Lo scarto indigesto al ristoratore

LUGANO - Pance piene e piatti vuoti, o forse no. Non sempre infatti ci si alza da tavola solo dopo aver fatto la scarpetta o, per lo meno, avere terminato quanto ci ha servito l’oste. Stiamo parlando del cosiddetto «food waste», ovvero lo spreco alimentare che in particolare il settore della ristorazione si trova costantemente a dover gestire. «In media gli scarti ammontano a un 20-25% di quanto acquistato dal ristoratore, di cui un 10% circa finisce nella pattumiera mentre il restante è quanto viene prodotto in più o scartato durante la fase di preparazione» spiega il presidente di GastroTicino Massimo Suter. L’impegno dei gerenti e del personale in cucina nel ridurre questa percentuale è sempre molto, come afferma Suter: «È in cima alla scala delle priorità. Si pone sempre grande attenzione nell’acquistare in maniera più oculata e nel produrre con intelligenza». Sì perché quanto avanza o viene escluso dal menù, diciamo così, rappresenta un costo non indifferente per il ristoratore che deve occuparsi del suo smaltimento: «Con l’avvento della tassa sul sacco anche i rifiuti rappresentano una voce di spesa tutt’altro che indifferente» osserva il gerente dell’Antico Grotto Ticino a Mendrisio Peter Raith. Per poi aggiungere: «Non ci sono più come una volta tanti contadini che sono disposti a portare via il pane raffermo o gli scarti di frutta e verdura. Ci salviamo facendo una buona separazione di vetro, plastica e carta, riducendo all’osso il quantitativo dell’umido». Non per tutti però l’impatto dei resti in cucina si dimostra tanto costoso: «A conti fatti è poco il nostro spreco è davvero poco» rileva Ronnie Figura, gerente del ristorante Vallemaggia a Locarno. Per poi aggiungere: «Gli scarti crudi, come le bucce della frutta o quello che raccogliamo durante la preparazione delle verdure, finisce in fattoria. A cibarsene sono in particolare conigli e capre». Ma quanto rimane in definitiva nei piatti dei commensali? «Da noi solo un 2% circa torna in cucina - prosegue il gerente di Locarno - questo perché le porzioni sono calcolate, abbiamo una clientela fissa e sappiamo già quanti coperti aspettarci per la giornata. Questo ci permette di fare acquisti ponderati e rinnovare ogni giorno la carta. Non riproponiamo i piatti del giorno prima, anche le nostre torte sono preparate quotidianamente». Un valore aggiunto questo che oltre a ridurre gli sprechi assicura una maggior freschezza: «Spesso la sovrapproduzione finisce nel menù del giorno seguente - evidenzia Suter - e le proposte del pranzo di Santo Stefano o del cenone di Capodanno sono spesso figlie del pranzo di Natale». Per poi fare qualche esempio: «Le verdure che non vengono utilizzate il giorno stesso, l’indomani sono trasformate magari in una zuppa. Oppure le classiche polpette, così come le lasagne, preparate con la carne che il giorno prima non è stata consumata». Ma la cosiddetta «doggy bag», che oltreoceano riscuote sempre successo, trova spazio anche in Ticino? «Capita sovente che il cliente la richieda - rileva Raith - in particolare capita per la polenta e il brasato, malgrado le nostre porzioni non siano così abbondanti. Piuttosto che buttare, preferiamo di gran lunga preparare il pacchettino per i nostri clienti. Anche se, devo dire, i contenitori per la doggy bag ci costano di più rispetto al loro smaltimento». Un escamotage, quello del pacchetto destinato a Fido, che permette di ridurre l’impatto degli avanzi del ristorante. «D’altra parte, avere degli scarti alimentari pari a zero è un utopia - spiega ancora Suter - ed è normale produrre qualcosa di più rispetto al numero dei coperti previsti, perché c’è sempre qualcuno che si presenta senza aver riservato. Lo stesso vale per i quantitativi, un piatto ricco è pagante all’occhio del cliente». Ma il presidente di GastroTicino segnala anche un’altra tendenza, la «wine bag»: «Ultimamente sono poche le bottiglie ordinate che non vengono finite. Molti preferiscono piuttosto comandare un bicchiere alla volta, per non eccedere e per pagare solo quello che consumano. Tuttavia non manca chi richiede di portare via la bottiglia, qualora non si riesca a finire al ristorante».