Criminalità

'Ndrangheta nel Bresciano, passando (anche) dal Ticino

Maxi operazione per una frode fiscale da 365 milioni di euro – Tra le società «cartiere», gli investigatori hanno avuto riscontro della presenza di una società ubicata formalmente a Lugano
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Jenny Covelli
17.02.2025 17:00

C'è anche un po' di Ticino nella maxi inchiesta della Direzione distrettuale antimafia della procura di Brescia e della Guardia di finanza su un collaudato sistema di «fatture per operazioni inesistenti» che ha svelato i rapporti tra 'ndrangheta e imprenditoria nel Bresciano e che ha portato alla luce un giro di fatture false per 365 milioni di euro. L’attività ha riguardato una frode fiscale complessa, poiché caratterizzata dall'aggravante del reato transnazionale.

Giovedì 13 febbraio, il Nucleo di polizia economico-finanziaria di Brescia e il Servizio centrale investigazione criminalità organizzata hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misura cautelare personale nei confronti di 12 soggetti indagati per avere costituito un’associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata alla commissione di reati tributari. Circa 70 le società e i soggetti coinvolti, destinatari di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, per un importo complessivo pari a oltre 8,5 milioni di euro, provento delle condotte investigate.

I provvedimenti eseguiti costituiscono l’epilogo di complesse attività di indagine avviate a partire dal mese di giugno del 2019, che hanno riguardato l’operatività in territorio bresciano di un’associazione per delinquere di matrice ‘ndranghetista, originaria della provincia di Reggio Calabria (egemone nella zona compresa tra i comuni di Melia di Scilla e San Roberto, al cui vertice vi era un soggetto già condannato per associazione di stampo mafioso dal Tribunale di Reggio Calabria). L’attività investigativa ha permesso di documentare la genesi e l’ascesa del sodalizio che, facendo leva sulla forza di intimidazione, avrebbe dapprima danneggiato, poi sopraffatto e infine estromesso dal giro d’affari connesso alle frodi fiscali un precedente sodalizio criminale, operativo dal 2017 nel distretto industriale del nord est. Sullo sfondo, quindi, c'era anche il rischio di una «guerra» tra cosche per avere l’esclusiva nel collaudato «sistema» dell’emissione delle fatture per operazioni inesistenti.

Una frode articolata

In dettaglio, l’associazione di stampo mafioso si è avvalsa di oltre 30 società – tra società cartiere estere e società filtro italiane – che hanno emesso fatture per operazioni inesistenti nel settore del commercio delle materie plastiche per oltre 365 milioni di euro in favore di imprenditori compiacenti, localizzati prevalentemente nelle province di Brescia e Mantova.

Le società cosiddette «cartiere» sono imprese che emettono fatture per operazioni inesistenti consentendo a imprese produttive di utilizzarle sia a fini di evasione fiscale, indicando in bilancio costi inesistenti, sia a fini di riciclaggio o per altri scopi illegali. Società, insomma, soltanto per produrre carte contabili, come copertura di attività illecite nei confronti del fisco. Le società cartiere in questione erano ubicate in Bulgaria, Ungheria, Slovacchia, Croazia e, appunto, Svizzera.

Che cosa c'entra il Ticino

Tra le società cartiere utilizzate come tassello fondamentale nell'architettura della frode, gli investigatori hanno avuto riscontro della presenza di una società ubicata formalmente a Lugano. Va da sé che essendo una «cartiera», aveva una mera domiciliazione sul territorio ticinese. Una società, insomma, finalizzata solo a produrre documentazione. Che ha un amministratore formale e un amministratore di fatto (il quale vive in Svizzera e figura tra gli indagati) che è a disposizione dell’organizzazione criminale (certificata come «criminalità organizzata»).

Nello schema della frode, la società estera produce la prima fattura falsa poi monetizzata in Cina (e nel Sud-est asiatico) attraverso il sistema del Fei Ch'ien (denaro volante, secondo la traduzione dal cinese), che consiste nel trasferimento virtuale del denaro all'estero.

Insomma, la «cartiera» in Svizzera (così come quelle ubicate in Bulgaria, Ungheria, Slovacchia e Croazia) è uno dei primi anelli necessari alla creazione della documentazione (carte contabili) che consente la frode. Le risorse evase e fatte poi rientrare in Italia, secondo gli inquirenti, sarebbero state reinvestite anche in attività legali (ad esempio in locali). Criminalità organizzata di stampo ’ndranghetista e tessuto imprenditoriale bresciano a braccetto per frodare il fisco e riciclare il denaro evaso, passando (anche) dal Ticino.

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