Aviazione

L’ombra dei tagli sull'aeroporto di Lugano-Agno

I risparmi della Confederazione potrebbero colpire gli otto scali regionali svizzeri, compreso quello di Lugano - In totale verrebbero a mancare 30 milioni destinati al controllo del traffico aereo - Il direttore Davide Pedrioli: «Dovremmo chiedere aiuto alla Città»
© CdT/Gabriele Putzu
Giona Carcano
29.03.2025 06:00

Nella rete lanciata dal rapporto Gaillard sono rimasti impigliati anche gli otto aeroporti regionali svizzeri. Fra i quali figura anche quello di Lugano-Agno. Il gruppo di consulenti economici incaricati dal Dipartimento federale delle finanze di verificare i compiti e di riesaminare i sussidi versati dalla Confederazione aveva l’obiettivo di individuare possibili risparmi per oltre 3 miliardi sull’arco di due anni. Una cifra necessaria, era stato spiegato, per ristabilire l’equilibrio finanziario del bilancio dello Stato. Il rapporto ha individuato decine e decine di possibili misure di austerità: un pacchetto già ora fortemente criticato dai Cantoni e da altri gruppi di interesse, fra i quali appunto anche l’Associazione svizzera degli aerodromi, che critica «l’ennesimo riversamento di oneri alle autorità cantonali e locali». Gli scali in questione perderebbero di colpo 25 milioni di franchi, soldi che coprono la sicurezza e il controllo aereo garantiti da Skyguide. Un importo vitale per quasi tutte le piccole e medie strutture: i gestori di San Gallo-Altenrhein, ad esempio, hanno fatto sapere sulla stampa d’Oltralpe che l’aeroporto è a serio rischio chiusura. Anche per lo scalo di Lugano-Agno l’importo è rilevante. Si parla di circa 5 milioni l’anno, che permettono appunto di assicurare l’operatività costante della torre di controllo. Un elemento essenziale per garantire elevati standard di sicurezza per tutti i movimenti registrati sulla pista ticinese (nel 2024 sono stati oltre 21 mila, il 12% in più rispetto all’anno prima). Ma, appunto, senza la garanzia del sussidio federale il pericolo di doversi ridimensionare è molto elevato.

Un pacchetto indigesto

Nel rapporto Gaillard è finito il fondo speciale per il traffico aereo, un fondo istituito dalla Confederazione al pari di quelli per strade e ferrovia. Per legge, le risorse che vengano dall’aviazione devono, almeno in parte, tornare all’industria aeronautica nazionale. «Il fondo è alimentato nella misura del 50% dai dazi sui carburanti dell’aviazione», spiega a questo proposito Davide Pedrioli, direttore di Lugano Airport, che fa notare come già da un decennio l’altra metà (circa 45 milioni di franchi) va a finire nelle casse della Confederazione. Ed è proprio la prima parte a essere finita fra i possibili tagli, laddove la sicurezza aerea degli aeroporti regionali potrebbe contribuire in ragione dello 0,5% delle misure Gaillart, fa notare Pedrioli. «La situazione al momento è fluida», spiega ancora. Il riferimento è alle misure di austerità, che devono ancora seguire l’iter di Palazzo federale (il pacchetto è stato messo in consultazione dal Dipartimento federale delle finanze fino al 5 maggio). Poi toccherà al Consiglio federale proporre un messaggio al Parlamento. «Le Camere negli ultimi anni hanno sempre dimostrato di aver consapevolezza della valenza dell’aviazione nel “sistema Svizzera”, sottolinea il direttore. «Il problema è che dentro questo pacchetto ci siamo anche noi. Il finanziamento delle attività di Skyguide negli aeroporti regionali svizzeri è garantito per il 90% dal fondo, il rimanente 10% deriva invece dalle tasse aeroportuali per ogni avvicinamento». Ecco perché «per noi il tema è molto delicato», ammette Pedrioli. «Vorrebbe dire chiedere un finanziamento maggiore da parte della Città, aumentare le tasse d’uso e, ipoteticamente, tornare a disporre anche di un contributo da parte del Cantone». Il tutto si tradurrebbe in una minore importanza degli scali di questo tipo. «La valenza nazionale degli aeroporti regionali, anche per questi aspetti, verrebbe svilita e lasciata alle autorità locali». Va altresì evidenziato che gli aeroporti regionali, di concerto con Skyguide e l’Ufficio federale dell’aviazione civile, stanno pianificando ed implementano misure di riduzione dei costi della sicurezza aerea. Su questa linea lo scorso anno il Parlamento ha adottato una mozione che propone di tornare a un completo finanziamento federale, attingendo al fondo speciale citato, della sicurezza aerea degli aeroporti regionali.

