Neve e temperature alte: i perché della slavina sul Monte Bar

L’avevamo già scritto e lo riscriviamo: non pensate che le escursioni più semplici e a quote relativamente basse siano immuni dal rischio di valanghe. Soprattutto se nei giorni precedenti è caduta tanta neve e ci sono state brusche variazioni di temperatura che rendono più fragile il manto bianco. La natura ce l’ha dimostrato sabato verso le 16, quando una donna proveniente da oltre Gottardo, come confermatoci dal Servizio stampa della Rega, è stata travolta da una slavina lungo la strada fra Bidogno e la capanna del monte Bar. Stava camminando a una quota di circa millecinquecento metri insieme a un uomo quando a un tratto, dal versante, che in quella zona è abbastanza ripido, si è staccata una massa di neve di circa dieci metri per dieci. E non è la prima volta che succede in quel punto, come ci spiega lo specialista di soccorso in montagna Stefano Doninelli. L’uomo è riuscito a spostarsi in tempo, mentre la donna è stata trascinata a valle per una ventina di metri. Soccorsa dal medico della Rega, è stata trasportata in ospedale, dove i medici hanno riscontrato ferite di media gravità. Se la caverà, anche se non sarà facile dimenticare lo spavento.
La valanga è stata classificata come di media entità su White Risk, il portale edito dall’Istituto per lo studio della neve e delle valanghe e dalla SUVA che può essere uno strumento prezioso per tutti gli escursionisti: dalla famiglia con bambini a chi fa sci-alpinismo sui pendii più ostici.
Attenti a quelle crepe
Dicevamo della tanta neve dei giorni scorsi. Serge Santese, guardiano della Capanna del monte Bar, racconta che la settimana scorsa ne sono caduti un metro al rifugio e due in vetta. Lungo il percorso teatro della slavina di sabato, la coltre bianca ha coperto la strada e non è sempre evidente seguirne la linea. Il problema però è un altro: in prossimità della carreggiata, in particolare vicino al muro di sostegno, nel manto bianco possono crearsi delle fessure dovute al contatto con il calore della pietra, e questo, oltre a rischiare di farvi cadere in un buco di una certa profondità, rende il terreno nevoso più instabile.
Non sappiamo se l’ultima valanga sia effettivamente partita da una di queste «crepe», ma il consiglio, nel dubbio, è quello di salire e scendere, dritto per dritto, da Corticiasca. Sempre facendo attenzione alle condizioni meteorologiche e a quelle del terreno, ovviamente.
È pesante, fa male
La slavina di sabato potrebbe rientrare nella categoria delle cosiddette valanghe per scivolamento, caratterizzate dal fatto che a staccarsi non è solo un lastrone, ma l’intero manto nevoso. Le immagini arrivateci dal Bar sembrano infatti mostrare una porzione di prato scoperto nel punto dell’incidente. Sul sito dell’Istituto per lo studio della neve e delle valanghe si legge che «in primavera, a un certo punto, l’intero manto nevoso si scalda fino a 0 gradi», così «l’acqua da disgelo e la pioggia riescono a percolare lungo tutto il manto e la sua parte basale viene umidificata ‘dall’alto’». Ciò può innescare le valanghe per scivolamento, «soprattutto nella seconda metà della giornata». Sono anche chiamate «valanghe bagnate» e possono fare particolarmente male, visto che la neve in quei casi è «pesante».
Gli esperti concludono con un consiglio. «Spesso, lo slittamento del manto nevoso inizia lentamente, con la formazione iniziale di rotture da scivolamento: le cosiddette ‘bocche di balena’. Non ci si dovrebbe soffermare più dello stretto necessario nelle vicinanze di queste fessure, né sotto, né lateralmente, né sopra».