Maja Hoffmann saluta il Festival dialogando con la politica
«Mi ha fatto molto piacere essere stata qui con voi a Locarno. E, stavolta, non ho usato parole in spagnolo». Una battuta autoironica, riferita alla cerimonia di apertura in cui aveva ammesso di confondere i termini italiani con quelli spagnoli, ha idealmente concluso giovedì le giornate locarnesi di Maja Hoffmann.
E una risata generale, al termine del discorso tenuto durante il tradizionale ricevimento del Gran Consiglio, ha confermato il successo - ma soprattutto l’affetto - che la neopresidente del Festival è riuscita a suscitare nel pubblico, negli addetti ai lavoro e anche tra i politici locali.
C’era infatti una certa curiosità e, inutile negarlo, anche un certo scetticismo su come Hoffmann avrebbe vissuto il suo primo Festival. Sempre presente alle cerimonie ufficiali del Pardo, ma pure agli eventi culturali collaterali, la presidente ha mostrato il suo coinvolgimento anche dietro le quinte. «Ho affrontato questi giorni con la testa, ma soprattutto con il cuore», ha detto ai deputati ticinesi per ringraziarli del sostegno, anche economico, dato al Festival.
Un rapporto, quello tra Hoffmann e i rappresentanti delle istituzioni, destinato a rafforzarsi: «Sono convinta che la collaborazione con voi porterà a esplorare e analizzare nuove opportunità che faranno crescere ancora di più il Pardo. Tornerò a Locarno a settembre per l’assemblea straordinaria del CdA: sarà un ottimo momento per fare il punto della situazione».
E a proposito dell’appuntamento del prossimo mese, il vicepresidente del Festival, Luigi Pedrazzini, ha voluto ribadire l’importanza di «accogliere i cambiamenti e le sfide del futuro, pur rimanendo fedeli alla nostra storia. Per portare avanti questa visione, con cui si riescono a individuare e analizzare le criticità della società moderna sotto diversi punti di vista, è necessario il sostegno del Gran Consiglio, che in questi anni ha dimostrato di rispettare l’autonomia e il programma del Festival, chiamato a continuare a operare in piena libertà».
Il rispetto della libertà
Un Parlamento cantonale che, pur rispettando questa libertà, ha comunque avuto momenti di confronto con lo stesso Festival. «Pur essendo un amante del cinema, anni fa sono stato portavoce di alcune criticità costruttive - ha ricordato il presidente del Gran Consiglio, il leghista Michele Guerra - Nel giro di pochi minuti ricevetti una telefonata da Marco Solari, che il giorno successivo venne a incontrarmi per discutere serenamente assieme. Una conversazione che permise di capirci e sfociò, in seguito, nella approvazione unanime del rapporto sul Pardo in commissione».
L’unione degli opposti, tesi e antitesi genera sempre una sintesi, ha aggiunto Guerra citando Hegel. «L’importante è fare in modo che questi opposti si parlino. Come da quel confronto ho creato una splendida amicizia con Marco Solari, così oggi diamo il benvenuto a Maja Hoffmann, con la quale siamo pronti a collaborare per il bene del Locarno Film Festival».
Il dialogo è stato al centro anche dell’intervento di Christian Vitta. «Al Festival, dialogo, stimoli e idee si mescolano e permettono di rendere fertile il terreno su cui far crescere il cinema del futuro - ha detto il presidente del Consiglio di Stato - Anche per la politica il Festival è un catalizzatore incredibile di stimoli, di spunti di riflessione e di scambio di opinioni. Un’opportunità unica per veicolare messaggi positivi. Il Gran Consiglio ha mostrato a più riprese attenzione e sostegno nei confronti dell’evento, confermando non solo i contributi finanziari ricorrenti, ma anche approvando i crediti per il Palacinema e per la ristrutturazione e il rilancio del Gran Rex».
Interventi che valorizzeranno maggiormente una città che, «soprattutto in questo periodo, è ancora più bella - ha detto il sindaco di Locarno, Nicola Pini - Progetti che si inseriscono in una visione della cultura e in una strategia di sviluppo che possono portare Locarno a essere sempre più il grande polo audiovisivo nazionale. Portando benefici sia sotto l’aspetto economico, sia da quello culturale e sociale. L’educazione all’empatia ci permette di imparare a guardare il mondo con gli occhi degli altri e a essere, quindi, più tolleranti e comprensivi. In questo senso, ormai, il Festival è un laboratorio di pace».
Un laboratorio che, nonostante le voci delle scorse settimane, non lascerà il Ticino. «Non sposteremo mai il Festival da Locarno, a nessun livello - ha detto il managing director Raphaël Brunschwig - Questo è il più grande evento culturale in Svizzera e l’unico al mondo che rappresenta quattro regioni linguistiche. Lo stiamo facendo crescere grazie alla collaborazione con il Gran Consiglio, che ci ha dato fiducia accordandoci più soldi al momento del rinnovo del credito, in anni difficili come quelli della pandemia. Non abbiamo dimenticato quel periodo e per questo, grazie a migliori strumenti contabili, stiamo lavorando per consolidare le nostre finanze. Rinnovando questo rapporto di fiducia riusciremo a proseguire assieme il percorso di crescita».
«Questo è il momento in cui i lavori proseguono incessantemente, ma nel frattempo inizia già a subentrare la malinconia per un Festival che ci ha regalato momenti indimenticabili - ha concluso il direttore artistico, Giona A. Nazzaro - Ma quello dello scollinamento è in questo periodo proprio uno stato mentale, nel quale guardiamo agli spettatori di domani. Lo facciamo con l’entusiasmo e la progettualità che ci ha portato Maja Hoffmann, e andando in ufficio con un grande pensiero: essere degni del servizio al quale stiamo lavorando. Essere degni della storia e del futuro del Locarno Film Festival».