Salute

Mancano 150 farmaci ritenuti vitali, Merlani e Zanini scrivono ai medici

A causa della carenza, si chiede ai dottori di prescrivere gli antibiotici con ponderazione – Tamò: «Le farmacie provano ad acquistare all’estero o a produrre in casa» – Zanini: «La politica è al lavoro, la garanzia dell’approvvigionamento è uno dei cantieri più importanti»
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Martina Salvini
22.03.2023 17:55

«Manca un migliaio di farmaci, per l’esattezza 1.024. Se sono preoccupato? Sarei un folle a non esserlo, come tutti i colleghi e il mondo della politica». L’emergenza causata dalla penuria di medicamenti, spiega il farmacista cantonale Giovan Maria Zanini, non accenna a rientrare. Basti pensare che, per ritrovare una carenza simile, dobbiamo tornare indietro di tre anni, al picco della prima ondata di COVID. «Era il marzo-aprile del 2020 - ricorda Zanini - e mancava più o meno lo stesso numero di farmaci». Già. Solo che allora i problemi di ammanco derivavano dalla domanda, elevatissima. Oggi, invece, la riduzione della fornitura è causata da una minore capacità produttiva. «Meccanismi diversissimi - commenta il farmacista cantonale - che però hanno prodotto una situazione molto simile». Tre anni fa, per cercare di arginare il problema, le autorità imposero un contingentamento degli acquisti. E ora? «Quel provvedimento fu utile, ma oggi non sarebbe proponibile perché non sortirebbe alcun effetto». Il nodo della questione, insiste Zanini, è l’offerta, non la domanda.

Che cosa non si trova più?

E qui torniamo agli oltre mille farmaci mancanti. «Si tratta - spiega da parte sua Federico Tamò, portavoce dell’Ordine dei farmacisti ticinesi - di prodotti che richiedono la prescrizione medica. Lo sciroppo per la tosse, per intenderci, non è mai stato conteggiato in questa lista. Anche se, nei mesi scorsi, a causa dell’influenza stagionale, la popolazione ha notato anche la mancanza di prodotti simili». Il punto, però, è che all’appello mancano anche prodotti considerati di importanza vitale. «Stando alla banca dati aggiornata dell’Ufficio federale per l’approvvigionamento economico - dice Zanini - sono 150 i medicamenti considerati davvero importanti - perché non sostituibili - che non si trovano in Svizzera. Per tre quarti, si tratta di antibiotici, farmaci oncologici e antinfiammatori. A questi, poi, si aggiungono anche diversi vaccini». E non è una cosa di poco conto. «Ci sono situazioni in cui non c’è un farmaco sostitutivo e quindi occorre cambiare la terapia al paziente. Con tutto quello che ne consegue in termini di possibili scompensi e di perdita di fiducia nella terapia», evidenzia Tamò.

La lettera

La carenza di medicamenti, in particolare di antibiotici, ha spinto il medico cantonale Giorgio Merlani e il farmacista cantonale a inviare qualche giorno fa una lettera ai medici e ai farmacisti, spiegando la problematica e chiedendo alcuni interventi. «Questa situazione - si legge nella missiva - impone che vengano rapidamente prese delle misure anche da parte di medici e farmacisti nella loro attività quotidiana. Si tratta “banalmente” di ridurre il consumo generale di antibiotici allo stretto indispensabile e garantire così una durata maggiore delle (limitate) scorte». In sostanza, per ridurre il consumo, il medico è invitato a «porre l’indicazione all’uso di un antibiotico con scrupolosa ponderatezza, evitando di prescrivere antibiotici quando vi è un’alta probabilità che la causa dell’infezione sia virale». Inoltre, «quando un antibiotico è necessario, la ricetta deve riportare in maniera precisa il dosaggio e la durata; quest’ultima deve essere ridotta al minimo necessario per curare l’affezione diagnosticata». Il farmacista, invece, è tenuto «a non dispensare confezioni intere se queste differiscono da quanto prescritto, ma a fornire al paziente il numero esatto di pastiglie in base alla ricetta medica».

Come ci si muove?

In effetti, per i farmacisti il protrarsi della situazione significa dover ogni giorno cercare nuove soluzioni. «Per ogni singola richiesta del paziente dobbiamo capire se ci sono prodotti simili all’estero e se si possono importare. E questo ci richiede tempo», spiega Tamò. I mercati di riferimento sono quelli dei Paesi limitrofi: Germania, Francia e Italia. Anche se - precisa Tamò - «la Penisola è messa peggio di noi». In effetti, gli fa eco Zanini, «secondo i dati dell’AIFA (l’Agenzia italiana del farmaco) in Italia sono ben 3 mila i farmaci mancanti». Il lavoro di Tamò e dei colleghi funziona all’incirca così in queste settimane: «Si vagliano tutte le opzioni: se il prodotto è disponibile all’estero, si privilegia questa strada per via delle norme di qualità e tracciabilità del farmaco». Ma anche per una questione di costo: «Produrre un farmaco qui, appositamente per un paziente che ne ha bisogno, costa molto di più rispetto a una sostanza già commercializzata altrove. Se però un medicamento non è disponibile neppure nei Paesi vicini, cerchiamo di produrlo ‘‘in casa’’ o di farlo produrre da chi è attrezzato per farlo».

