«L'iniziativa per limitare i dipendenti pubblici è pronta»
In vista del congresso dell’UDC di domani a Mendrisio parla il presidente cantonale Piero Marchesi. L’azione politica del partito, il tavolo di lavoro con la Lega e i rapporti con gli altri partiti.
Domani a Mendrisio l’UDC si riunirà in congresso. Qual è il senso di quest’appuntamento dato che non ci sono scadenze elettorali particolari, né nomine statutarie?
«Il congresso è un appuntamento importante per il nostro partito, indipendentemente dalle scadenze elettorali. È un’occasione per riunire la nostra base, discutere delle sfide future e riaffermare i valori che ci contraddistinguono. L’UDC è il partito della ragionevolezza, della concretezza e della vicinanza ai cittadini. Vogliamo ribadire l’importanza di valorizzare il nostro Cantone, contrastare gli sprechi e promuovere una politica che metta al centro chi fa, le famiglie, le imprese e l’economia locale. Questo congresso ci permetterà di apportare una modifica agli statuti, ma anche di fare il punto a livello federale con i concetti per noi importanti, quali la neutralità, il controllo dell’immigrazione e il sistema di asilo, temi su cui l’UDC ha lanciato o sostenuto iniziative popolari che verranno presto trattate dalle Camere federali e poi sottoposte al giudizio del popolo».
È alla testa del partito da diversi anni. Sta già facendo qualche riflessione per il futuro?
«È sicuramente ora di cominciare a pensare all’UDC di domani. In questi oltre otto anni di presidenza ho dato il massimo e credo di aver fornito un buon contributo alla crescita del partito, ora si tratta di preparare la nuova generazione di dirigenti che potrà continuare questo percorso. Non so dirle quando sarà, ma il processo è in corso, le discussioni avviate e alcune potenziali figure le ho già individuate. Va però ricordato che fare il presidente di partito richiede tempo ed energie, soprattutto nelle varie campagne elettorali. Per farlo bene bisogna anche beneficiare di una situazione professionale che permetta di dedicare il giusto tempo e della libertà di prendere posizione su vari temi senza condizionamenti. Condizioni non sempre facili da trovare».
È risaputo che nel 2027 ritenterà la scalata al Consiglio di Stato con l’ambizione di strappare un seggio. L’obiettivo sarà fare quella corsa senza la doppia giacca di presidente e candidato?
«Se chiede ai ticinesi quale sia la visione del Consiglio di Stato per rilanciare il nostro Cantone a livello economico, occupazionale, per creare maggiore ricchezza, per frenare la continua fuga dei giovani oltralpe, al fine di ridurre l’assistenzialismo e il clientelismo che pervade il nostro Cantone, non riceverà molte risposte. Non perché i ticinesi non siano informati, ma semplicemente perché il Governo naviga piuttosto a vista, è sprovvisto di una strategia che permetta di individuare delle risposte concrete. Come ho avuto modo di ribadire nella scorsa campagna per il Consiglio di Stato, il Governo è eccessivamente appiattito sulle posizioni dei singoli capi Dipartimento e questo gli impedisce di ragionare come una squadra. Ogni direttore porta avanti, legittimamente, i suoi progetti nei singoli Dipartimenti, sicuro che tanto nessuno degli altri lo metterà mai in discussione, perché questa è la regola che il Governo si è dato al suo interno. Vige il “io non rompo le scatole a te e tu non le rompi a me”. Questa modalità non offre però una chiara visione d’insieme delle soluzioni per il Ticino. Ecco perché l’UDC ambisce a entrare in Governo, non per sedersi al tavolo assieme agli altri seguendo questa inerzia, ma per provare a cambiare questa dinamica, cercando di produrre qualche soluzione concreta per i ticinesi. Se sarò io il candidato dell’UDC non glielo posso dire oggi, ma ciò che è sicuro è che giocheremo la partita. Poi starà ai ticinesi decidere se continuare con la dinamica attuale o se provare, con tutte le difficoltà e reticenze del caso, a cambiarla».
