L'inchiesta

L'indagine della Procura europea e la fiduciaria luganese

Gli inquirenti esteri hanno ottenuto documentazione potenzialmente utile nell'ambito di una frode carosello sull'IVA da cinquanta milioni di euro, il cui presunto promotore aveva un appartamento in città
La presunta frode riguarda apparecchiature elettroniche, in particolare AirPods.
Federico Storni
03.07.2024 21:00

La Procura europea esiste da poco - è operativa dall’estate 2021 - e da ancora meno (inizio 2023) ha un accordo di collaborazione con la Svizzera. Accordo che non ci ha messo però molto a spiegare i suoi effetti. A fine 2023 la Procura era ad esempio riuscita a ottenere l’arresto di un imprenditore italiano residente in Ticino (seconda la RSI a Canobbio). Ora, da una sentenza della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (CRP), è emerso che l’autorità inquirente estera - nel quadro di un’altra inchiesta scollegata, peraltro comunicata negli stessi giorni in cui era emersa la vicenda dell’imprenditore - ha avanzato una richiesta di assistenza giudiziaria alla Svizzera tesa ad acquisire documentazione in relazione a una sospetta frode carosello transnazionale di grossa entità, con danni stimati in cinquanta milioni di euro. L’indagine è a carico di diverse persone e sono a oggi stati operati tre arresti, di cui uno un paio di settimane fa e gli altri in novembre. La sospetta associazione a delinquere avrebbe in sostanza commerciato in Europa, tramite diverse società schermo, materiale tecnologico e informatico (ad esempio AirPods) senza dichiarare l’IVA, ottenendo così anche un vantaggio commerciale, potendo vendere la merce a prezzi più bassi rispetto ai concorrenti. Il materiale, stimato in tre milioni di pezzi, sarebbe provenuto dalla Moldavia e finito prevalentemente in Italia. In tutti questi movimenti, anche Lugano sembra avere avuto un ruolo importante.

Le connessioni cittadine

Due i motivi. Innanzitutto il fatto che l’uomo che la Procura europea ritiene sia il promotore, capo e organizzatore del sodalizio criminale e la sua compagna (pure indagata) «hanno certamente la disponibilità di un appartamento a Lugano». Poi: entrambi si avvalevano dei servizi di una fiduciaria di Lugano, ed è proprio verso di essa che era tesa la richiesta di assistenza giudiziaria della Procura. La documentazione - che la CRP ha sentenziato potrà essere consegnata agli inquirenti - riguarda sia il presunto capo del sodalizio, sia una manciata di società accasate presso la fiduciaria luganese che sarebbero a lui riconducibili. La fiduciaria in sé - la cui sede da fine 2023 figura nei Grigioni - non sarebbe invece oggetto d’indagine in questa vicenda. Da notare che il presunto promotore della frode ha dichiarato in interrogatorio di figurare quale dipendente di un’altra fiduciaria con sede a Zugo riconducibile al titolare della fiduciaria ticinese - un ex ispettore fiscale cantonale - e di ricevere da essa uno stipendio.

Il caso Montezemolo

Il titolare della fiduciaria, che ha combattuto invano la consegna della documentazione alla Procura europea, al pari della sua società non risulterebbe indagato nell’inchiesta europea. In questi mesi il suo nome è però spuntato in un’altra inchiesta: quella relativa alla presunta truffa ai danni di Luca Cordero di Montezemolo per cui l’anno scorso - come ricostruito dal giornale Area - il procuratore pubblico Daniele Galliano ha rinviato a giudizio un consulente finanziario operativo in Ticino per amministrazione infedele aggravata. Nell’ambito di questa inchiesta gli avvocati della famiglia Montezemolo e di altri presunti danneggiati, Emanuele Verda e Filippo Ferrari, avevano denunciato anche il fiduciario ex ispettore fiscale. Galliano aveva emanato un decreto d’abbandono nei suoi confronti, poi però impugnato con successo dai due legali. Ora il fiduciario attende una nuova decisione del pp al riguardo. In questa vicenda la famiglia Montezemolo lamenta la perdita di 50 milioni di euro.