Le ultime ore dei «vecchi» frontalieri

«Legge 13 giugno 2023, nr. 83». È questo il nome che lo Stato italiano ha assegnato al provvedimento di «Ratifica ed esecuzione» del nuovo accordo con la Svizzera relativo alla fiscalità dei frontalieri. Pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 30 giugno, la «Legge 83» - come, verosimilmente, d’ora in poi sarà chiamata da tecnici e addetti ai lavori - è entrata in vigore sabato 1. luglio, anche se i suoi effetti saranno tali soltanto «alla data di ricezione dell’ultima delle notifiche con le quali i due Stati contraenti si saranno comunicati vicendevolmente, per via diplomatica, che sono adempiuti i necessari presupposti legali».
Per parte italiana, questo presupposto è uno solo: la firma del presidente Sergio Mattarella. Che avverrà nelle prossime ore. A quel punto, dopo lo scambio di lettere tra Palazzo federale e la Farnesina, il sistema faticosamente concordato in un decennio di estenuanti trattative subentrerà a quello in vigore dal 1976. Sarà un giorno a suo modo storico: il giorno in cui si comincerà a distinguere tra «vecchi» e «nuovi» frontalieri.
Non pochi privilegi
Lo statuto di «vecchio frontaliere» garantirà ai lavoratori italiani in Ticino non pochi privilegi. La tassazione unica alla fonte in Svizzera, principalmente, associata a un piccolo ma significativo risparmio fiscale (calcolato tra il 5 e il 10% del totale) dovuto all’applicazione del moltiplicatore cantonale. Ma anche la possibilità di non far conoscere all’occhiuto erario della Penisola redditi e guadagni. Su questo elemento si è poco discusso, ma non si tratta di una questione secondaria. L’articolo 7 dell’accordo, infatti, intitolato «cooperazione amministrativa», prevede che l’Amministrazione federale delle contribuzioni e l’Agenzia delle Entrate si scambino, entro il 20 marzo di ogni anno, «le informazioni rilevanti ai fini dell’imposizione» fiscale dei propri cittadini. Tra queste informazioni ci sono, ovviamente, «l’ammontare lordo dei salari, degli stipendi e delle altre remunerazioni analoghe ricevute dal lavoratore frontaliere». Lo stesso articolo 7, però, «non si applica» ai vecchi frontalieri, quelli cioè attivi «alla data di entrata in vigore» dell’intesa, ovvero a coloro i quali avevano un contratto regolare di lavoro «tra il 31 dicembre 2018 e la data di entrata in vigore».
Il decreto di Giorgetti
La Svizzera dovrà invece attendere al massimo la fine di questo mese per vedersi finalmente espunta dall’ultima black list in cui è tuttora ricompresa: il necessario decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, dovrà infatti essere «adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore» della Legge 83, quindi entro il 31 luglio prossimo.
Rimane senza una risposta precisa la questione del telelavoro. Nonostante le rassicurazioni verbali di alcuni deputati italiani della Lega, i quali nei giorni scorsi avevano ribadito la volontà di Giorgetti di voler prorogare, sino alla fine dell’anno, la possibilità di lavorare a distanza sino a un massimo di due giorni a settimana, nulla di formale è sin qui giunto da parte italiana.
Nel protocollo aggiuntivo firmato il 20 dicembre 2020 dall’allora viceministro italiano dell’Economia Antonio Misiani e dalla segretaria di Stato per le questioni finanziarie e internazionali Daniela Stoffel Delprete, protocollo diventato parte integrante dell’accordo, si dice espressamente (articolo 3) che «in relazione a un potenziale, ulteriore sviluppo del telelavoro», Svizzera e Italia possono «concordare, con procedura di amichevole composizione» le regole relative allo smart working. Ma, allo stato attuale, dal 1. luglio i frontalieri possono lavorare da casa senza modificare il proprio regime fiscale soltanto un giorno a settimana.