Come riesce a gestire i suoi diversi ruoli: consigliere nazionale, sindaco di Tresa, presidente dell’UDC, e le altre responsabilità personali e professionali?
«Con impegno, dedizione, buoni collaboratori e con una famiglia che mi sostiene».
Dopo il tris di elezioni (cantonali, federali, comunali) aveva detto che era sua intenzione sedersi subito con la Lega per una strategia comune. Ci sono stati problemi a coordinare le agende?
«Non necessariamente mettiamo tutto in piazza, alcuni incontri si sono già tenuti e a conferma che non ci troviamo solo per dire di averlo fatto, annuncio che a breve lanceremo l’iniziativa popolare per limitare il numero di dipendenti pubblici nell’Amministrazione cantonale. La proposta verrà formalmente sostenuta da un comitato interpartitico con i rappresentanti dei partiti di centro e di destra, che condividono la necessità di mettere un freno alla costante e ingiustificata crescita dei dipendenti pubblici. Il coinvolgimento di politici di altri partiti testimonia la nostra volontà e di quella dell’area di creare maggioranze sui vari temi, come del resto è stato fatto con il decreto Morisoli in Parlamento, con la riforma fiscale, oppure con le due iniziative popolari per abolire la tassa di collegamento e per neutralizzare i valori di stima. Il centro destra, se vuole essere capace di far progredire il paese con progetti concreti deve unirsi sui temi. Noi contribuiamo a farlo».
Il decreto Morisoli bis per frenare la spesa pubblica ha ricevuto una reazione glaciale dagli altri partiti. Se lo aspettava?
«Non sono affatto sorpreso dalle reazioni. Il nostro partito ha sempre avuto una posizione chiara: la spesa pubblica deve essere contenuta per evitare di aumentare ulteriormente il debito pubblico e per impedire allo Stato di mettere le mani nelle tasche dei ticinesi con aumenti di tasse e imposte per coprire i deficit. Il decreto Morisoli bis non è una provocazione, si tratta di una proposta concreta per frenare l’aumento incontrollato della spesa e ridare sostenibilità alle finanze cantonali, con una formulazione più morbida rispetto alla versione precedente, che ricordo essere stata approvata dal popolo e non applicata dal Parlamento. Che gli altri partiti, anche quelli che hanno sostenuto il primo decreto, ora si dichiarino contrari, è piuttosto incomprensibile. Siamo consapevoli che molti preferirebbero continuare a procrastinare l’obiettivo del risanamento, noi vogliamo invece essere concreti e la proposta che è sul tavolo è la risposta agli studi esterni, ai gruppi di lavoro e alle varie proposte che servono solo a perdere tempo. Se il Governo avesse davvero voluto risparmiare sulle spese del personale non avrebbe assunto altri 750 dipendenti pubblici negli ultimi 5 anni. Siamo seri, chi oggi rifiuta il decreto Morisoli bis è quantomeno corresponsabile dello sfascio delle finanze del Cantone. Spero che questi partiti possano ravvedersi, oppure proporre delle misure alternative che non siano però uno specchietto per le allodole. Basta tergiversare, le finanze pubbliche vanno risanate entro il termine della legislatura».
Vi siete rifiutati di entrare nel gruppo di lavoro per affrontare la spesa pubblica ma proponete un freno semiautomatico. Non volete assumere piena responsabilità?
«No, ci concentriamo sulle cose concrete, non sugli esercizi alibi che non produrranno mai risultati tangibili».
Qual è la priorità per la politica cantonale da qui al 2027?
«La priorità è sicuramente il risanamento delle finanze cantonali. Ma non solo: dobbiamo anche lavorare per ridurre la burocrazia, sostenere l’economia locale, rilanciare l’occupazione che genera ricchezza, creare migliori condizioni affinché i giovani possano rimanere in Ticino, garantire sicurezza e qualità di vita per tutti i cittadini. Vogliamo un Ticino che premi il lavoro, che sia attrattivo per le imprese e che protegga i nostri valori e la nostra cultura. Questi sono i pilastri su cui baseremo il nostro impegno fino al 2027 e oltre. Da fuori o dall’interno del Governo».