«Lo chef a domicilio funziona: non bisogna fermarsi»

Gran parte delle attività legate al turismo e i negozi «non essenziali» sono certamente le categorie più colpite dalla pandemia, a causa delle dure restrizioni contro la diffusione del coronavirus, come il lockdown e le chiusure. I ristoranti dopo l’ennesimo giro di vite imposto dalle misure antiCOVID hanno provato a rilanciarsi sostanzialmente con due servizi: il food delivery e lo chef a domicilio. Per gli addetti ai lavori, proprio il secondo servizio potrebbe essere una valida soluzione in futuro. Ne abbiamo parlato con Bernard Fournier, noto chef del ristorante Da Candida a Campione d’Italia, che durante la pandemia ha introdotto lo chef a domicilio.
Bernard Fournier, come funziona il servizio di chef a domicilio?
«Si organizzano vere e proprie cene a casa del cliente. Noi non portiamo solo le nostre specialità, ma anche tovaglie, posate e bicchieri. Il cibo di base lo prepariamo al ristorante, poi finiamo la cottura e l’impiattamento a casa di chi ha richiesto lo chef a domicilio. Una vota lì, troviamo il tavolo vuoto e la cucina pulita: è un servizio completo».
Avete introdotto il servizio per far fronte alle restrizioni legate alla pandemia? Ha avuto buoni riscontri?
«Sì, lo abbiamo introdotto durante la pandemia: nelle situazioni difficili bisogna muoversi e cercare la positività. A noi è andata bene perché ci siamo mossi subito, già durante il primo lockdown, ed ha avuto davvero buoni riscontri. Il servizio ha raggiunto il suo apice tra novembre e dicembre. Dopo le feste abbiamo registrato un calo, ma in generale è andato molto bene e ci ha permesso, cosa molto importante, di mantenere il contatto con i clienti abituali».
Chi sono i clienti che in genere usano il servizio?
«Di base sono proprio i clienti affezionati di Da Candida: loro lo hanno apprezzato molto. E poi abbiamo scoperto nuovi avventori. Di solito sono persone di mezza età, dalla coppia ai gruppi di massimo 8 amici, per rispettare le misure sanitarie. Abbiamo avuto anche clienti che si sono concessi 3 cene a casa in 3 mesi».
In che zona avete lavorato maggiormente?
«Tra food delivery e chef a domicilio, la zona coperta va da Lugano Nord fino a Chiasso».
Lo chef a domicilio può rappresentare una soluzione per il futuro della ristorazione?
«La nostra esperienza ci dice di sì. Non solo perché ha funzionato bene, ma perché abbiamo chiesto il parere dei clienti: hanno tutti apprezzato la novità. Quando la pandemia sarà alle spalle sicuramente continueremo a proporre questo servizio, per quanto possibile».
Tutti i ristoranti colpiti dalle misure antiCOVID dovranno adattarsi a questo servizio?
«Ne sono convinto. Nei momenti di crisi non bisogna fermarsi ad aspettare gli aiuti - che chissà quando arrivano - o piangersi addosso. Bisogna reinventarsi, provare soluzioni alternative, scoprire nuovi canali. Io credo che dopo il coronavirus, nessuno lavorerà più come prima: bisognerà ripensare tutto il mondo della ristorazione. Dovremo riuscire ad adattarci tutti. Come i negozi sono passati allo shopping online, i ristoranti dovranno proporre anche lo chef a domicilio. È importante farsi trovare pronti».