L'intervista

«Mancanza di vocazione? No, in Ticino c'è tanta voglia di aiutare»

In occasione della Giornata internazionale del volontariato abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Simona Salzborn, vicepresidente della Sezione Sottoceneri della Croce Rossa
© CdT/Chiara Zocchetti
Marcello Pelizzari
05.12.2023 06:00

Oggi, martedì 5 dicembre, in tutto il mondo si celebra la Giornata internazionale del volontariato. Un momento di riflessione importante, istituito ufficialmente nel 1985 dalle Nazioni Unite e oramai prossimo al traguardo dei quarant’anni. Ma che cos’è un volontario? Chi è, soprattutto? «Chi assume un impegno o si presta a operare, a collaborare, a fare qualcosa di propria volontà, indipendentemente da obblighi e da costrizioni esterne» recitano i dizionari. In realtà, oltre alle definizioni c’è di più. Molto di più. Abbiamo cercato di capirlo con Simona Salzborn, vicepresidente della Sezione Sottoceneri di Croce Rossa Svizzera e a sua volta volontaria.

Signora Salzborn, iniziamo da una considerazione piuttosto banale: dal 1985 a oggi quanti e quali passi sono stati fatti e, di riflesso, quanto resta ancora da fare nell’ambito del volontariato?
«Il passo più importante, indubbiamente, è stato il passaggio da un volontariato basato, scusate il gioco di parole, sulla buona volontà delle persone a un volontariato molto più professionale e organizzato. Oggi, infatti, sono richieste competenze di presa a carico maggiori rispetto al passato, quando il volontariato era legato magari alla parrocchia o alla bancarella in piazza. Da anni, beh, il volontariato si declina in modi differenti. E comprende situazioni complicate, come l’assistenza a un malato o ai migranti».

C’è stata una presa di coscienza collettiva da parte della società, dunque?
«Intanto, va sottolineato che in questi quasi quarant’anni lo Stato, in Svizzera, si è reso conto dell’importanza del volontariato. Di quanto sia prezioso come risorsa. Anche in termini economici. Il volontariato, oggi, affianca lo Stato».

Venendo al locale, nella sola Lugano le associazioni che lavorano con i volontari sono circa ottocento. Quella del volontario, insomma, non è più una figura-ombra.
«Sicuramente, senza i volontari non si va da nessuna parte. La cosa interessante è che, ora, anche il mondo del lavoro, mi riferisco a banche, ditte e imprese, prestano i loro dipendenti per effettuare giornate di volontariato. Succede anche da noi in Croce Rossa. Significa che la società, effettivamente, si è resa conto che il volontariato è un valore aggiunto. E che per i dipendenti, soprattutto, è qualcosa che può fare curriculum. L’ideale, per chiudere il cerchio, è che il volontariato venga considerato un fattore determinante in fase di assunzione. Che, insomma, un’azienda in cerca di nuovi collaboratori privilegi chi ha prestato servizio con noi o con altre associazioni. E questo perché chi ha prestato servizio ha sviluppato competenze sociali che, magari, altri non hanno».

Le cose vanno benino, diciamo. I bisogno sono tanti, la società invecchia e le richieste sono diverse

Venendo alla Croce Rossa e in particolare alla Sezione Sottoceneri: qual è il vostro rapporto con i volontari? Soprattutto, state notando una sorta di «mancanza di vocazione» e quindi una difficoltà nel reperire volontari per le vostre attività?
«Le cose vanno benino, diciamo. I bisogni sono tanti, la società invecchia e le richieste sono diverse. Noi, come sezione Sottoceneri, siamo circa 360, 370 volontari. Se ne avessimo un centinaio in più, evidentemente li impiegheremmo tutti. Ma i numeri attuali, davvero, sono soddisfacenti. E ogni settimana facciamo almeno due o tre colloqui con candidati che desiderano impegnarsi. Di anno in anno, considerando chi smette per raggiunti limiti di età o chi perché non riesce più a conciliare l’attività con i propri impegni professionali, cresciamo di venti, trenta unità».

Nessuna «mancanza di vocazione», quindi?
«Probabilmente, il fatto che la nostra immagine sia molto forte aiuta. Tanti arrivano proprio perché siamo la Croce Rossa. Magari altri nomi, diciamo così, fanno fatica. In linea di massima, comunque, non direi che c’è una mancanza di vocazione. Sarei ingiusta rispetto a tutti quelli che si sono annunciati e ancora si annunciano».

Ma il volontario è un mestiere per tutti?
«Sì. È vero che ci sono alcuni dossier delicati, come appunto i migranti. Ma è altrettanto vero che molte delle nostre attività sono particolarmente tranquille: la gestione dei nostri negozi, il volontariato in biblioteca, la lettura in casa anziani. L’idea, alla base, è quella di offrire un volontariato con esperienze e impatti emotivi differenti. L’unica base che serve, per cominciare, è la motivazione».

Ricordo che, non appena è esplosa la guerra in Ucraina, come Croce Rossa abbiamo pubblicato un annuncio. In poche settimane, abbiamo reclutato una novantina di volontari sparsi in tutto il Ticino

Detto delle varie possibilità, gli sforzi maggiori negli ultimi anni si sono concentrati sulla pandemia, la guerra in Ucraina e la situazione dei migranti al confine. Quanta pressione avvertite, in questo senso?
«Ricordo che, non appena è esplosa la guerra, come Croce Rossa abbiamo pubblicato un annuncio. In poche settimane, pochissime direi, abbiamo reclutato una novantina di volontari sparsi in tutto il Ticino. Il telefono era bollente, tante erano le richieste. Significa che la voglia di aiutare, allora, c’era. E c’è anche oggi, sebbene l’attuale emergenza migranti sia per certi versi differente. Fra i giovani, soprattutto, c’è molta spinta».

Qual è, in conclusione, il vostro rapporto con le autorità cittadine e cantonali?
 «Come Croce Rossa lavoriamo bene, molto bene sia con Lugano, dove abbiamo la nostra sede, sia con il Cantone. Tante nostre prestazioni, d’altronde, vengono riconosciute da Bellinzona. Basti pensare al centro diurno, in parte finanziato proprio dal Cantone. La Città di Lugano, sul proprio sito, pubblica di continuo un bando per cercare volontari. Non solo, la stessa Conferenza del volontariato sociale in parte è finanziata dal Cantone grazie a una risoluzione governativa. Tradotto: è (anche) il Cantone a finanziare le formazioni e in generale il lavoro dei volontari. Per anni, noi come altre associazioni, abbiamo dovuto arrangiarci e trovare soldi qua e là. Adesso, invece, le autorità da qualche anno a questa parte ci sono venute incontro».

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