L'intervista

Le tracce di Mario Botta a Napoli

Il rinomato architetto ticinese è impegnato da più di dieci anni nella costruzione di due fermate della metropolitana nel capoluogo campano, un progetto rivoluzionario che vuole trasformare la rete dei trasporti in un «museo obbligato»
© CDT/Gabriele Putzu
29.03.2025 19:45

«Napoli» è un epiteto parlante: inizialmente denominato Partenope, l’insediamento venne ribattezzato dai coloni greci, dopo che riuscirono a riappropriarsi del territorio rubato loro dagli etruschi. Napoli in greco significa città nuova e come un oracolo sibillino, il nuovo nome segnò il destino di quei luoghi, che divennero culla dell’innovazione e della cultura europea.  Uno dei linguaggi che la città ha cercato di riscrivere, a partire dagli anni Novanta, è quello della metropolitana: l’ambizioso obiettivo partenopeo è quello di costruire la rete metropolitana più bella del mondo e, in effetti, la critica internazionale sembra acclamare a gran voce la buona riuscita di questa aspirazione. Il prestigioso concorso di architettura e design Prix Versailles ha infatti già annoverato due stazioni nelle sue classifiche, quella di Chiaia della Linea 6 nel 2024 e Duomo della Linea 1 nel 2022 e già nel 2012 il Daily Telegraph aveva definito la stazione Via Toledo la fermata più bella d’Europa. «Si tratta di un progetto rivoluzionario. La maggior parte delle metropolitane europee sono state costruite seguendo un approccio profondamente razionalista, retaggio dell’architettura del ventesimo secolo, mentre quella di Napoli incarna uno spirito tutto nuovo e diverso, nutrito dalla cultura atavica della città che, con grande intelligenza, ha sempre saputo dare spazio espressivo alle forme artistiche contemporanee» ci racconta Mario Botta. Tra le decine di architetti e artisti che hanno collaborato all’impresa, infatti, spunta anche il celebre nome ticinese, a cui sono stati affidati i progetti di due stazioni della Linea 1 nella zona orientale della città, quelle di Tribunali e Poggioreale.

Un nuovo paradigma metropolitano

Le stazioni metropolitane sono ambienti del sottosuolo: non solo letteralmente, poiché interrate e lontane dalla luce del sole, ma anche perché spesso raccolgono il degrado delle città che, ignare, continuano a scorrere al di sopra. L’idea innovativa proposta da Achille Bonito Oliva, critico dell’arte e direttore artistico del progetto, è stata trasformare la rete metropolitana in un «museo obbligato», attraverso una sinergia tra architetti e artisti da tutto il mondo. Il connubio si è rivelato vincente: «La pluralità dei linguaggi che caratterizza la nuova metropolitana è un elemento fondamentale del progetto. L’identità della città contemporanea sfugge infatti ad un paradigma formale e preciso, mentre la coralità voluta da Oliva ha permesso di dare vita a stazioni che emergono come simboli dei quartieri che le ospitano, attraverso un proprio linguaggio e una propria identità» racconta Botta. Napoli è così riuscita a riscrivere il paradigma del sistema metropolitano, operando una rivalutazione di spazi spesso considerati anonimi e dimenticati: nel capoluogo campano, le stazioni metropolitane sono centri nevralgici del sistema dei trasporti, ma anche della vita cittadina, attraendo visitatori da tutto il mondo.

Le due stazioni

Costruire a Napoli è contemporaneamente una sfida e un grande onore, ci racconta il nostro interlocutore: «Questa città è caratterizzata da una forte identità, ricca di contraddizioni, ma c’è una qualità intrinseca nel costruire a Napoli, che non lascia indifferenti gli architetti che hanno il privilegio di lavorarci. Qualunque cosa si faccia a Napoli diventa connotazione esemplare per la storia dell'architettura». Le tracce che Botta lascerà nel capoluogo campano sono due stazioni della metropolitana, quelle di Poggioreale e di Tribunali. «I due progetti sono molto diversi fra loro: Poggioreale sorge dove prima si trovava la vecchia stazione della transiberiana d'Italia, una costruzione novecentesca, già simbolo iconico del quartiere. Si è trattato dunque di riutilizzare e correggere una struttura esistente dalle degenerazioni che il tempo aveva lasciato. Tribunali è invece un progetto del tutto contemporaneo. L’assenza di una struttura preesistente idonea ha reso necessario costruire qualcosa da capo: sarà una grande pensilina che sporgerà a sbalzo per proteggere i corpi contigui che erogheranno i servizi necessari per la metropolitana». I cantieri, già avviati da una decina di anni, sono ancora in corso: «A Napoli non è importante quando si conclude, ma quando si inizia: anche questo progetto segue dunque i ritmi della città. Ma d’altronde, non si costruisce un museo da un giorno all’altro» conclude Botta.