Manca lo sciroppo in farmacia? Alla base c'è un nodo politico
«Manca lo sciroppo in farmacia? In realtà, il problema è più complesso e solleva uno dei cantieri politici più importanti degli ultimi anni, non solo a livello federale». Nell’ufficio del farmacista cantonale, Giovan Maria Zanini, ci sono interi faldoni sul tema. «La carenza di medicinali non riguarda solo il Ticino e la Svizzera - dice - ma tutta l’Europa e gli Stati Uniti, con l’aggravante che il nostro mercato è piccolo».
Prima, però, le questioni pratiche: che cosa manca nelle farmacie? Lasciamo per un istante Zanini e facciamo un giro in città. «Il ventaglio è piuttosto aperto», ci dicono. «Non mancano solo i farmaci antinfluenzali. Per esempio anche i ricostituenti in vetro. Perlopiù, comunque, sono quelli a base di ibuprofene. Se va bene ci vengono consegnati una volta alla settimana, mentre fino a qualche mese fa, la consegna, in caso di necessità, era giornaliera».
Insomma, il problema persiste, come ci conferma anche il portavoce dell’Ordine dei farmacisti ticinesi, Federico Tamò: «Rispetto a fine dicembre la situazione si è mantenuta piuttosto stabile. Per fortuna il picco delle malattie respiratorie invernali è stato raggiunto e questo dovrebbe lasciare un po’ di margine per alcuni farmaci “stagionali” di tornare sul mercato. Tuttavia abbiamo ancora numerosi prodotti che mancano e che facciamo fatica a reperire».
Il problema, appunto, non riguarda solo lo sciroppo per la tosse: «Esiste un problema di approvvigionamento dei farmaci, che è un problema globale dei Paesi occidentali e che ha iniziato a manifestarsi nel 2004. Inizialmente concerneva solo gli ospedali. Progressivamente si è esteso a tutta la catena della distribuzione, fino a toccare le farmacie e i prodotti normali». Si tratta di medicamenti ben conosciuti e ancora essenziali per l’esercizio della medicina, aggiunge Zanini: «La carenza di farmaci è un fenomeno in crescita. In certi momenti, come in questi mesi, si è manifestata in modo più accentuato e visibile». Il problema era solo latente. Negli anni, a livello federale, sono state prese alcune decisioni politiche, «contromisure per arginare un fenomeno che tuttavia persiste». Il problema, insomma, è lungi dall’essere risolto. Anzi. «La questione della garanzia dell’approvvigionamento è uno dei grandi cantieri politici degli anni futuri».
Tra opportunità e rischi
Veniamo allora alle cause. «Per i farmaci influenzali la produzione dei principi attivi è stata delocalizzata, per convenienza, nei Paesi dove il costo della manodopera è inferiore, notoriamente in India e in Cina», chiosa Zanini. Per altri farmaci, invece, il problema è legato alla fornitura della carta per l’imballaggio o del vetro. «Ma non allontaniamoci troppo dal problema politico», aggiunge subito Zanini. «La carenza, infatti, colpisce soprattutto i farmaci a basso prezzo, prodotti per i quali esistono medicinali generici». I farmaci altamente innovativi, quelli ad alto prezzo, invece, non sono praticamente quasi interessati dal problema della carenza. Il motivo? Ancora Zanini: «I principi attivi dei farmaci a basso costo non sono prodotti in Svizzera e neppure in Europa. Ma in Asia». Di qui, appunto il grande rischio messo in evidenza da Tamò: «Se la Cina, come in questi mesi, ha un problema sanitario, blocca l’export e di conseguenza l’Europa ha un problema». Un discorso che abbiamo imparato a nostre spese durante la pandemia, con la ricerca di mascherine. «Poi sono fiorite le produzioni locali, anche in Europa», ricorda Zanini che riassume così la questione politica: «Il problema è che abbiamo delocalizzato e conferito la produzione di questi principi attivi ad altri mercati e ciò ci ha reso vulnerabili». Una delle misure che il Consiglio federale ha identificato, e su cui si dovrà quindi lavorare nei prossimi anni, è la garanzia della capacità produttiva interna, o perlomeno a livello europeo.
