Mascherine in Ticino fra sospette truffe e iniziative

Mascherine. Oggetti che stanno segnando in un modo o nell’altro le nostre vite. All’estero c’è che le ha rese obbligatorie per uscire di casa. In Svizzera lo sono per esempio se si vuole andare dal parrucchiere. Di certo c’è che non sono mai state richieste così come oggi. Anche in Ticino c’è fermento al riguardo, nel bene e nel male. E proprio da quella che sembra sempre più una nota dolente vogliamo iniziare.
Addentellati cittadini
Da diverse settimane in Italia tiene banco la questione delle mascherine «fantasma» ordinate dalla Regione Lazio, la quale aveva stanziato oltre 35 milioni di euro (di cui 14 già versati) a una ditta italiana affinché le procurasse. Le mascherine a oggi non si sono però ancora viste, e la procura di Roma ha aperto un fascicolo al riguardo. E ora, è notizia degli ultimi giorni, sul caso potrebbe essere chiamato a indagare anche il Ministero pubblico ticinese.

Un documento forse falso
La vicenda ha anche un risvolto luganese, perché proprio in città da pochi mesi ha sede (si tratterebbe di una semplice bucalettere) la società che avrebbe dovuto fornire le mascherine a quella italiana, facendole arrivare dalla Cina. La società con sede in città fa capo a un imprenditore italiano ed è specializzata, leggiamo dal Registro di commercio, nel commercio di apparecchiature ortopediche, nonché nell’import-export di prodotti sanitari.
In Italia nel frattempo la Regione Lazio ha ritirato la commessa e sta cercando di farsi ritornare i 14 milioni di euro già versati per la merce mai arrivata, rifacendosi di primo acchito sull’azienda italiana. Ma quest’ultima, riporta il giornale «Il Fatto Quotidiano» di giovedì, riterrebbe di essere stata truffata dalla società con sede a Lugano. Questo perché la società ticinese ha esibito una certificazione che attestava l’esistenza della merce (rilasciata dalla compagnia svizzera SGS, specializzata in questo tipo di documenti), che si sarebbe rivelata falsa. Per questo, riporta sempre il quotidiano, ora la ditta italiana «ha dato mandato a un noto avvocato svizzero di presentare a Lugano (ndr. al Ministero pubblico) una denuncia penale per falso». Sarebbe anche stato chiesto il sequestro dei conti in Svizzera della società di Lugano, la quale avrebbe già ricevuto parte dei 14 milioni per la fornitura delle mascherine.
L’idea di Dario Kessel
Dalla sospetta truffa, passiamo invece a una notizia lieta, sempre a tema mascherine. Se diversi produttori di alcolici, anche in Ticino, negli ultimi tempi hanno convertito parte della loro produzione a disinfettante, l’ingegnere Dario Kessel ha applicato lo stesso principio per la sua ditta di orologi con sede a Mendrisio, che nei prossimi mesi non produrrà più segnatempo, bensì mascherine del tipo FP2R a tre strati. Lo ha annunciato lo stesso Kessel nei giorni scorsi su Facebook: «A luglio iniziamo la consegna di mascherine a Mendrisio, inizialmente solo per ordini oltre 100.000 pezzi poi apriremo on line al pubblico. Il prezzo di riferimento odierno é di Fr. 0.55/pezzo».
Raggiunto dalla RSI, Kessel ha spiegato che è riuscito a prenotare il macchinario necessario alla produzione grazie a dei contatti asiatici e di aver bisogno di ordini per almeno un milione di mascherine: «Degli ospedali privati si sono già annunciati e detti interessati». «L’idea è nata come può nascere a tutti: ho visto che mancavano mascherine e mi sono detto che bisognava fare qualcosa - ha detto ancora l’ingegnere all’emittente di Comano. - Visto che adesso siamo fermi abbiamo anche spazio e personale».