Pandemia e oltre

Lugano: che ne sarà del delivery ora che tutti hanno riaperto?

La consegna a domicilio ha contribuito a tenere in piedi la ristorazione durante la pandemia - È un mercato in cui si sono buttati in parecchi, ma ora gli ordini sono in calo e c’è chi rinuncia - Altri invece son convinti che l’abitudine non sparirà
John Robbiani
01.07.2021 06:00

«Debutto da brividi per Deliveroo, crolla del 30% alla Borsa di Londra» (Il Sole 24 Ore, marzo 2021). «Il mercato del delivery è come una bicicletta che sta per schiantarsi» (The Telegraph, maggio 2021). «Ecco perché, dopo il boom, il mercato del delivery potrebbe presto crollare» (The Economist, maggio 2021). Sono questi i titoli di alcuni articoli che tentano di analizzare il futuro del mercato della consegna a domicilio. Un mercato letteralmente esploso durante la pandemia (con aziende che sono approdate in borsa) e che ha contribuito, anche da noi, a tenere in piedi la ristorazione durante il lockdown e oltre. Un mercato in cui - spesso in fretta e furia - si sono infilati in parecchi (in troppi forse?), capendo che, almeno a medio termine, avrebbe avuto successo. Ma come è la situazione ora che bar e ristoranti hanno riaperto? Il delivery sopravvivrà? O questo anno e mezzo di pandemia ha abituato i luganesi ad approfittare del servizio, creando un’abitudine che resterà? Lo abbiamo chiesto a diversi operatori e le risposte sono piuttosto contrastanti.

«Caduta libera»
Dilo’s, in via Balestra, è uno dei ristoranti che durante la pandemia è emerso grazie al suo servizio di consegna a domicilio. La sua «cucina cosmopolita» è stata molto apprezzata dai luganesi. «In quel periodo - ci viene confermato - abbiamo lavorato molto bene. Dovevamo letteralmente correre. Ora il delivery rappresenta probabilmente solo il 5% del nostro mercato. Siamo passati dal 100% al 5% in poco tempo». Comprensibile. Le riaperture, e il caldo, spingono i clienti a voler tornare nei ristoranti per passare una serata in mezzo alla gente e in molti si sono stufati di mangiare a casa. Ma non è solo quello. «Si sente anche la riapertura delle frontiere con l’Italia. Tanti ticinesi sono tornati ad andare a mangiare a Como, a Porlezza o a Ponte Tresa. Chissà, forse in autunno o in inverno torneranno ad ordinare cene a domicilio».

«Noi apriamo a Faido»
Anche Delaf, in via Franscini, si è fatto un nome a Lugano grazie al servizio a domicilio servendo sia piatti pronti che materie prime. In questo periodo gli ordini sono in calo. «Anche noi - ci spiegano - sentiamo la riapertura delle frontiere. E a Lugano la concorrenza è enorme. Ad ogni angolo c’è chi offre cibo d’asporto o a domicilio. È anche per questo che stiamo ricalibrando il nostro business. Apriremo un ristorante a Faido, con la possibilità di acquistare i nostri prodotti sul posto, mentre a Lugano manterremo un negozio self-service, senza personale, in cui si potrà accedere con un badge e acquistare i prodotti pagandoli con il telefonino».

«L’onda e la risacca»
Molti dei ristoratori che abbiamo interpellato (soprattutto coloro che, nella primavera del 2020, sono stati «costretti» a lanciarsi nel delivery) si sono detti convinti che il boom sia ormai passato e che il mercato si ridimensionerà. Ma c’è chi, e non sono comunque pochi, ci crede ed è convinto che il delivery avrà un futuro sempre più importante. «C’è stata come un’ondata - ci spiegano da Amalo, a Molino Nuovo - che ha spinto molto il delivery, anche perché i clienti non avevano alternative, e poi una risacca che ha riportato le persone al ristorante tradizionale. Ma la risacca non ha eliminato l’onda. La consegna a domicilio continuerà ad avere un ruolo importante e, infatti, continuiamo a spingere su quel mercato». Analisi analoga anche da parte di Mipiaace.ch, azienda presente a Lugano da un anno e che si occupa di portare a casa dei clienti i piatti cucinati da diversi ristoranti. «C’è sì stata una flessione, ma i clienti continuano ad usufruire di questo servizio. L’abitudine è rimasta».

«20% di crescita ogni anno»
E ci crede anche Jonathan Kass, titolare dello storico Etnic (prima al Maghetti, ora a Pregassona). «Faccio delivery da più di 10 anni - ci spiega - e ogni anno vedo un aumento del 20%. Tanto che mi è perfino già passato per la mente di fare solo quello». E c’è chi, anche a Lugano, in effetti ci ha pensato, creando cucine (o laboratori) che si affidano per i loro affari solo al take away e al digitale. «Poi però - continua Kass - ecco il solito dilemma: avrebbe successo un delivery che non ha come punto di riferimento un ristorante vero e proprio? Probabilmente sì. Alla fine è la qualità a contare. Ecco anche perché questo settore non è facile per tutti. Non si può improvvisare». Ci vuole organizzazione. «Già. I clienti non perdonano».

La guerra dei grandi operatori
A livello mondiale è in corso quella che in molti chiamano la «guerra della consegna a domicilio» (The food delivery war), con giganti che tentano di spartirsi un mercato che nel 2019 valeva 107,4 miliardi di dollari. In campo ci sono aziende come Uber Eats, DoorDash, Grubhub, Amazon, Postmates e, in Europa, Glovo, Just Eat e Deliveroo. Anche a Lugano si è visto durante la pandemia un moltiplicarsi di società che si occupano di offrire, in outsourcing, il servizio a domicilio per conto dei i ristoranti (mentre altri si sono organizzati per conto loro, per evitare le commissioni). Alcune di queste società erano presenti da tempo, altre sono arrivate in cerca di fortuna. La concorrenza è diventata grande e - come rivelato in novembre da un servizio di Patti Chiari della RSI - l’importante è che a pagarne le conseguenze non siano i driver (gli autisti incaricati di portare i pasti a casa dei clienti), che alcune aziende pagano a cottimo e a cui non vengono riconosciuti oneri sociali e assicurazioni. Alcune società si sono comunque nel frattempo regolarizzate.