Il caso

Matteo Pronzini a processo

Bellinzona, il deputato e consigliere comunale comparirà di fronte alla Pretura penale il 17 ottobre – Deve rispondere di ingiuria per una frase pronunciata durante una seduta di Legislativo – Lanciato un appello per difendere la libertà d'espressione e di stampa
© CdT/Chiara Zocchetti
Alan Del Don
21.09.2024 17:37

Matteo Pronzini a processo. Il deputato e consigliere comunale del Movimento per il socialismo comparirà di fronte alla Pretura penale di Bellinzona giovedì 17 ottobre. Deve rispondere dell’ipotesi di reato di ingiuria per una frase pronunciata durante la seduta di Legislativo del 20 settembre 2021 in Città. Il granconsigliere aveva preso posizione a seguito dei ricorsi presentati dal Municipio turrito all’Autorità indipendente di ricorso in materia radiotelevisiva prima e al Tribunale federale poi su due servizi della RSI incentrati sulle morti per la pandemia da coronavirus alla casa anziani di Sementina.

La richiesta di pena

Esecutivo che l’aveva poi denunciato. Il procuratore pubblico Roberto Ruggeri propone una multa di 4.000 franchi (20 aliquote giornaliere) e l’iscrizione a casellario giudiziario per un periodo di 10 anni della condanna, a cui si aggiungono 3.500 franchi che il consesso della capitale, accusatore privato, chiede quale risarcimento civile.

Le spiegazioni

«Difendiamo la libertà della stampa e la libertà di espressione. Opponiamoci al tentativo del Municipio di Bellinzona di intimidire Matteo Pronzini e l’MPS». Inizia così l’appello lanciato in queste ore, attraverso il quale si invita a sostenere moralmente e finanziariamente («versando un contributo per le spese giuridiche» necessarie per difendersi) il deputato e consigliere comunale. Come si legge nello scritto, in occasione della seduta di Legislativo di tre anni fa «per esemplificare l’atteggiamento del Municipio» l’allora capogruppo Verdi-FA-MPS-POP-Indipendenti aveva affermato che l’Esecutivo «era responsabile di "azioni temerarie di intimidazione di stampo mafioso"».

Secondo l’imputato con questa frase intendeva riferirsi ad un «atteggiamento il cui unico scopo è quello di intimidire e, possibilmente, zittire la stampa». Proprio in riferimento ai servizi radiotelevisivi contro i quali il consesso aveva inoltrato ricorso.