L’intervista

«Lugano, sii coraggiosa e gentile con i turisti»

La prossima sarà l’ultima stagione turistica per Alessandro Stella: a giugno 2022 il direttore di Lugano Region andrà in pensione dopo aver guidato l’ente cittadino per dieci anni, a cui vanno aggiunti gli undici, dal 1988 al 1999, alla testa dell’allora Ente turistico del Ceresio
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Giuliano Gasperi
06.09.2021 06:00

Direttor Stella, passerà da responsabile del turismo a... turista? O ha già in mente altre sfide professionali?
«Bella idea quella del turista! – ride, ndr – Vediamo cosa mi riserverà il futuro. Qualche idea ce l’ho, ma è ancora embrionale».

Quali momenti ricorderà sempre di questi anni?
«Cominciando dal passato, posso citare l’organizzazione di alcuni eventi come i mercatini notturni a Melide e soprattutto la realizzazione del Museo Hermann Hesse. Sono stato fra i suoi promotori lanciando la politica in questa avventura, fra mille difficoltà, insieme al mio presidente di allora Nicola Adamini, che purtroppo è da poco scomparso. Sono triste per questo... lui era un motore incredibile. Per gli anni più recenti è difficile fare una graduatoria: ho affrontato tanti impegni, anche dietro le quinte e anche con piccole operazioni che hanno comunque portato a uno sviluppo di Lugano come città turistica».

Negli ultimi tempi si è parlato del fatto che Lugano, dopo l’era delle banche, avrebbe perso la sua identità. Che non sappia più che città è. Se fosse vero, sarebbe un problema per chi quella città deve promuoverla. Lei che idea si è fatto?

«È vero che la crisi della piazza finanziaria ci ha posto di fronte a delle domande. Di positivo c’è che il turismo e il suo indotto sono diventati un tema via via sempre più importante. E con la Città si è lavorato affinché Lugano diventasse un luogo con servizi all’avanguardia che fa star bene tutti. Oggi è un po’ un ibrido, la si può vivere in diversi modi, ma è giusto così. E il turismo, anche se magari non sarà un’alternativa alle banche, può dare una grossa mano».

Ma secondo lei cosa manca a Lugano per diventare una vera città turistica?
«È triste dirlo, ma forse manca una visione chiara a lungo termine. Nascono tante nuove iniziative, ed è bella questa spontaneità, ma serve più pianificazione, come sta facendo il Municipio con la progettazione del polo congressuale e di quello sportivo. Poi c’è un punto debole cronico: al ‘fronte’ scarseggia la cultura dell’accoglienza. Certe volte siamo un po’ provincialotti e chiusi di fronte al ‘forestiero’. Non è tanto una questione politica, ma di atteggiamento nostro. Dobbiamo capire tutti che i turisti portano ricchezza».

Cosa potrebbe imparare Lugano da altre città turistiche del mondo?
«Ad avere più coraggio. Penso in particolare al lago, che da noi, a parte le attività della Società Navigazione, è una piattaforma un po’ morta. Altrove è valorizzato maggiormente, con infrastrutture ad hoc e più attività lungo le rive».

Il costo della vita rimane un ostacolo importante per molti potenziali turisti. Oltre a quello che è già stato fatto con le varie carte sconto, come si possono alleviare gli effetti di questo fattore?
«Quello dei prezzi svizzeri è diventato ormai un cliché, ma non è che visitando città come Parigi, Londra e New York si spenda meno. Il fatto è che in quelle città l’offerta è più segmentata e ci sono proposte per tutte le tasche. Da noi invece manca questa diversificazione. Mi riallaccio però alla questione della cultura dell’accoglienza: qualche sorriso e gentilezza in più, che non costano niente, possono far sì che i prezzi, agli occhi dei turisti, non siano più così importanti».