Società

Nella morsa silenziosa del precariato, fra pasti distribuiti e working poor

Mentre l’inflazione annulla l’aumento dei salari, la fetta di chi chiede aiuto in Ticino si allarga – Marco Chiesa (Soccorso d’Inverno): «In tre anni le richieste di aiuto sono raddoppiate» – Una tendenza confermata anche da Fra Martino e Casa Astra: «Eroso il potere di acquisto»
© CdT/Chiara Zocchetti
Francesco Pellegrinelli
27.04.2023 06:00

In fila per un pasto caldo o un letto sicuro. Nel rapporto di attività di Casa Astra c’è un dato che emerge con maggiore evidenza e che racconta, meglio di altri, i cambiamenti avvenuti nel 2022: «La composizione di chi negli anni ha bussato alla nostra porta è cambiata», osserva l’operatore sociale della struttura, Marco D’Erchie. «In passato erano principalmente persone tra i 36 e i 45 anni». Oggi la forchetta si è allagata, inglobando anche i giovani e gli over 50. «La perdita del potere di acquisto è un fenomeno che tocca tutta la popolazione», prosegue D’Erchie. Stando ai dati diffusi negli scorsi giorni dall’Ufficio federale di statistica, l’indice dei salari nel 2022 è cresciuto mediamente dello 0,9%, a fronte di un rincaro del 2,8%. «Per chi si muove sul filo di lana questo scarto può significare molto. Una fetta della popolazione si è ritrovata sotto la soglia della povertà». Una lettura condivisa anche da Fra Martino Dotta: «La distribuzione quotidiana dei pasti nelle mense di Lugano e Locarno, nel 2022, è quasi raddoppiata». In tutto, giornalmente, la Fondazione Francesco per l’aiuto sociale offre un centinaio di pasti e la tendenza, nei primi mesi del 2023, racconta di un ulteriore aumento delle richieste di aiuto.

Svizzeri e residenti

Ma quali sono oggi i volti della povertà in Ticino? «Nell’ultimo anno abbiamo visto crescere la categoria dei cosiddetti working poor, quei lavoratori il cui reddito non garantisce una sussistenza dignitosa nonostante l’impiego», chiosa ancora D’Erchie. «Spesso sono persone che hanno praticato un lavoro con salari bassi e con percentuali ridotte, e che pertanto oggi hanno diritto a indennità di disoccupazione minime che non consentono di far fronte alle spese quotidiane». Queste persone - spiega D’Erchie - devono integrare la disoccupazione con le prestazioni sociali.

La permanenza media nella struttura - nata 19 anni fa per offrire una prima forma di accoglienza alle persone senza fissa dimora - è di 57 giorni. «Da tempo, gli ospiti sono soprattutto residenti e svizzeri», prosegue D’Erchie. Segno di un cambiamento profondo che interessa anche il nostro territorio.

Eppure, monitorare e delimitare il fenomeno della povertà, tanto in Ticino quanto nel resto del Paese, non è affatto semplice. Potrà servire a questo scopo ricordare - accanto ai numeri (esigui) delle reti sociali attive sul territorio - il dato statistico che mette il nostro cantone al primo posto tra le regioni svizzere più esposte. Quasi un quarto delle persone, in Ticino, vive in un’economia domestica con un reddito disponibile inferiore alla soglia di rischio di povertà. Una percentuale ben più alta rispetto a chi chiede aiuto a una struttura simile Casa Astra, alla quale si avvicinano solamente le persone più fragili. «Nel 2022, abbiamo accolto 108 persone».

Due nuovi centri

Altrettanto indicativi sono i numeri del Tavolino magico, l'associazione che si occupa di recuperare cibo non più vendibile ma ancora perfettamente commestibile. Il Tavolino magico dispone in tutto di 14 punti di distribuzione, 14 centri in cui le persone, una volta alla settimana, possono presentarsi per ricevere cibo. «Ogni settimana serviamo circa 2.300 persone», spiega Simonetta Caratti, responsabile della comunicazione dell’associazione. «Negli ultimi mesi abbiamo visto una crescita sensibile delle richieste. Pertanto a giugno apriremo un nuovo centro a Lugano dove siamo già presenti con 3 strutture. Mentre a Bellinzona passeremo da 2 a 3 centri». Gli esuberi di cibo, invece, vengono destinati alle mense sociali, come quelle di Fra Martino Dotta. «Sosteniamo ogni settimana 20 mense, dove aiutiamo altre 500 persone». 

