Navigando tra miserie e ironie
Non credete a chi vi dovesse raccontare il contrario. Asia c’era eccome alla presentazione lacustre del volume, appena pubblicato dalle Edizioni San Giorgio, che raccoglie il meglio degli ormai irrinunciabili Pensieri dal battellino con cui Bruno Costantini impreziosisce da cinque anni abbondanti l’edizione del sabato del «Corriere del Ticino». Certo, l’ormai semileggendaria Doppelgängerin e compagna di navigazione del nostro intrepido giornalista/battellotto ha saputo starsene opportunamente in disparte, a debita distanza dalla romantica motonave «Milano» all’attracco nel centralissimo imbarcadero Giardino, a bordo della quale è avvenuta la presentazione luganese del libro. Invisibile e inafferrabile come sempre («Non rivelerò mai la sua identità!», ha ribadito imperturbabile Costantini, deludendo forse qualcuno ma facendola assurgere nell’empireo delle più ineffabili figure femminili della storia della Letteratura), Asia c’era dunque ma «in spiritu», rivelando con la sua «assente presenza» la vera cifra stilistica segreta della fortunata rubrica-commento di cui è la protagonista di fantasia ma non troppo: la distanza. Quella distanza ingrediente fondamentale dei pensieri costantiniani che, grazie all’espediente delle peregrinazioni su e giù per il Ceresio per consegnare un Barbera fatto col mulo ormai richiestissimo in tutte le più prestigiose enoteche, consente all’autore e alla sua amica «content creator e microinfluencer del lago» di osservare e capire meglio le tante miserie e le poche nobiltà di un’epoca e di una realtà politica, sociale e del costume su cui è meglio riflettere soprattutto con l’arma dell’ironia e dell’arguzia. Un po’ come per apprezzare certi quadri insomma, allontanarsi un po’ per poi riavvicinarsi e di nuovo tirarsi indietro, aiuta Costantini e i fedeli lettori delle sue «cronache reali da un mondo irreale» non soltanto a gridare che il re è nudo (anche perché quello purtroppo lo avevamo capito da un pezzo), ma a denunciare che di quella inadeguata e imbarazzante nudità «il sovrano» va tragicamente fiero o addirittura ne è candidamente inconsapevole.
E hai voglia a ripeterti latineggiando quanto è opportuno, giusto e doveroso che in una società democratica ci sia ancora qualcuno che «castigat ridendo mores», la verità è che solo l’arguzia dialettica, la memoria granitica dei fatti grandi e piccoli della politica e della cronaca e il fare scanzonato ma mai superficiale delle punture di Costantini, rendono digeribili considerazioni e verità spesso disarmanti sulla nostra realtà locale, cantonale e nazionale. I nostri diportisti enofili ne hanno per tutti e dibattendo con illuministico entusiasmo o scambiandosi il ruolo censorio di poliziotto buono e poliziotto cattivo, stroncano con l’ironia comportamenti pubblici e privati e denunciano le contraddizioni spesso miserabili di un Paese smarrito, con troppe iperboli, troppa ostentata ignoranza e troppo poca residua credibilità. Nata come un ipotetico «stupidario della settimana», la settimanale riflessione di Bruno Costantini ha fin dal suo debutto nel giugno del 2019 assunto delle caratteristiche proprie che l’hanno resa un unicum nel suo genere per qualità, indipendenza e capacità di fare satira con eleganza e una ricchezza di riferimenti che inevitabilmente arricchiscono anche il lettore più avvertito e disincantato. Ed è forse questo il merito più grande del suo autore, accanto alla straordinaria fantasia dell’aver costruito personaggi e situazioni che rappresentano il contesto più improbabile ed efficace per fare una satira di autentico valore giornalistico e sociale: l’aver inventato, in un mondo dove si crede di aver visto tutto e di sapere tutto, uno stile davvero originale e perfetto per la nostra realtà svizzero-italiana. Inutile tirare in ballo i più illustri rubricologi, corsivisti o elziviristi tuttologi del popolare (anche a nord di Chiasso) mainstream dei grandi giornali generalisti italici contemporanei. Forse, mutatis mutandis, scavando nel passato del grande giornalismo «politico» solo l’ironia tagliente di un corsivista formidabile dell’Unità (oggi ormai dimenticato) come Fortebraccio (alias Mario Melloni), fiero avversario di penna di Montanelli negli anni Sessanta e Settanta (uno che definì «inutilmente spaziosa» la fronte del discusso ministro socialdemocratico Mario Tanassi o che concluse un pezzo, sempre tirando in ballo un politico del PSDI, sentenziando: «Si aprì la portiera dell’auto. Non scese nessuno. Era Antonio Cariglia»), potrebbe ricordare il sarcasmo costantiniano, ma lì la politica dominava su tutto mentre ora lo sguardo ceresiano si amplia sull’intera e fluida società della «rivoluzione digitale». Ciò detto, per non scadere nel panegirico leccaculista (di sicuro poco gradito al comandante del battellino) in conclusione uno potrebbe legittimamente chiedersi perché pubblicare un’antologia florilegio di articoli in fondo già usciti sul giornale, ma la presentazione del libro ha fugato anche questa perplessità. Pur garantendo felici e spietate navigazioni per molti anni ancora, qualche volta Asia e Bruno (che intanto ha raggiunto il beneficio della rendita AVS) si riservano, in mancanza di spunti meritevoli il diritto, «ogni tanto», di lasciare il battellino in porto. Questo libro sarà allora utilissimo per rimediare, riassaporando qualche puntata del passato, alla mancanza di nuove forniture di sincero Barbera da ibridazioni equine. AIR