Mai così tante donne in carcere: in Ticino numero raddoppiato
Mai così tante donne dietro le sbarre in Ticino. Attualmente, sono 27 le detenute nel nostro cantone. «Ma un mese fa abbiamo toccato la cifra record di 30 donne incarcerate», dice Stefano Laffranchini, che durante i suoi otto anni alla guida delle strutture carcerarie ticinesi ammette di non aver mai raggiunto un numero simile, sommando le persone in espiazione anticipata, quelle in esecuzione di pena e le prevenute. «Normalmente contavamo una quindicina di detenute al massimo. Ora parliamo di una cifra raddoppiata, e per questo abbastanza preoccupante», commenta.
Traffico di droga «familiare»
Ma come si spiega l’esplosione del numero di incarcerazioni? «Si tratta di una serie di inchieste legate al traffico di stupefacenti. Inchieste che hanno visto coinvolti interi nuclei familiari», risponde Laffranchini. «Ad esempio, se prima il traffico di droga era gestito prevalentemente dagli uomini, ora osserviamo sempre più anche il coinvolgimento delle partner». Non solo. «Dobbiamo ricordare che il 40% della popolazione carceraria in Ticino si trova dietro le sbarre per reati contro la Legge federale sugli stupefacenti. E se calcoliamo i reati indiretti - come le persone tossicodipendenti che compiono un furto per pagarsi le sostanze - arriviamo a toccare il 50%. Tutto ciò, si riflette anche sul numero di detenute. Insomma, anche solo dal profilo penale, gli stupefacenti sono una piaga».
I prossimi passi
L’aumento delle donne incarcerate si riscontra anche a livello nazionale. Stando ai dati relativi al 31 gennaio, le donne detenute in Svizzera erano 380, ossia il 6%. «Il tasso più elevato dal 2009», sottolineava l’Ufficio federale di statistica. In Ticino, però, arriviamo a sfiorare il 12-13%. «Oltretutto, 15 delle 27 donne incarcerate potrebbero beneficiare di un regime un po’ più leggero, visto che sono in esecuzione di pena o in espiazione anticipata. L’apertura di una sezione femminile, quindi, è più che mai di attualità», evidenzia il direttore Laffranchini. «Siamo consci della problematica», sottolinea anche la direttrice della Divisione della giustizia Frida Andreotti. «Nelle prossime settimane il Dipartimento delle istituzioni presenterà pubblicamente il progetto della nuova sezione femminile alla Stampa. Poi sarà fondamentale riuscire a reperire il personale necessario per poter arrivare ad aprire la nuova sezione quanto prima, visto che la formazione per gli agenti di custodia dura circa otto mesi».
Manca dal 2007
Già, perché nel nostro cantone non esiste più un carcere femminile dal 2007. La sezione alla Stampa che ospitava le detenute è stata chiusa: le donne incarcerate erano poche e gestirle costava troppo. Le prevenute (ossia le donne in detenzione preventiva) e le condannate a una pena breve sono collocate alla Farera. Una struttura nata per essere un carcere giudiziario, nel quale vigono regole dure. Gli uomini, quando il procuratore pubblico promuove l’accusa, passano alla Stampa – dove il regime carcerario è meno pesante – per l’espiazione anticipata della pena. Le donne, invece, in mancanza di una sezione a loro dedicata, sono costrette a rimanere alla Farera, dove restano chiuse in cella per la maggior parte del tempo. Se la pena da scontare è più lunga, superiore a un anno, vengono invece trasferite fuori cantone, nel carcere di Hindelbank (BE) o nella struttura di La Tuilière di Lonay (VD).
Potranno lavorare
Per cercare di risolvere il problema, nell’autunno del 2023 dovrebbe essere aperta una nuova sezione femminile. Il progetto prevede complessivamente dodici celle (undici normali e una destinata alle mamme con bambini). Ma nel frattempo, è in arrivo una importante novità. «Dalla prossima settimana anche le detenute in regime ordinario potranno lavorare. Oltre alla formazione, potranno fare lavori di stireria, e sarà anche attivata una collaborazione con la Swissminiatur, con opere di pittura delle miniaturizzazioni», spiega Lafranchini. «Un’operazione - prosegue - che comporta uno sforzo organizzativo non indifferente, ma necessario per alleviare la condizione delle detenute. In questo modo, potranno rimanere fuori dalle celle per altre quattro ore al giorno». Un primo passo avanti, quindi, in attesa di una soluzione definitiva, che dovrebbe arrivare tra un anno e mezzo.