Aperture domenicali

Lugano, non cambi mai: città frequentata, negozi chiusi

Passeggiata domenicale in centro dopo la campagna della Società commercianti – Quasi nessuno approfitta della nuova legge – Eppure i potenziali clienti non mancano, soprattutto italiani
Serrande giù.  (Foto Putzu)
Giuliano Gasperi
28.02.2022 06:00

Qualcosa non torna, indipendentemente da come la si pensi sui negozi aperti la domenica. Non torna perché la Società commercianti, nei giorni scorsi, aveva acquistato una pagina del nostro giornale e affisso manifesti per annunciare che «A Lugano finalmente è domenica» e invitare tutti, in questo momento della settimana, a «tornare serenamente nelle vie cittadine vivendone appieno i negozi, i piccoli artigiani, la ristorazione e il calore umano delle attività commerciali». Un invito ai clienti, e indirettamente agli affiliati della società. I primi c’erano, i secondi no.

Un giro (quasi) a vuoto
Sono circa le 14.30 quando iniziamo la nostra passeggiata in centro per fare un punto della situazione. Nei corridoi del Quartiere Maghetti tutto tace. Non vediamo negozi aperti nemmeno lungo via Vegezzi, dove il silenzio è interrotto solo dal chiacchiericcio e dal rumore di tazzine provenienti da un bar. Ecco: i bar aperti sono diversi, tutti ben frequentati. Non siamo ad agosto, d’accordo, ma di persone a Lugano ce sono. La nostra ricerca di un negozio aperto, però, continua a non dare esito. Via Luvini, via Soave, piazza Cioccaro: niente. Resta un’ultima strada, il luogo simbolo dello shopping, via Nassa, ma nemmeno qui, dietro le vetrine, vediamo commessi in attesa dei clienti. Arriviamo in piazza Luini, davanti a un Belvedere abbastanza affollato, ma i fari delle boutique al primo piano del vecchio Palace sono spenti: non ci resta che tornare verso piazza della Riforma. Quando sembra che non ci siano più speranze, in piazza Manzoni notiamo un appendiabiti con alcuni vestiti agitati dal vento. Una porta aperta: è quella del negozio d’abbigliamento SH21.
«Noi è da un anno e mezzo che siamo aperti tutte le domeniche» spiega il commesso aprendosi in un sorriso. «Ci mettiamo nei panni dei clienti: in settimana tutti i chiudono alle 19, o anche prima, e spesso le persone non hanno il tempo di andare a fare shopping. Oggi invece possono farlo con più tranquillità». Il ragionamento non fa una grinza e i risultati sembrano esserci. «Abbiamo un buon riscontro: la domenica incassiamo anche di più rispetto a un giorno in settimana. Oggi, ad esempio, sono venuti diversi italiani». Per forza: a parte il fatto che Lugano, per chi vive nel Comasco o nel Varesotto, è da sempre una meta invitante per una passeggiata domenicale, la differenza che esiste in questo periodo a livello di restrizioni per la pandemia è una tentazione forte a passare la frontiera e togliersi la mascherina. «Abbiamo un punto vendita anche in via Nassa – continua il commesso – ma la domenica lo teniamo chiuso perché lo sono tutti quelli vicini e i passanti, per questo, tendono forse ad andare dritti, senza prestare troppa attenzione alle vetrine. Qui invece beneficiamo di una posizione fantastica e il passaggio non manca». Il fatto che la stragrande maggioranza non apra, comunque, penalizza tutti, perché le persone continuano a pensare che Lugano, la domenica, non sia un luogo per fare compere.

Un tema che divide
Di tutto ciò abbiamo parlato con il presidente della Società commercianti Rupen Nacaroglu, che fa una premessa: «La nostra campagna non va fraintesa. Non volevamo dire ‘sarà tutto aperto, venite pure’. L’intenzione era sottolineare il fatto che stiamo uscendo dalla pandemia, che esiste una nuova legge sulle aperture domenicali e che questa situazione può essere sfruttata da tutti». Per Nacaroglu è anche questo il compito di un’associazione di categoria. «Non possiamo limitarci a fare da tramite con le autorità». La «base» non ha risposto allo stimolo, ma il presidente rimane fiducioso: «Vogliamo portare avanti il discorso gradualmente, ed era comunque la prima campagna dopo la fase acuta della pandemia». «In ogni caso il tema divide: alcuni soci sono a favore di queste aperture, altri sono scettici: o perché non credono che convenga, o perché non hanno la possibilità materiale di avere qualcuno dietro il bancone la domenica. È comprensibile e rispettiamo le sensibilità di ognuno. Noi continueremo a sensibilizzare, anche perché è un opportunità importante per il settore turistico. Siamo consapevoli che cambiare le abitudini è difficile, servirà tempo».

Con gli orari d'ufficio non si supera la crisi – IL COMMENTO

Ma non c’era la crisi? – commenterebbe qualcuno con malizia di fronte a tutti quei negozi chiusi. Usciamo subito dalla retorica: la crisi, per il commercio al dettaglio, esiste eccome. Delle sue cause abbiamo parlato tante volte. Quella che forse ha il maggiore impatto è la costante crescita del commercio online, che ha trovato un’ulteriore spinta durante la pandemia. Una pandemia nel corso della quale diversi negozianti, fra l’altro, hanno dovuto pagare l’affitto ai proprietari delle mura anche quando gli incassi erano pari a zero, o quasi. Difficoltà su difficoltà. Proprio per questo è illogico non approfittare delle opportunità offerte dal mercato: e le frequentate domeniche luganesi lo sono. Qualcuno, per farla semplice, direbbe che il lavoro bisogna prenderlo quando c’è. La questione tuttavia non si limita a un fatto di reattività o d’istinto commerciale. È un discorso che va a toccare l’identità di Lugano e la sua ambizione di essere una città turistica. Non ci riferiamo solo ai visitatori che arrivano dalla Svizzera tedesca, dalla Cina o dai Paesi Arabi e che pernottano in un hotel. È un turista anche il comasco che viene a Lugano la domenica. Ci spingiamo oltre: è un turista anche un abitante di Pregassona che decide di passare una giornata per le vie del centro, tra bar e negozi. La Lugano che abbiamo visto ieri è frequentata come una città turistica, ma non si comporta da città turistica. Non può esserlo se vive con gli orari e la mentalità di un ufficio. Certo, per alcuni commercianti non è facile e forse nemmeno conveniente aprire la domenica. Fare i conti in tasca alle persone non è mai consigliabile. Ma una situazione generale come quella che abbiamo constatato... no, non è accettabile. Non se si hanno certi obiettivi, non se si vuole uscire da una crisi.