Le trote sparite dai laghi alpini? «Ci sono, ma sempre meno»

«Ho passato tre settimane a pescare nei laghi alpini della Vallemaggia. Robiei, Naret, laghetti della Crosa, lago d’Alzasca e poi Sfille, Pozzöi, Mognola e bacino del Sambuco. Niente, nemmeno l’ombra di un pesce. In tanti anni che passo l’estate a pescare non mi era mai capitato di tornare a mani vuote: ma dov’è finito il pesce?» Raccogliamo lo sfogo di Nicola, appassionato di pesca nei laghi alpini. «Mi sono confrontato anche con altri pescatori e pure loro sono increduli. Si cammina per ore, raggiungiamo un piccolo paradiso, ma di pesce nemmeno l’ombra», ci dice ancora. Ma è vero che i pesci sono «spariti» dalla Vallemaggia e dalle valli laterali? Lo chiediamo a Bruno Donati, presidente della Società valmaggese di pesca, sodalizio fondato nel 1954, con circa 270 soci, che aderisce alla Federazione ticinese per l’acquicoltura e la pesca (FTAP) che gestisce anche le immissioni di uova ed esemplari adulti in fiumi e laghi della regione. «Abbiamo appena immesso nel Sambuco circa 260 chilogrammi di trote adulte e altri 60 chili li abbiamo riversati in altri laghi alpini. Però è vero che le catture negli ultimi anni si sono ridotte e di molto», rileva. A detta dei pescatori, la trota fario, il pesce più ambito da chi frequenta queste zone, sembra sparita dai bacini valmaggesi. «Le condizioni climatiche degli ultimi anni hanno ostacolato non poco la gestione della pescicoltura. In particolare le grosse buzze hanno determinato un enorme lavoro per l’approvvigionamento di acqua ai pesci: gli effetti delle piene sono assai evidenti in tutte le valli. L’ultimo esempio è quello che è successo in Val Bavona, due anni fa, a San Carlo, con la frana che ha completamente sconvolto l’equilibrio paesaggistico e ittico non solo della zona, ma anche più a valle».
Temperature elevate
Inoltre la temperatura dell’acqua è troppo elevata, per cui le trote riducono progressivamente la nutrizione a causa dello stress termico e a 25 gradi circa sopraggiunge la morte. «Il cambiamento climatico incide, ma anche la gestione dei corsi d’acqua, dai riali al fiume. C’è troppo materiale inerte che da nord scende a valle e non sempre i letti di riali e fiume sono puliti a dovere. C’è un problema di manutenzione dei riali che dovrebbero affrontare Comuni e Patriziati, ma non sempre la rimozione degli inerti è una priorità. Poi c’è l’annosa questione dei deflussi minimi: tanta acqua d’estate e poca d’inverno a causa dello sfruttamento idroelettrico, con seri contraccolpi sulla fauna ittica e più in generale sulla vita stessa dei fiumi», aggiunge Donati. Infine, e questo riguarda più il corso della Maggia, nella media e bassa valle il fiume è diventato una piscina: «Il grande afflusso di bagnanti non aiuta certo la tranquilla vita dei pesci».