Gli effetti della pandemia continuano a gravare sui ticinesi. L’esplosione dei prezzi legata all’inflazione ha ulteriormente aggravato la situazione
Marco Chiesa, presidente del Soccorso d'Inverno

I volti del disagio

La povertà - dicevamo - ha diverse facce. «Assume diverse forme, alcune sono meno appariscenti», commenta dal canto suo Marco Chiesa, presidente del Soccorso d’Inverno, l’associazione che si propone di arginare le conseguenze della povertà in Ticino. «Negli ultimi mesi abbiamo visto crescere le richieste di aiuto da parte di famiglie e individui», chiosa il presidente. Questo numero è in costante aumento dal 2020. «Gli effetti della pandemia continuano a gravare sui ticinesi. L’esplosione dei prezzi legata all’inflazione ha ulteriormente aggravato la situazione», aggiunge Chiesa. Nel 2022, l’associazione ha ricevuto 935 richieste di aiuto, 751 delle quali sono state accettate. «Nel 2019 le richieste erano meno di 400». In tre anni sono più che raddoppiate. Ma qual è il profilo tipico di chi chiede aiuto in Ticino? Ancora Chiesa: «Sono persone sole che hanno perso il lavoro o hanno subito una riduzione del reddito, ma anche padri e madri sole». In comune hanno la medesima difficoltà nell’affrontare spese come l’affitto, i conguagli, gli alimenti e la cassa malati. «In Ticino l’apparato sociale funziona bene», premette Chiesa. «Alcune persone però hanno finito le indennità e il passaggio all’assistenza richiede tempo».

Se l’assistenza scende

L’assistenza, appunto. Gli ultimi dati in Ticino indicano un’ulteriore diminuzione delle richieste di aiuto. Dopo un periodo di sostanziale stabilità durato quattro anni (2016-2019), il numero delle persone in assistenza è iniziato a scendere. A fine 2022, i beneficiari erano 6.900. Come spiegare allora questa (apparente) incongruenza? «In realtà la soglia della povertà inizia molto prima dell’assistenza», chiosa d’Erchie. Inoltre diverse persone in difficoltà faticano a rivolgersi alle autorità per chiedere aiuto, gli fa eco Chiesa. I motivi? «Il timore di venire stigmatizzati». Una condizione che spesso tocca gli anziani. In alcuni casi, inoltre, la poca familiarità con i servizi costituisce un ulteriore freno. In questo solco si inserisce il progetto di casa Astra che vuole di offrire una consulenza per chi vive ai margini e ha bisogno un sostegno per accedere ai servizi, conclude D’Erchie.

Che volto ha la povertà in Ticino?

Che volto ha la povertà oggi in Ticino? E quali sono i parametri oggettivi per definire questo fenomeno? Generalmente, l’Ufficio cantonale di statistica individua due percorsi. Il primo, che predilige i criteri oggettivi, fissa un reddito minimo e poi stima il numero di persone con un reddito inferiore a questa soglia. Il secondo, che prende in analisi criteri più soggettivi, cerca di valutare quante persone non riescono a permettersi certi beni, oppure quante persone reputano insoddisfacenti le proprie condizioni di vita. Ebbene, stando ai dati del 2020 - gli ultimi disponibili - il 24,4% in Ticino vive in un’economia domestica con un reddito disponibile inferiore alla soglia di rischio di povertà (equivalente al 60% del reddito mediano nazionale, ossia con 30 mila franchi all’anno), contro una quota del 15,4% in Svizzera. Un altro indicatore utilizzato per stimare il livello di povertà è il tasso di «deprivazione materiale», che misura la proporzione di persone con almeno tre condizioni di disagio economico. In Ticino questo tasso si attesta al 10,8% e; a livello nazionale, al 4,3%. Le deprivazioni materiali più ricorrenti tra i ticinesi sono: l’impossibilità di affrontare una spesa imprevista di 2.500 franchi (che tocca il 28,9% della popolazione); avere un arretrato di pagamento (18,3%); non avere mezzi finanziari a sufficienza per permettersi almeno una settimana di vacanza all’anno (16,3%). Per quanto concerne invece il secondo approccio, quello soggettivo, nel 2020 il 33,6% delle persone in Ticino si è dichiarato molto soddisfatto della propria condizione di vita; in Svizzera la quota era del 40,4%. Per contro, il 5,2% della popolazione cantonale ha valutato insoddisfacenti le proprie condizioni di vita (esprimendo un giudizio inferiore a 4, su una scala da 0 a 10); a livello nazionale la quota era del 2,7%. Da ultimo, in Ticino oltre una persona su 5 (il 22,4%) ha dichiarato che è molto difficile arrivare a fine mese; a livello nazionale questo rapporto scende a circa una persona su 10 (10,9%).