Il «business» dei jet

Ad ogni modo, si tratta di un nuovo duro colpo da digerire dopo anni molto complicati per queste strutture. E per uno scalo come quello luganese, fortemente orientato al settore «business», il taglio avrebbe conseguenze difficili da prevedere. «Facciamo circa 8.000 movimenti d’affari all’anno su un totale di 20 mila movimenti», precisa Pedrioli. A Lugano i jet privati costano agli utenti circa 100 milioni di franchi l’anno. Una somma che non rientra nel PIL cantonale, ma che serve comunque a definire l’impronta economica che questa attività d’affari lascia sulla regione. «La maggior parte degli utenti risiede o ha un’attività commerciale nel nostro cantone», avverte ancora Pedrioli. Tradotto: mettere in forse questo tipo di aviazione rischia di spingere lontano dal Ticino i «globalisti», ma non solo. «Sia ben chiaro: si tratta di una decisione politica».

Le ipotesi

Senza il contributo della Confederazione, il futuro di Lugano Airport sembra incerto. «Dovremo rivedere gli orari di apertura, se tenere l’azienda Skyguide o rivolgerci ad altre società di sicurezza aerea meno costose», rilancia il direttore. «Significa entrare in un contesto completamente differente da quello che conosciamo oggi. Anche in termini di posti di lavoro». E se davvero la misura sugli aeroporti regionali venisse approvata, anche gli utenti sarebbero chiamati alla cassa: potrebbero essere 1.000 franchi in più per ogni atterraggio. Una cifra che il mercato difficilmente potrebbe accettare, anche perché Lugano vive una forte concorrenza con gli scali lombardi, Malpensa su tutti. «La torre di controllo è l’ultima garanzia per disporre di una sicurezza di volo completa. Inoltre, la sicurezza aerea rientra nei compiti dello Stato». A salvarsi dal possibile schianto, al momento, sono gli aeroporti di Grenchen e Berna-Belp, che riceverebbero comunque la metà dei finanziamenti previsti oggi. «Quella di Gaillard è una proposta superficiale», taglia corto Pedrioli. «Si è detto che quegli scali sono importanti per la formazione dei piloti e per i voli di Stato, senza considerare che anche tutti gli altri aeroporti fanno molta formazione e hanno scuole di volo».

Per far fronte alla minaccia dei tagli, già da qualche mese si fa fronte comune con l’Associazione degli aerodromi svizzeri, «che si sta muovendo in tutte le direzioni per scongiurare il rischio», dice il direttore. «È chiaro, tutti i settori colpiti stanno cercando di fare qualcosa e di mettere l’accento sulla loro importanza e sulle loro specificità. Ma un taglio del genere significa mettere in seria difficoltà gli aeroporti regionali, lasciare a casa diversi controllori di volo e qualche decina di funzionari dell’Ufficio federale, su questo non c’è dubbio. Anche perché si parla del 2027, il tempo è davvero pochissimo».

La lettera al Governo

Per «salvare» Lugano Airport (scalo che negli ultimi anni riesce a chiudere in utile) si sta però muovendo anche il Municipio, che proprio nelle scorse settimane ha scritto una lettera al Consiglio di Stato. Lettera, a quanto ci risulta ancora senza risposta, che chiede al Governo di inserire nella consultazione sui tagli della Confederazione anche l’aspetto critico dello scalo. «Fortunatamente, siamo ancora in fase di consultazione», rileva a questo proposito Filippo Lombardi, responsabile del Dicastero sviluppo territoriale di Lugano. Insomma, non è ancora detta l’ultima parola. «E per questo dobbiamo esercitare tutta la pressione possibile per evitare che la misura venga applicata», aggiunge il municipale ed ex «senatore». «Il possibile taglio mette una seria ipoteca sullo scalo, contro la quale dobbiamo combattere in tutti i modi. Se davvero si concretizzasse, vorrebbe dire mettere in dubbio l’attuale sistema tariffale. Con tutte le conseguenze del caso: la concorrenza, per Lugano Airport, è molta. Siamo a un tiro di schioppo da Malpensa».