Mogno, quel simbolo di rinascita

Commozione e fierezza alla giornata per i 30 anni dalla valanga e i 20 della chiesa di Botta
Red. Online
27.06.2016 06:00

LOCARNO - «Vent'anni fa ce l'abbiamo fatta, tutti insieme». Una frase semplice, ma significativa quella pronunciata ieri dall'architetto Giovan Luigi Dazio, presidente dell'Associazione ricostruzione chiesa di Mogno, poiché racconta la forza d'animo con cui la gente della Lavizzara seppe riconquistare il proprio territorio dopo che la furia della montagna fece tabula rasa. Tragedia e rinascita: l'eterna lotta tra l'uomo e il mistero tremendo, rappresentato dalle forze della natura, è stato uno dei temi ricorrenti affrontati dai relatori che si sono alternati davanti ad un nutrito pubblico durante la celebrazione per i 30 anni dalla valanga che distrusse parte del paese di Mogno e per i 20 anni compiuti dalla nuova chiesa progettata da Mario Botta. Dopo Messa celebrata dal vescovo Valerio Lazzeri assieme ai parroci della valle, a fare gli onori di casa è stato il sindaco di Lavizzara, Gabriele Dazio, il quale, non senza mostrare commozione, ha rievocato il proprio ricordo di quanto accadde nel 1986: «All'epoca ero ancora un bambino, mio padre mi disse della valanga e andai sul posto a vedere la situazione con i miei occhi. Tutto era distrutto». Distruzione da cui però scaturì una reazione, di cui la chiesa riedificata è oggi il simbolo oltre ad essere, come sottolineato ancora da Dazio, «parte integrante del territorio, un punto di partenza per valorizzarlo». Per Giovan Luigi Dazio, che ha rimembrato le ragioni e le difficoltà della ricostruzione (non mancarono forti polemiche), oltre al valore storico, l'opera di Botta rappresenta, per le sue caratteristiche architettoniche, «il Ticino del cambiamento, l'avvicinamento tra valle e modernità». Per l'artefice intellettuale e materiale della chiesa dedicata a San Giovanni Battista, ossia l'architetto Mario Botta, «quello di Mogno è un bel racconto che inizia con la tragedia, ovvero una valanga che cancella in un sol colpo 400 anni di storia, e che però continua con la reazione di una popolazione per riappropriarsi del proprio territorio. Penso che l'architettura – ha proseguito – sia l'espressione formale della storia e come architetto mi confronto con diverse motivazioni che spingono a desiderare la costruzione di qualcosa. In questo caso l'argomentazione fu vogliamo edificare una chiesa perché lì c'era una chiesa e allora capii che il vero mandante della costruzione era il territorio della memoria». All'evento di ieri – che ha visto la partecipazione di un migliaio di persone, tra le quali parecchie personalità culturali e politiche – anche il consigliere di Stato Christian Vitta, per il quale va tratto un insegnamento da quanto avvenuto in Lavizzara: «Nei momenti difficili, come possono essere quelli che la società odierna ci presenta, con la forza di volontà e l'impegno è possibile ripartire, ricostruire ed andare avanti».

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