L'odissea dei ticinesi a Rodi è finita

«Stiamo bene». Dopo lo spavento, i ventuno ticinesi intrappolati hanno potuto lasciare Rodi. E la Grecia. A confermarlo, al Corriere del Ticino, è Serena Baggi Santillo. Con una voce, al netto della situazione, molto più tranquilla e rilassata.
«Alla fine – dice Serena – ci siamo dovuti attivare noi. Né l’agenzia viaggi in Svizzera né tantomeno il riferimento sul posto, infatti, hanno fatto qualcosa. Pur garantendo che si sarebbero fatti vivi con una soluzione». Da una parte il fuoco, dall’altra l’incertezza. Oltre a una scarsità di voli in partenza da Rodi. «Eravamo in questa scuola, precari, con undici bambini in tutto. E così, appunto, abbiamo deciso di muoverci per conto nostro».
Nello specifico, la comitiva si è imbarcata su un traghetto per Kos, ieri sera; quindi, ha passato una notte in albergo. L’importante, è lapalissiano, era lasciare al più presto Rodi. «Abbiamo potuto cenare, lo staff dell’albergo a Kos si è dimostrato gentilissimo: sapevano, del resto, che stavamo scappando da un incendio. Stamane i bambini, dopo colazione, hanno potuto giocare un po’ nella piscina della struttura». Poi, finalmente verrebbe da dire, il rientro in Ticino via Malpensa. «Un gruppo è partito alle 14.30, l’altro partirà in serata».


D’accordo, ma l’agenzia? «Ci siamo rivolti, una volta di più, alla ragazza presente a Rodi. Ci ha soltanto detto che avrebbe controllato in che condizioni erano le nostre stanze, se qualcosa si era salvato dalle fiamme. Al riguardo, per ora, non ci sono molte certezze. Nessuno ha parlato con noi, né ci ha dato informazioni. Sui social e nelle varie pagine dedicate a Rodi c’è chi afferma che l’hotel è andato distrutto e chi, invece, spiega che solo una parte è stata avvolta dalle fiamme». Anche dal Ticino, qualcuno, si è palesato. «Ma solo per farci i complimenti, visto che lui, da lì, non aveva saputo trovare nulla». Paradossale, quasi.
Serena, infine, torna sui contatti con il DFAE: «Anche loro, in pratica, non li abbiamo più sentiti. E dire che ci eravamo registrati, correttamente, sulla loro App. Quella, banalmente, per dire dove ti trovi. Ho letto che il Dipartimento ha inviato un funzionario a Rodi. E che ha messo a disposizione una helpline. Noi, però, ci eravamo fatti vivi già sabato sera e poi, di nuovo, domenica mattina. La sola risposta che ci è stata data? Affidarci alle autorità locali. Peccato che qui, in Grecia, nessuno sapesse qualcosa. L’unico ricordo positivo di tutta questa vicenda, beh, è l’aiuto della popolazione locale. Tutti, ma proprio tutti, si sono prodigati con bevande, cibo, coperte, asciugamani. Il resto, invece, è stato deludente. Un’emergenza non si gestisce così».