Lugano, via Nassa perde pezzi
«Un fulmine a ciel sereno arrivato la vigilia di Natale». Così il segretario dell’Associazione via Nassa Mario Tamborini commenta la notizia della chiusura della gioielleria Les Ambassadeurs in via Nassa 5, «una delle più storiche di Lugano». Ai dipendenti la notizia è arrivata poco prima di Natale come un pacco regalo amaro sotto l’albero. Ieri in negozio erano già al lavoro gli operai per lo smantellamento. La chiusura avrà luogo in tempi brevissimi.
Tamborini afferma di non essere a conoscenza dei motivi che hanno portato alla decisione della maison di orologi e gioielli di lusso di lasciare Lugano. «Ma pare sia stata una scelta aziendale dettata dalla crisi. Mi risulta che abbiano deciso di chiudere anche la boutique di St. Moritz per concentrare le attività nelle altre filiali». Oltre alle sedi di Lugano e St. Moritz, la casa fondata nel 1964 ha negozi a Zurigo, Ginevra, Lucerna e in Lussemburgo.
Sulle motivazioni dell’addio a Lugano abbiamo provato a contattare la sede centrale dell’azienda e la direzione della boutique che per ora preferiscono non commentare.
La boutique è in città da quasi quarant’anni. Aveva aperto nel 1983 al numero 11 di via Nassa e nel 2010 si è spostata al numero 5. Nei tempi d’oro vi lavoravano dieci persone, negli ultimi anni erano circa la metà. Lo stabile di proprietà di un privato (e non della Swiss Life Managers Luxembourg, come scritto in precedenza) si prepara quindi a rimanere vuoto («non abbiamo richieste e francamente la vedo dura» dice Tamborini) e la partenza della boutique riporta l’attenzione sulla crisi dei commerci in città in generale e in via Nassa in particolare. «Mi sembrava che prima del lockdown della scorsa primavera ci fosse stata una buona ripresa delle attività di lusso – spiega Tamborini – ma una chiusura come questa è chiaramente un danno collaterale legato alla pandemia: è il primo segnale forte di crisi. Speriamo che non si inneschi un effetto domino».
Un altro saluto?
Effetto domino di cui si è in realtà già iniziato a parlare in riva al Ceresio: da nostre informazioni sembra infatti che nei prossimi mesi anche Gucci, attualmente al numero civico 2, lascerà via Nassa e che siano in corso trattative per terminare alcuni rapporti di lavoro. «Una voce che ho sentito anch’io, ma per ora non so di più» sottolinea il nostro interlocutore. Nella serata di ieri però Claudio Monteverde, head of corporate communcations di Gucci, ha smentito la notizia della partenza da Lugano senza fornire ulteriori dettagli.
È da qualche anno che si discute sul futuro della strada del lusso in un mondo, quello della Lugano di oggi, ben lontano dagli anni d’oro della piazza finanziaria. Il colpo di grazia è arrivato con la pandemia (basti pensare all’assenza dei turisti dello shopping, in particolare dei cinesi che arrivavano apposta con i bus). La voglia di reinventarsi, senza snaturarsi, c’è. «Da qualche tempo sosteniamo che va ripensata tutta l’economia di via Nassa – conferma Tamborini – ma c’è un grande problema: il costo degli affitti. Intavolare un discorso con proprietari in alcuni casi è fattibile e qualcuno c’è riuscito con successo, ma in altri è impossibile soprattutto se la proprietà non è più a Lugano. Le grosse compagnie non hanno interesse e lo spazio rischia di rimanere vuoto a lungo. Come associazione noi consigliamo ai proprietari di andare incontro agli inquilini ma più di così non possiamo fare». Proprio il tema degli affitti era stato al centro dello studio condotto un paio di anni fa dall’USI per far luce sulla chiusura, avvenuta in particolare con la crisi nel 2017, di molti commerci della via.
Recentemente una nota positiva c’è però stata, sottolinea ancora il segretario dell’Associazione Mario Tamborini. «Prima di Natale di fronte alla Coop è arrivato il negozio di mobili Kartell (si è spostato in via Nassa da via Pioda, ndr): la sua presenza rappresenta l’inizio di un cambiamento per la via. Pur essendo di lusso è un’altra cosa rispetto alle gioiellerie e alle boutique».
Affitti troppo cari e differenze di vedute tra i proprietari
Nel 2018 l’USI aveva elaborato uno studio per comprendere le cause della crisi dei commerci luganesi soffermandosi sul problema degli affitti, sollevato anche da Mario Tamborini nella riflessione sulla partenza di Les Ambassadeurs. «Gli affitti – si legge – diventano un problema quando il conto economico di un negozio inizia a diventare cruccio. Di fronte a questa evidente difficoltà proprietari intelligenti hanno compreso e rinegoziato la cifra. Impassibili invece altri, che hanno preferito un locale sfitto e abbandonato a un mancato guadagno. Cosa insensata dal momento che questi immobili sono degli anni 70 e 80 e i loro costi sono già stati coperti». E su via Nassa i ricercatori non avevano usato giri di parole: «Sta scadendo di prestigio, ha perso il suo glamour ed è percepita come la via degli anziani ricchi: poco viva, inaccessibile e non giovanile. Tuttavia, come ogni città che ha la sua via del lusso, anche Lugano deve averne una». Lo studio aveva individuato nell’Associazione via Nassa il suo principale interlocutore. Associazione che, come visto, punta a un rinnovamento, ma fare i conti con la società che cambia e con proprietari di immobili che non scendono a compromessi rende tutto molto più complicato.