L'intervista

«Nei boschi della droga anche clienti svizzeri, serve l'aiuto del Ticino»

Il problema dello spaccio nel Varesotto arriva a Roma, il deputato Stefano Candiani: «Rinforzare la collaborazione tra autorità al confine, agli spacciatori pene severe come agli scafisti»
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Michele Montanari
14.03.2023 09:30

Un supermercato della droga, a due passi dal Ticino, che si estende per circa 50 mila ettari di territorio. I boschi dello spaccio del Varesotto da anni sono tra i protagonisti assoluti delle pagine dei giornali locali, tra racconti di degrado, violenza e operazioni di polizia. Una lotta alla criminalità che pare infinita: dopo gli interventi delle forze dell’ordine, gli arresti e la distruzione dei bivacchi, i trafficanti si riorganizzano e tornano a vendere droga di ogni tipo, dalla cannabis all’eroina. Quanto avvenuto lo scorso 10 febbraio nei boschi di Castelveccana sembra però un nuovo apice, tanto da richiedere l’aiuto del Governo italiano. Un 34.enne marocchino, colpito da un colpo d’arma da fuoco, è morto durante un’operazione dei Carabinieri e un militare è finito sotto indagine per omicidio. La delicata questione è arrivata a Roma: Andrea Pellicini, ex sindaco di Luino e deputato di Fratelli d’Italia, ha presentato al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi un’interrogazione sul fenomeno dello spaccio nei boschi del Varesotto. E non solo. Su spinta del deputato leghista Stefano Candiani, già sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno ed ex sindaco di Tradate, alla fine di febbraio è stato realizzato un incontro con Nicola Molteni, attuale sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno, e diverse autorità locali. Un incontro in cui Molteni ha fatto sapere che «lo Stato c’è» e «risponde presente» nel contrastare una «vera e propria piaga, che non è soltanto un problema locale, ma nazionale». Ne abbiamo parlato con il deputato Stefano Candiani.

Nessun disimpegno, lo Stato c’è

Partiamo dal recente incontro: come si è arrivati a coinvolgere il sottosegretario di Stato Nicola Molteni? Candiani spiega: «Il suo coinvolgimento nasce dalla consapevolezza che i nostri territori di confine devono sempre essere tutelati. Molteni abita a Cantù e ha già avuto a che fare con il tema dello spaccio di droga nei boschi in questi territori, inoltre siamo stati colleghi al Ministero dell’Interno. Non mi è stato difficile ottenere il suo consenso. L’incontro è stato anche un’occasione per parlare con gli operatori della sicurezza e con gli amministratori locali, specialmente dopo quanto avvenuto a Castelveccana, ossia la morte di un immigrato irregolare e l’indagine a carico di un carabiniere». Il deputato leghista aggiunge: «Questo ha destato molta preoccupazione nella gente che vive in queste zone: il timore è che quanto avvenuto possa prefigurare un rischio di “disimpegno” da parte degli operatori della sicurezza, tenuto conto che - e la cronaca purtroppo lo racconta costantemente - chi è in servizio con la divisa facendo rispettare la legge spesso e volentieri si trova ad essere incriminato al contrario di chi invece la legge la trasgredisce e commette reati. Ovviamente l’incontro è servito anche a rassicurare le forze dell’ordine: gli abbiamo fatto sapere che lo Stato è con loro. Ai cittadini abbiamo voluto dire che c’è una determinata volontà a tenere il più possibile sotto pressione il territorio, affinché questo tipo di criminalità non abbia il sopravvento».

Pene più severe, come per gli scafisti

Ma come contrastare un fenomeno che interessa circa 50 mila ettari di boschi? Secondo Candiani il problema è anche più esteso: «Questo fenomeno non è limitato solo al territorio del Varesotto, ma si estende anche nella zona al confine con Como e nell’Alto Milanese. Per contrastarlo in maniera efficace occorre un serio inasprimento delle pene relative al commercio e al traffico di sostanze stupefacenti». L’ex sottosegretario di Stato prosegue: «È evidente che oggi questi criminali traggono vantaggio da un quadro penale che sostanzialmente limita le punizioni serie solo ad alcuni gravissimi casi, ed è altrettanto evidente che alcuni soggetti hanno capito il meccanismo. Ma queste persone hanno una spregiudicatezza e una ferocia che devono essere contrastate con sistemi adeguati. In questi giorni il Governo ha emanato un decreto con cui sono state posizionate molto in alto le pene per gli scafisti: in caso di lesioni gravi e morte sono previsti fino a 30 anni di reclusione. Ecco, io sono convinto che azioni del genere servano seriamente a contrastare il crimine. Cioè, limitarsi a tenere sotto controllo il territorio ha senso nel momento in cui le pene fungono da dissuasore per chi commette reati, altrimenti si creano delle sacche di impunità. E questo non lo possiamo consentire. Per troppi anni i governi di sinistra, dal 2010 in avanti, hanno allentato molto la pressione rispetto al contrasto all’uso e al commercio delle sostanze stupefacenti», evidenzia Candiani.

Clienti dalla Svizzera, serve collaborazione

Lo spaccio di droga nei boschi nelle zone di confine, inutile dirlo, tocca da vicino anche la Svizzera. Il parlamentare leghista, a tal proposito, sottolinea: «È un problema non indifferente: le cronache parlano di soggetti provenienti dalla Svizzera per procurarsi droga in Italia, e questo fa pensare che si sia creata l’idea che sia più facile far rifornimento qui. Non deve essere così, e su questo punto non solo ho sollecitato molto il sottosegretario di Stato Molteni, ma ho anche avuto incontri con il deputato Andrea Pellicini e i funzionari dell’Ambasciata svizzera a Roma». Candiani non ha dubbi: «È necessario rinforzare il dispositivo di collaborazione transfrontaliero tra la polizia italiana e quella ticinese». Il Varesotto è infatti una sorta di zona cuscinetto dello spaccio tra Milano e la Svizzera, e, secondo l’ex sindaco di Tradate, l’unione di forze tra gli agenti dei due Paesi permetterebbe di «tenere sotto controllo il crimine compiuto in provincia di Varese, evitando poi un traffico di droga attraverso il confine». Il deputato tuona: «È una situazione inammissibile, il flusso al di qua e al di là della frontiera va represso in maniera molto forte, senza alcuna esitazione. Non vorrei che i consumatori che arrivano dalla Confederazione vedessero la provincia di Varese come una nuova Zurigo, città, in passato, molto liberale sull’uso di droghe».