Le serate, il branco, il morto

Diciotto fendenti con un coltello da bistecca. Così il 28.enne somalo – il primo marzo dello scorso anno in un appartamento di via Pestalozzi a Chiasso – ha ucciso un cittadino italiano di 50 anni. Ventottenne che, da questa mattina, è seduto sul banco degli imputati davanti alla Corte delle Assise criminali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta. E non è solo: insieme a lui ci sono altri tre uomini, già noti alla giustizia ticinese. In aula, è stato detto più volte, è comparso «il branco». Perché oltre all’assassinio di Chiasso (che coinvolge unicamente il 28.enne somalo) la Corte dovrà esprimersi anche in merito a un tentato omicidio, aggressioni, risse e infrazione alla Legge federale sulle armi. Con due comuni denominatori particolari: il fatto, appunto, d’aver agito in branco e il luogo. Sempre lui, o meglio lei: la discoteca Blu Martini di Lugano.
I pugni, le cure intense
Ed è proprio da uno dei tanti fatti del Blu Martini che è iniziata la giornata giudiziaria. Secondo quanto ricostruito dal sostituto procuratore generale Moreno Capella, il 28 gennaio del 2023 il «branco» – composto da un 30.enne svizzero, un coetaneo boliviano, un 32.enne di origini cubane e il 28.enne somalo (già condannati per fatti analoghi, vedi sotto) – ha aggredito un uomo nei pressi di uno dei bagni dell’esercizio pubblico. Tutti e quattro, con ruoli e responsabilità diverse, hanno preso parte al pestaggio dell’uomo raggiunto da pugni al viso, alla schiena, al torace e agli arti inferiori. Colpi tali, secondo l’accusa, da esporre la vittima «a un concreto pericolo di morte». Una lite verbale, un alterco, hanno ben presto lasciato spazio all’aggressione vera e propria. Uno dei membri del gruppo stava litigando con quella che poi diventerà vittima, hanno spiegato gli imputati in aula, poi la situazione è degenerata: «Si è girato, mi ha insultato – ha sostenuto il trentenne svizzero – e poi mi ha tirato una spallata. Ho reagito tirandogli due pugni».
I motivi? «Inesistenti»
I rapporti medici successivi diranno, invece, che l’uomo se l’è vista brutta. A causa delle botte – hanno accertato i dottori – qualche settimana più tardi è finito in cure intense. Aspetto che ha portato il sostituto procuratore generale a promuovere l’accusa, nei confronti di due dei quattro attori, di tentato omicidio (subordinatamente lesioni gravi). Capella, durante la requisitoria, ha restituito una radiografia dei fatti, ma soprattutto del contesto. «Tutti gli imputati vengono dal Basso Mendrisiotto e si conoscono da lungo tempo. E – ha sottolineato più volte – sono tutti frequentatori del Blu Martini, un luogo che possiamo definire poco raccomandabile». Ma cos’ha spinto il quartetto a compiere quei gesti? «I motivi, il movente, sono inesistenti e inspiegabili. Quindi futili». O meglio: in un caso ha evocato «la sola volontà di partecipare al pestaggio», in un altro «il dare concretezza alla sua propensione a prevaricare l’altro». Poi, al termine della requisitoria, le richieste di pena: 4 anni per il 30.enne svizzero, 4 anni e 10 mesi (più l’espulsione dal territorio elvetico per 7 anni) al coetaneo boliviano. Infine 4 anni e due mesi nei confronti del 32.enne cubano oltre all’espulsione – visti i numerosi precedenti – per 20 anni.
Il primo fendente, poi blackout
Manca, all’appello, il 28.enne somalo. La richiesta di pena verrà formulata domani dal procuratore pubblico Zaccaria Akbas che ha condotto l’inchiesta per i fatti di Chiasso. Diciotto coltellate, dicevamo, inferti alle prime luci dell’alba del primo marzo 2024. Di rientro, guarda caso, da una serata al Blu Martini. «Con la vittima non avevo nessun rapporto particolare. Quella sera avevo assunto un bel po’ di cocaina e alcol – ha spiegato in aula –. Avevo ancora voglia di drogarmi, sono passato da lui per prendere ancora cocaina». Polvere bianca che, però, non c’era. Il 50.enne ha quindi invitato il 28.enne a lasciare il suo appartamento, l’ha anche spinto. «Perché ha estratto il coltello?» ha quindi chiesto il giudice. «Perché in quello stato d’animo mi sono sentito minacciato dalle spinte. Mi spingeva fuori, dall’agitazione ho estratto il coltello. Mi ricordo il primo fendente all’altezza del collo, poi blackout totale».
Stessa storia, stesso posto
Sono già noti alla giustizia ticinese i quattro da oggi a processo. Un precedente, in particolare, colpisce. Lo svizzero, il boliviano e il cubano hanno infatti scontato anni in carcere per un tentato omicidio avvenuto nell’ottobre del 2017. Dove? Ancora una volta nei pressi della più volte citata discoteca.