Ma quale truffa COVID, «soldi usati in modo lecito»
Ma quale truffa COVID: il denaro ottenuto è stato utilizzato per scopi leciti. La Corte di Appello e revisione penale (CARP) ha completamente ribaltato il verdetto di primo grado prosciogliendo i due imprenditori italiani condannati lo scorso ottobre a 8 e 16 mesi sospesi per truffa e falsità in documenti. E nella sentenza, la Corte presieduta dalla giudice Giovanna Roggero Will non ha risparmiato severe critiche sia all’operato della procuratrice pubblica Chiara Borelli che a quello della Corte presieduta dal giudice Amos Pagnamenta.
«Attività tipica della società»
I due impresari di 69 e 66 anni, difesi dagli avvocati Roy Bay e Luigi Mattei, erano accusati di aver beneficiato illecitamente di mezzo milione di franchi di crediti COVID, omettendo di indicare nel modulo di richiesta la cessione della loro società, avvenuta a denaro incassato, e di aver utilizzato i soldi in modo non conforme alle direttive. Accuse che non hanno trovato riscontro in Appello. La CARP ha infatti rilevato che il denaro «è stato utilizzato per pagare fatture relative all’acquisto di merce, ovvero per proseguire quella che era l’attività tipica della società» che fa capo ai due impresari. Nulla di illegale, dunque.
«Mere congetture»
Oltre a motivare la sentenza di proscioglimento dei due imprenditori, la Corte ha riservato un duro rimprovero sia alla procuratrice pubblica sia alla Corte di primo grado. In particolare, «l’ipotesi accusatoria (della PP, ndr) che peraltro sembra ispirata dal tentativo di dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte pur di portare a casa il risultato, non è contemplata nell’atto d’accusa». Del resto, prosegue ancora la CARP, «la PP non si è nemmeno confrontata con la documentazione prodotta dalla difesa per sostanziare proprio la bontà delle operazioni di trading effettuate dalla società con i fondi del prestito COVID». Ma non è tutto. Critiche sono state sollevate anche sull’operato dei giudici di primo grado. «I primi giudici, pur motivando il loro giudizio di condanna sostenendo che gli imputati avrebbero utilizzato il credito COVID ottenuto dalla società per effettuare nuovi investimenti anziché per la copertura dei costi fissi, hanno anche accennato a non meglio precisate «triangolazioni» da parte del 66.enne tipiche della truffa carosello. Sennonché, anche in questo caso, si tratta di ipotesi estranea all’atto d’accusa». Inoltre, «non si può non rilevare che le allegazioni dei primi giudici sono rimaste (ed è un eufemismo) allo stadio delle mere congetture».