Processo

L'infanzia rubata alla sorella e all'amica

Alla sbarra un 20.enne che, nel corso degli anni, ha abusato tra le mura domestiche della sorella minore e della sua amica – Quest’ultima ha avuto il coraggio, dopo l’ennesimo episodio, di raccontare tutto alla madre
© KEYSTONE/Christof Schuerpf
Stefano Lippmann
03.09.2024 19:00

«La famiglia viene da sempre considerata un luogo protetto». E, in aggiunta, «il legame fraterno è senza dubbio quello più duraturo. Un legame unico, irripetibile, straordinario». Parole che, quest'oggi davanti alla Corte delle assise criminali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, sono state pronunciate dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo. Nell’aula di tribunale, allo stesso tempo, si è fatto riferimento a «una bambola di pezza», a «bambole inanimate», a «pupazzo impietrito». La sicurezza della famiglia da un lato, il diritto all’infanzia violato dall’altro. Già, perché davanti ai giudici è comparso un 20.enne residente a sud del ponte diga di Melide che ha fatto quello che non si dovrebbe mai fare a una sorella minore, alla sua amichetta e a una cugina. L’uomo si trova infatti alla sbarra con le accusa di violenza carnale (ripetuta e in parte tentata), ripetuta coazione sessuale, incesto, atti sessuali con fanciulli, pornografia e, infine, rappresentazione di atti di cruda violenza. La sentenza era attesa nel pomeriggio ma, per quel che è dato sapere, all’ultimo minuto è stata spostata a domani: sarà pronunciata alle 16.30.

Una, due, tre vittime

Resta, in attesa del verdetto, la cronaca di un processo che ha visto, in aula, un giovane uomo reo confesso. Durante il dibattimento, svoltosi a porte chiuse, sono stati rievocati i fatti, cominciati sostanzialmente quando l’uomo aveva dodici anni, sei in più della sorella. Si è partiti con gli strusciamenti sino ad arrivare alla congiunzione carnale. Attenzioni rivolte anche all’amica della sorella che frequentava l’abitazione della famiglia. È stata proprio l’amica, con il passare degli anni e di fronte all’ennesimo episodio, a farsi coraggio e raccontare tutto alla madre. Un vaso di pandora dal quale sono usciti anche gli strusciamenti rivolti a una cugina, quando l’imputato si recava in visita oltre confine. Lungo l’elenco di episodi riportati in aula, accentuatisi a 16, 17 anni e poi diminuiti d’intensità e di gravità con il passaggio del 20.enne alla maggiore età. Definitivamente interrottisi con l’arresto – e la successiva carcerazione – nel settembre dello scorso anno. «Non riuscivo a contenere il mio stimolo sessuale» ha ammesso assumendosi ogni colpa, anche oggi in aula, il 20.enne. Durante la requisitoria, la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo – nel proporre una pena detentiva di 40 mesi, sospesi a favore di un trattamento in una struttura chiusa e all’interdizione per 10 anni di esercitare una professione (o un’attività extraprofessionale) a contatto con minorenni – ha ribadito l’importanza del legame tra fratello e sorella: «Sorella che avrebbe dovuto proteggere». Ma così non è stato: «L’imputato conduce una vita sociale ritirata. Approccio alla vita che lo porta quasi naturalmente ad essere egoista, anche nella sfera della sessualità. Le sue vittime – ha sottolineato – le ha trovate in casa» e ha «imposto loro il silenzio, senza mai perdere il controllo». La magistrata, durante il suo intervento, ha parlato inoltre di un percorso che il 20.enne dovrà intraprendere, anche alla luce del fatto che una perizia psichiatrica ha ravvisato un disturbo della personalità. «Un percorso da intraprendere ancora molto lungo» le ha fatto eco Sandra Xavier, legale del 20.enne il quale – ha sottolineato – «oggi ha dimostrato l’assunzione di responsabilità e il desiderio di riscattarsi». Legale che, allo stesso tempo, non ha nascosto «il senso d’orrore nel leggere l’atto d’accusa». Un uomo che «nonostante difficoltà e vergogna oggi si presenta in quest’aula completamente reo confesso». Xavier, evidenziando il sincero pentimento del suo assistito, aggiungendo a titolo personale il «profondo rispetto nei confronti delle bambine», ha chiesto – in virtù del fatto che molti atti siano stati commessi quando era minorenne, dunque richiamando anche il codice penale minorile – che il suo assistito venga collocato in un istituto idoneo, chiuso. E che la pena non sia superiore a 36 mesi parzialmente sospesi.

Il tempo sottratto e quello per ricostruire

l tempo è importante per tutti. A maggior ragione quando viene privato. Lo ha evidenziato, durante il suo intervento, la legale della sorellina, Letizia Vezzoni: «Alla bimba è stato privato del tempo per affrontare, nei giusti tempi e modi, la propria sessualità». Una bambina che «non avrebbe mai parlato perché voleva tutelare la famiglia, il fratello». Già, il tempo: per la legale è arrivato anche quello necessario per «ricostruire». L’amica, in aula, era invece rappresentata dall’avvocato Andrea Cantaluppi il quale ha parlato di una vicenda che ha toccato i «limiti estremi di gravità e perversione», con un uomo «che ha agito da calcolatore, in modo violento».