«Servono Incentivi»
E qui veniamo alla questione del prezzo del farmaco. Che è direttamente collegata al costo del lavoro e alla redditività del prodotto. «Per anni, in Svizzera, abbiamo fatto la guerra al prezzo dei farmaci, dicendo che erano troppo cari. L’effetto è stato di spingere la produzione dove il costo del lavoro è inferiore». Dello stesso parere Tamò: «La continua pressione al ribasso ha fragilizzato le catene di approvvigionamento e, allo stesso tempo, diminuito le catene di fornitori di principi attivi e di prodotti finiti». Insomma, affinché la produzione venga mantenuta in Europa, questi farmaci dovrebbero costare di più. «Bisogna iniziare a riflettere con nuovi parametri e obiettivi, senza focalizzarsi esclusivamente sul prezzo del farmaco», commenta Tamò. «Abbassare il prezzo comporta infatti dei rischi. Esattamente quelli che oggi stiamo vivendo». Le alternative ai farmaci a basso costo, spariti dal mercato, sono più costose. «Nel corto termine, magari, si risparmia, ma il conto prima o poi arriva, ed è salato». In questi anni, il messaggio a livello politico è passato. «Recentemente il concetto è stato ribadito anche dal Consiglio di Stato ticinese, in una presa di posizione inviata a metà settembre al Consiglio federale, sul tema cassa malati», ricorda Zanini. Cambiare le cose, tuttavia, non è semplice, ammette Tamò: «Dall’inizio di quest’anno abbiamo notato una certa presa di coscienza a livello federale, ma siamo ancora molto lontani da quello che si sta facendo in alcune nazioni europee. Un singolo Stato, comunque, può fare ben poco».
Secondo Zanini in futuro si dovrà accettare il principio che non possiamo avere un abbassamento dei costi dei medicamenti, e parallelamente un approvvigionamento sicuro. «Questo discorso vale sicuramente per i farmaci innovativi coperti da brevetto. Sui prodotti a basso costo si dovrebbe ragionare in termini di incentivi per garantire la loro sostenibilità economica, mantenendo la capacità produttiva nel nostro Paese».
«Dateci una mano»
Scene già viste durante la pandemia, quando a mancare nei supermercati era la carta igienica, rischiano di ripetersi anche con gli scaffali delle farmacie. «Ogni volta che si solleva il tema della carenza di farmaci, soprattutto quando vengono fatti i nomi dei prodotti, una parte della popolazione si preoccupa e corre in farmacia a fare scorte», avverte Giovan Maria Zanini. «La conseguenza di questo comportamento è che una situazione difficile ma sotto controllo diventa, nel giro di poche ore, una crisi. Chiedo dunque alle persone di darci una mano, evitando di recarsi in farmacia ad acquistare farmaci solo per averli di scorta».
«Per produrre nell’UE servono le condizioni giuste»
«Riportare in Europa la produzione dei principi attivi? È possibile, ma ci vogliono le condizioni giuste». Per Piero Poli, presidente di Farma Industria Ticino, tornare al passato e quindi fabbricare alcuni farmaci in Occidente è una possibilità. «Ma bisogna invertire la spinta al ribasso dei prezzi dei medicinali. Inoltre, in Svizzera, non sono le case farmaceutiche a decidere i prezzi dei farmaci: è l’ente regolatore, quindi Swissmedic, che fissa i prezzi. Le industrie fanno solo delle proposte». Il problema, quindi, diventa politico. Per far tornare in Svizzera o in Europa l’intera catena produttiva, i cittadini devono essere disposti a spendere di più per i farmaci. Solo così i produttori sarebbero incentivati a invertire il processo di delocalizzazione. «Alle condizioni attuali non conviene a nessuno produrre in Europa alcuni tipi di farmaci. Bisognerebbe rendere più attrattiva la fabbricazione di alcuni medicinali», prosegue Poli. A fronte di profitti quasi nulli, infatti, i costi sarebbero troppo elevati. Una semplice logica di mercato. «I farmaci ‘‘pesano’’, a stare larghi, per il 15% dei costi della sanità svizzera», sottolinea il presidente di Farma Industria Ticino. «Per contenere la spesa non si deve quindi intervenire solo sul prezzo dei farmaci».