In aula

«L'imputata lavorava eccome e ha ingannato l'AI per anni»

Condannata una donna accusata di aver percepito indebitamente una rendita di invalidità totale mentre «svolgeva le mansioni tipiche di una cameriera» – Per la Corte «sapeva di non indicare il vero sui formulari di revisione»
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Valentina Coda
20.11.2024 15:40

L’imputata ha fornito indicazioni corrette quando nei formulari di revisione dell’AI ha indicato di non lavorare e di non prestare nemmeno volontariato? La risposta, per la Corte delle assise correzionali, è negativa. «Svolgeva tutte le mansioni tipiche di una cameriera, anche senza percepire uno stipendio. Tacendo e mentendo su questo aspetto, ovvero su quello che effettivamente faceva, ha ingannato l’Ufficio assicurazione invalidità per anni causando un danno allo Stato e di conseguenza ai contribuenti, perché non era invalida nella misura del 100%». Sì, la 63.enne portoghese, con gravi e comprovati problemi di salute e accusata di aver percepito indebitamente 350.000 franchi (importo poi decurtato) di rendita d’invalidità sull’arco di un quindicennio, è una falsa invalida anche per la giustizia, oltre che per l’AI. Motivo per cui il giudice Amos Pagnamenta l’ha condannata a 12 mesi sospesi per truffa aggravata. Pena pecuniaria sospesa, invece, per il 72.enne svizzero perché complice dell’agire della donna. Il procuratore pubblico Daniele Galliano aveva chiesto nella sua arringa rispettivamente 16 e 6 mesi sospesi, mentre i difensori – avvocati Sebastiano Paù-Lessi e Marco Garbani – il proscioglimento.

"Valutazioni strumentali"

La sentenza del procedimento, iniziato a ottobre, era slittata perché alla Corte mancava un complemento. Ovvero un nuovo documento dell’AI che attestasse una variazione o meno del grado di invalidità della donna alla luce della sua attività (l’imputata ha ammesso di svolgere piccole mansioni a scopo occupazionale per preservare la sua salute psichica). Documento che ha quantificato un grado effettivo di invalidità nella misura del 10%, quindi un’abilità al lavoro del 90. «Come emerge dall’ultima prova acquisita – ha commentato Pagnamenta –, la rendita non le sarebbe stata concessa dall’AI perché un’attività sarebbe stata esigibile». Il documento contiene però «delle valutazioni strumentali alla posizione dell’assicurazione invalidità» secondo i patrocinatori degli imputati. «Mi risulta difficile pensare che dei subalterni, quindi i funzionari dell’AI, contraddicano la parte accusatoria di chi ha denunciato, ovvero i loro superiori», ha rilevato Garbani. Valutazioni considerate «astruse» da Paù-Lessi e contenute in un documento che «ignora totalmente quanto attestato dal medico che si prende cura della donna da trent’anni e dai certificati riferiti all’incapacità lavorativa. Rapporto, inoltre, che si pone in contraddizione con quanto accertato dalla stessa AI, che ha fatto un’arbitraria e insostenibile valutazione».

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