Lite e pugni in discoteca: al tappeto ci va l’inchiesta
Quella approdata in aula questa mattina è una storia che non ha molto di diverso dalle tante, troppe, che si verificano ai margini della movida luganese. Una serata in discoteca, qualche parola di troppo per futili motivi, e una persona rimedia dei cazzotti. Questa volta, però, al tappeto ci finisce... l’inchiesta. La vicenda che vi raccontiamo ha come protagonisti due giovani imputati: un 23.enne svizzero del Luganese e un 26.enne italiano, anch’egli del Luganese, alla sbarra davanti alla Corte delle assise correzionali per rispondere dell’accusa di aggressione (il 26.enne anche per lesioni, in relazione a un altro episodio da lui ammesso).
I fatti risalgono però a ben cinque anni fa, per la precisione alla sera del 22 dicembre 2019. In una discoteca di Lugano va in scena quanto descritto poc’anzi, ma le versioni dei due imputati, comparsi di fronte alla giudice Francesca Verda Chiocchetti, divergono. Secondo l’atto d’accusa stilato dalla procuratrice pubblica Valentina Tuoni, quella sera un giovane (costituitosi accusatore privato e patrocinato dall’avvocato Stefano Pizzola) aveva avuto un diverbio con il 23.enne (difeso dall’avvocato Emanuele Ganser), il quale gli avrebbe sferrato dei calci e dei pugni dopo che una terza persona non identificata lo avrebbe bloccato da dietro. Lo stesso avrebbe fatto il 26.enne (rappresentato dall’avvocato Samuel Maffi). Inoltre, dopo essere stati allontanati dal locale e fuori dallo stesso, i due imputati gli si sarebbero avvicinati con fare minaccioso, mentre una terza persona, anch’essa mai identificata, lo aveva infine colpito al volto rompendogli un dente. Una ricostruzione fermamente respinta dai due imputati, i quali hanno affermato di non aver mai alzato le mani.
La Corte, lo diciamo subito, li ha prosciolti. A pesare, oltre alla credibilità delle parti (come vedremo in seguito) è stata anche la violazione del principio di celerità. Come detto, i fatti risalgono al 2019 e uno degli imputati, il 23.enne, era stato interrogato solo 9 mesi dopo la presunta aggressione. Ma non solo: tra un confronto e l’altro era passato un anno e – ha annotato Verda Chiocchetti – gli agenti di sicurezza del locale andavano interrogati molto prima. Dulcis in fundo, le opposizioni ai due decreti d’accusa spiccati nei confronti degli imputati (ecco perché si è arrivati in aula) erano state notificate un anno dopo. Insomma, a livello procedurale non tutto è filato liscio. «La vicenda è stata accertata in modo caotico», ha infatti rimarcato Ganser nella sua arringa.
Passando ai fatti, trattandosi di un processo indiziario (solo per il secondo episodio, ossia i due pugni inferti dal 26.enne a un altro ragazzo nel dicembre del 2021, c’erano le immagini della videosorveglianza) molto è dipeso dalla credibilità delle vittime.
Per la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo (che ha dovuto sostituire la collega durante il dibattimento) «la vittima ha fornito una versione dei fatti lineare e coerente, a differenza degli imputati». «Si sono contraddetti più volte, anche oggi in aula», ha rincarato Pizzola.
Le difese, fondamentalmente, hanno detto la stessa cosa della vittima. «Il mio assistito ha sempre detto di non aver mai tirato un pugno. Agli atti non ci sono prove del contrario», ha affermato Maffi. «Le versioni degli imputati sono incoerenti e contraddittorie. Ma lo stesso lo si può dire della vittima», ha argomentato Verda Chiocchetti. Pertanto, il 23.enne e il 26.enne sono stati prosciolti dall’accusa di aggressione. Il giovane italiano è invece stato condannato a una pena pecuniaria sospesa per tre anni per i fatti ammessi: lesioni semplici in relazione ai fatti del dicembre 2021 e guida in stato di inattitudine. Per lui, Tuoni aveva proposto una pena di 10 mesi sospesi per 4 anni.