«Lui e il fratello avrebbero fornito armi alla cosca Anello»

Ma di cosa è sospettato l’impiegato comunale del Luganese che si è visto piombare in casa la polizia (in un intervento ordinato dalla Polizia federale e dal Ministero pubblico della Confederazione)? A Berna le bocche restano cucite, ma per capire la situazione si rivelano estremamente utili le oltre 3.000 pagine stilate dalla Procura italiana dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che illustrano per filo e per segno i motivi che hanno portato all’operazione e ai 75 arresti. I nomi del luganese e di suo fratello (residente in Argovia) vengono citati in circa 915 occasioni.
Si dice per esempio che «Rocco Anello (considerato il capocosca, ndr) si occupava personalmente del traffico di sostanze stupefacenti e dell’approvvigionamento di armi per conto del gruppo, in particolare importandole dall’estero e segnatamente dalla Svizzera, grazie ai due fratelli XXX». Lì insediatosi - si dice riferendosi al fratello residente in Argovia - in generale si occupava (...) degli interessi economici dell’organizzazione in Svizzera, ricevendo il denaro provento delle attività imprenditoriali situate in Svizzera».
Sempre in merito al fratello dell’impiegato comunale si dice: «In stretto e diretto contatto con Rocco Anello si occupava dell’approvvigionamento di armi per conto del gruppo, in particolare importandole dall’estero e segnatamente dalla Svizzera; in generale, si occupava, per conto del sodalizio, degli interessi economici dell’organizzazione in Svizzera, ricevendo il denaro provento delle attività illecite e rendendo conto ad Rocco Anello delle attività imprenditoriali situate in Svizzera, nonché trasferendogli all’occorrenza i relativi proventi». E anche quando si parla dell’impiegato comunale attivo nel luganese gli inquirenti italiani non usano mezzi termini: «Coadiuvava il fratello nelle attività sopra descritte ponendosi in tal modo a disposizione dell’organizzazione e rendendosi disponibile alle esigenze dell’organizzazione tra cui apparire intestatario fittizio di beni e attività riconducibili al sodalizio». L’uomo si dichiara innocente. Ai colleghi di TicinoNews la moglie ha dichiarato: «Non abbiamo mai avuto a che fare con queste cose. Sono trent’anni che vivo qui, ora mi vergogno con i vicini».
Un fucile d’assalto rubato venduto a un agente infiltrato
Tra le oltre 3.300 pagine del decreto di fermo della Procura di Catanzaro emerge anche la compravendita di un fucile d’assalto SIG 550, noto anche come Fass 90 e in dotazione all’Esercito svizzero. Il fratello del dipendente comunale ticinese avrebbe infatti proposto l’acquisto dell’arma a un agente infiltrato. Il prezzo? Duemila franchi. Il 30 giugno 2019 i due si accordano per la compravendita e si danno appuntamento nel posteggio di un ristorante. Da un successivo controllo di Fedpol emergerà che l’arma era stata rubata il 1. aprile del 2015 da uno stand di tiro bernese. In quell’occasione, ignoti ne avevano forzato la cassaforte sottraendo ben sette fucili d’assalto. Il 14 agosto dello scorso anno, l’uomo avrebbe venduto all’agente sotto copertura anche un revolver. La pistola, acquistata per 800 franchi, si era in seguito rivelata una semplice scacciacani.