Il nodo dei costi

Ma il problema di fondo rimane e non si risolverà a breve. «È strutturale», chiarisce Zanini: «Non ce ne libereremo. La situazione potrebbe forse migliorare, certamente ci stiamo impegnando affinché non peggiori, ma non mi illudo che le cose cambino a corto termine. Purtroppo stiamo pagando il prezzo di scelte economiche e politiche fatte tanti anni fa». Insomma, si è perseguita la logica del prezzo più basso: «La produzione dei principi attivi è stata delocalizzata in Paesi - soprattutto India e Cina - in cui la manodopera è meno cara. Prendiamo ad esempio l’Augmentin, uno degli antibiotici più prescritti dai medici: non c’è una sola fabbrica in Europa che produca quel principio attivo». Se però Cina o India hanno un problema sanitario, possono anche decidere di interrompere le esportazioni, e per l’Europa sono guai. Non a caso, prosegue il farmacista cantonale, «la quasi totalità dei farmaci mancanti ha un prezzo di vendita inferiore ai 70 franchi. Prezzi con cui le aziende europee non possono competere, visto hanno costi di partenza, gestione e manodopera molto più alti».

Task force e gruppi di lavoro

La politica, nel frattempo, si è già mossa, cercando soluzioni. «Il Consiglio federale - spiega Zanini - ha creato una task force incaricata di valutare alcune misure a corto termine, e diversi gruppi di lavoro sono già stati attivati». La garanzia dell’approvvigionamento è uno dei cantieri più importanti di questi anni. «Ma non è sufficiente pensare di risolvere il problema riportando la produzione in Europa. Questo ragionamento comporta anche la disponibilità a pagare di più per avere un determinato principio attivo». Insomma, dovremmo abituarci a un costo più alto dei farmaci. «Sarà inevitabile, i prodotti che costano quanto un pacchetto di cicche saranno i primi a saltare», gli fa eco Tamò, che aggiunge: «Bisogna ripensare tutta la strategia di approvvigionamento e non basarsi più soltanto sul fattore economico, ma anche sulla sicurezza di approvvigionamento». Secondo il portavoce dell’Ordine dei farmacisti ticinesi, poi, «anche illudersi di produrre tutto qui è utopico. Bisogna riuscire a bilanciare bene il tutto: occorre avere una parte di produzione interna, una parte di approvvigionamento nei Paesi vicini e, infine, una parte in quelli più lontani, ma a condizione che i rifornimenti siano sicuri e che questi Paesi possano garantire le spedizioni anche in condizioni di forte stress, come ad esempio una pandemia».

«Intensificare il ricorso alla vendita di medicamenti sfusi»

Si «raccomanda alle farmacie e agli studi medici di intensificare il ricorso alla prescrizione e alla vendita di medicamenti sfusi». È questo l’invito - che dovrà essere applicato da domani, giovedì 23 marzo - formulato proprio oggi dalla task force per gli agenti terapeutici per sopperire alla penuria di medicamenti. Si tratta, va detto, di un provvedimento provvisorio, che verrà revocato quando la situazione dell’approvvigionamento si sarà stabilizzata e che si applica unicamente alle categorie di medicamenti interessate da una forte penuria. A tal fine è stata redatta una lista contenente i principi attivi oggetto della misura, ha spiegato in una nota l’Ufficio federale per l’approvvigionamento economico del Paese (UFAE).

La vendita sfusa non è comunque praticabile per tutti i tipi di medicamenti, precisa l’UFAE nella nota: i fluidi, le pastiglie effervescenti e le compresse in contenitori multidose non sono ad esempio adeguate. E anche le confezioni del tipo «blister» (con pastiglie racchiuse tra un foglio di alluminio e un involucro plastificato) vanno consegnate intere al paziente. E quest’ultimo, in ogni caso, dovrà comunque ricevere le informazioni a cui avrebbe accesso acquistando la confezione originale, come il foglietto illustrativo. Le singole unità di medicamento dovranno inoltre essere controllate ed etichettate. Tale documentazione assicura la tracciabilità del prodotto, importante in caso di ritiro dal mercato.

La task force per gli agenti terapeutici è stata istituita a fine gennaio dopo che il Settore agenti terapeutici dell’AEP ha definito problematica la situazione sul fronte dell’approvvigionamento. Ne fanno parte rappresentanti della Confederazione, dei Cantoni e dell’industria.