Pianificazione

Mendrisio: il vuoto di piazza del Ponte e la grande voglia di città

I centri deserti durante il lockdown hanno fatto capire a molti l’importanza anche sociale degli spazi urbani - In questo contesto il Borgo si prepara a ridisegnare buona parte del centro - Luisoni: «Sarà un percorso partecipativo»
©TiPress/Benedetto Galli
John Robbiani
17.09.2020 06:00

«La piazza è così insipida che coprendola con la nebbia l’hanno solo migliorata» ha commentato qualcuno con sottile ironia. La recente installazione artistica (opera di Nicola Colombo) installata alcune settimane fa a Mendrisio a due passi dalla chiesa dei Santi Cosima e Damiano ha riportato piazza del Ponte al centro dell’attenzione. Il nuovo arredo urbano era stato uno dei temi caldi dell’estate 2019. C’era chi aveva apprezzato l’intervento, chi lo aveva criticato e chi era rimasto più o meno indifferente («Perché a Mendrisio una vera piazza non c’è mai stata»). Il progetto ha però avuto il merito di mettere almeno per un po’ di tempo la parola fine alle discussioni - veri e propri scontri politici - sul destino dell’area. Un progetto, lo ricordiamo, nato per essere provvisorio e per sopravvivere giusto il tempo di decidere cosa realizzare in piazza. E come. Ma ci sono novità in questo senso? La domanda nasce spontanea anche di fronte alla «voglia di città» emersa durante il lockdown, quando un po’ tutti (confinati in casa per settimane) hanno rivalutato l’importanza anche sociale dei nostri centri. «Voglia di città a Mendrisio - ci spiega la capodicastero pianificazione Francesca Luisoni - c’è in realtà da sempre mi vien da dire anche solo per il carattere allegro e la voglia di aggregarsi dei suoi abitanti. Il lavoro sugli spazi pubblici nel cuore del Borgo è qualcosa che non nasce ieri, ma si protrae da anni, e che è ancora in cerca di una propria identità (pensiamo a tutti i progetti e ai concorsi che negli anni si sono susseguiti) e di cui non si è ancora riusciti a trovare un progetto e una via che siano condivisi. L’abbattimento dello Jelmoli ha creato un primo spazio - che è in realtà un vuoto - e che ci sta permettendo di capire quale soluzione vogliamo». Per l’area centrale di Mendrisio l’approccio pianificatorio sarà, lo si è detto più volte, più ampio. Non solo la piazza dunque. «Tutto ruota attorno al grande asse stradale che è via Lavizzari su cui Piazza del ponte si innesta e di cui essa stessa ne è una parte. C’è un interno centro da valorizzare e riqualificare e l’idea di ragionare su perimetri più ampi è sempre stata giustamente presa in considerazione. Un tema che su questo siamo certi verrà portato avanti attraverso un processo partecipativo». Un processo partecipativo, perché i nodi da sciogliere sono molti. Mantenere o togliere i posteggi? Consentire o meno l’accesso veicolare alla piazza? E poi che fare degli spazi? Prevedere costruzioni - come del resto inizialmente previsto - dove un tempo c’era lo stabile Jelmoli oppure lasciare il vuoto, che può essere “colmato” durante le manifestazioni? Scelte importante, che andranno fatte nei prossimi anni e che sono destinate a ridisegnare il volto del cento di Mendrisio.

Quarantena e riflessioni

Il periodo di lockdown ha dato impulso, in molte città europee, al dibattito sulla qualità degli spazi urbani. Lo stesso è accaduto in Ticino. Basti pensare alle infinite discussioni a Lugano sul mancato accesso al lago. E anche Mendrisio non è rimasta estranea a questo processo. «È chiaro che con la pandemia, costretti a casa, abbiamo tutti avuto una percezione diversa della città». Un centro senza eventi, con bar e negozi chiusi. Senza traffico. Una città decisamente diversa dal solito. «Da questo punto di vista il progetto della nebbia ideato da Colombo è interessante perché invita a riflettere sui luoghi e anche a pensare alla via Lavizzari che vorremmo, ma anche ricordare e tornare a parlare del fiume». Un’opera che tra l’altro - conferma Luisoni - è servita anche a portare un po’ di fresco e a combattere un’isola di calore. Ed è un tema attuale anche questo. «Le domande da porsi in fase di pianificazione sono molte. Pensiamo per esempio al tipo di mobilità che si vuole avere, l’attenzione che si vuole dare alla qualità degli spazi urbani e al verde, l’occhio di riguardo da dedicare ai commerci e agli esercizi pubblici». Prima si è parlato di COVID e della «voglia di città» che molti abitanti hanno dimostrato una volta riaperte le attività. La pandemia ha spinto le autorità a «inventare» soluzioni, spesso semplicissime, che hanno avuto successo. Pensiamo per esempio all’uso accresciuto del suolo pubblico concesso agli esercizi pubblici (la possibilità, in parole povere, concessa a bar e ristoranti di «allargarsi» nelle piazze e sulle pubbliche vie). Un concetto che ora diverse città svizzere stanno pensando di adottare permanentemente. Sarà così anche a Mendrisio? Difficile dirlo. «È una riflessione interessante - spiega Luisoni - anche se non sempre di facile applicazione. Si tratta, appunto, di pubbliche vie e ci sono leggi e regole che non si possono reinventare da un giorno all’altro. Certo è che tutti, potendo godere di più spazio in un ristorante, si sentono meglio. Ed è vero che si ha una percezione diversa anche degli spazi. Di sicuro questa esperienza qualcosa lascerà anche in questo senso».