato premiato. L'originalità, se funzionale, creativa ed estetica, paga».
Lugano sta provando a tutelare il patrimonio che le resta con una modifica del Piano regolatore che tutela una serie di edifici pregiati, ma l'iniziativa è stata frenata da ricorsi.
«Non è una questione facile da risolvere, io mi metto nei panni dei proprietari che fino a qualche anno fa disponevano di determinate potenzialità edificatorie, che ovviamente hanno un valore immobiliare, e se queste vengono ridotte nel nome della collettività, allora ne consegue un pregiudizio economico: chi paga? La Città potrebbe concentrarsi sulla valorizzazione di stabili rurali o vecchi fabbricati, ma non con una protezione 'statica': servirebbe un concorso che garantisca a queste strutture una vita economica autosufficiente».
Uno degli stabili protetti è l'ex macello. Lei cosa ci farebbe?
«Essendo vicino all'università e considerando come questa si sta evolvendo, lo riserverei per le attività universitarie umanistiche».
Lugano si sta impegnando anche a promuovere progetti di alloggi a pigione moderata, ma per il momento escludendo eventuali partner privati.
«È importante che tali iniziative non alterino il libero mercato locativo e quindi immobiliare. In passato gli stabili sussidiati a volte sono stati interpretati come opportunità d'investimento a corto termine, poi sulla lunga distanza i conti non sono stati appaganti per tutti».
Tra le varie misure di risanamento finanziario, il Municipio ha ipotizzato la vendita di stabili comunali. Una scelta logica o da evitare?
«Se vendere non è più che indispensabile li metterei a reddito, in affitto. Il reddito dà continuità, mentre oggi il ricavo di una vendita nel settore immobiliare ha il fiato corto, a meno che non sia velocemente reinvestito. È palese a tutti che "le vacche sono dimagrite", ma non sono propriamente "magre". È il momento giusto per tonificare e stabilizzare lo stato di salute».
Intende che a Lugano si parla di crisi in modo troppo allarmistico?
«Per quanto riguarda il mercato immobiliare, vedo una chiara calmata sui picchi che c'erano fino a due anni fa nei prezzi di vendita. La parte senza eccessi per ora rimane abbastanza stabile nel suo insieme ma rilevo un chiaro allungamento dei tempi di vendita. I motivi di questa tendenza sono vari: chi compra ha a disposizione una maggiore offerta e si prende più tempo per scegliere, mentre fino a tre o quattro anni fa si accelerava temendo di perdere l'acquisto. Inoltre l'accesso al credito ipotecario è divenuto meno facile e quindi servono più mezzi propri. Trovo comunque salutare quest'aumento dei margini di sicurezza nell'interesse dei proprietari e del mercato immobiliare in generale, che così sarà meno "nervoso"».