L’incrocio, la fuga, il botto: «Non ho causato io l’incidente»
Sedici aprile 2021: un forte botto a Balerna scuote la pausa pranzo degli abitanti che si trovano nell’area che ruota attorno viale Tarchini. Non si tratta di un’esplosione. È, invece, il frastuono che si crea a seguito del violento impatto tra due autovetture. Ben presto si delineano i contorni: il conducente della prima auto, una Smart, ha eluso un controllo delle Guardie di confine e si è dato alla fuga. Una fuga, quella dell’allora 28.enne cittadino italiano residente in Italia, che termina dopo l’impatto con l’altra macchina. A bordo di quest’ultima c’è un 34.enne svizzero del Mendrisiotto che ha appena finito di effettuare il primo giro di consegne a domicilio delle pizze. L’impatto è violento, a tal punto che la piccola Smart in fuga riesce a far capovolgere più di una volta l’altro veicolo. Ne segue l’intervento degli enti di primo soccorso e l’ospedalizzazione per entrambi. Le ferite sono giudicate serie.
In Tribunale... in due
Qualche mese più tardi, a luglio, il 28.enne viene condannato in primo grado. I principali reati? Ripetuta violazione del bando, impedimento di atti dell’autorità e infrazione grave alle norme della circolazione stradale. Ma, parallelamente, la procuratrice pubblica Valentina Tuoni apre un procedimento anche a carico del secondo automobilista reo, in sostanza, di essersi immesso sulla strada senza aver osservato l’arrivo, a sinistra, dell’auto in fuga. In pretura penale l’oggi 38.enne è stato ritenuto colpevole di infrazione alle norme della circolazione stradale, me è stata esentato dalla pena. Vicenda finita? No. L’uomo – difeso dall’avvocato Rossano Bervini – deciso nell’evidenziare la sua innocenza, si è rivolto alla Corte di appello e di revisione penale la quale – presieduta dal giudice Angelo Olgiati– ieri ha aperto a Mendrisio il dibattimento.
A quanto viaggiava?
«Mi sono fermato; ho guardato a sinistra e poi a destra. La Smart era lontana. Ero già inserito in corsia poi, da un secondo all’altro ho visto un flash e ho cominciato a girare». È ancora nitido il ricordo del 38.enne chiamato a raccontare cosa è successo quasi quattro anni fa. Ma a che velocità viaggiava la Smart in fuga? Secondo quanto ricostruito dall’inchiesta procedeva tra i 60 e i 70 chilometri orari. Impossibile secondo l’uomo e il suo avvocato. Anche perché, ha ribadito l’uomo in aula, «la mia macchina è stata trovata lontana rispetto al punto d’impatto». Possibile, dunque, che una Smart che viaggiava a 60 all’ora potesse ribaltare un altro veicolo e scaraventarlo a un paio di decine di metri di distanza? Una censura, in questo senso, l’ha effettuata anche l’avvocato Bervini durante l’arringa. L’uomo in fuga, ha menzionato, «in prima battuta si era dichiarato colpevole dell’incidente. Poi ha smorzato i toni parlando di una velocità attorno ai 60 km/h». Si è quindi resa necessaria una successiva analisi di polizia la quale ha stabilito «che la distanza tra i due veicoli (al momento dell’immissione sulla carreggiata, ndr.) fosse di 63 metri. Prendendo per buono questo valore, in base al principio della buona fede, chiunque avrebbe attraversato vedendo un veicolo a quella distanza». Poi calcolatrice alla mano, ecco le risultanze: «Se la velocità dell’auto in fuga fosse stata di 60 km/h ci sarebbero voluti 3,78 secondi» per compiere i 63 metri. Un tempo ritenuto dalla difesa più che sufficiente per immettersi in strada senza causare l’incidente. «Vi sono indizi oggettivi che andasse a 100 e più chilometri orari» ha sottolineato Bervini facendo presente, oltretutto, che l’uomo al volante della Smart «stava scappando, stava andando velocemente». La difesa ha invocato anche il principio dell’affidamento: «Il mio assistito poteva benissimo ritenere che ce l’avrebbe fatta ad attraversare».
L’inchiesta? «Lacunosa»
Bervini ha inoltre parlato di «inchiesta lacunosa» (la procuratrice pubblica non era presente al dibattimento). Di più: «Non c’è stato alcun confronto» con l’uomo che stava scappando. Ha definito l’istruttoria «assurda, che non ha rispettato i diritti dell’imputato» e, ha ribadito, «tutte le risultanze portano a stabilire che (l’altro automobilista, ndr.) andasse molto più di 60 chilometri orari». E poi quella foto agli atti della zona, «presa da Google, rivelatasi non attuale». Da qui le richieste di assoluzione e di indennizzo per torto morale. La sentenza verrà pronunciata nel corso delle prossime settimane.