L’evento

NFT, ecco come creare opere d’arte

La SUPSI organizza un laboratorio creativo aperto a tutti incentrato sui token non fungibili – Ma come funziona questa nuova frontiera? Ne parliamo con Luca Ambrosini
© Shutterstock
Irene Solari
08.09.2021 20:34

Giovedì, in occasione dell’ARS Electronica Festival, la SUPSI organizza un laboratorio creativo aperto a tutti, incentrato su una tematica particolare di grande interesse e attualità: «Come creare e vendere un NFT partendo da un’opera d’arte». Wow. Siamo nel campo della cripto-arte e dei token non fungibili (Non-Fungible Token, NFT). Concetti che possono apparire molto complicati e astratti ma che, grazie a questo Learning Lab, vengono messi alla portata di tutti. Il progetto è guidato da due ricercatori presso l’Istituto Sistemi Informativi e Networking della SUPSI ed esperti di blockchain: Luca Ambrosini e Giuliano Gremlich.

Di cosa stiamo parlando?
Ma innanzitutto cerchiamo di fornire delle spiegazioni per quanto riguarda i concetti di base, necessari per comprendere al meglio la realtà virtuale in cui ci immergiamo. Il tutto ruota principalmente intorno ai concetti di token non fungibili (NFT) e di blockchain, strettamente legati alle criptovalute, come i Bitcoin e gli Ether. Vediamo di approfondire. Siamo nell’ambito della compravendita di beni immateriali online. Fondamentali per questo sono i registri, come spiegato da HDBlog: nel mondo odierno, praticamente ogni cosa è reperibile in un registro che ne controlla l’origine o l’autenticità (ad esempio si possono citare le banconote e i loro numeri di serie, le targhe dei veicoli, le garanzie di validità). Questi registri vengono normalmente gestiti da un’autorità o da un’entità degna di fiducia e considerata al di sopra delle parti: ci troviamo infatti dentro a un sistema centralizzato. Ma questo sistema è fallace, dato che è controllato da esseri umani. Ed è possibilissimo, in uno scenario del genere, che per esempio una pagina “scomoda” di un registro venga strappata e fatta sparire.

Che fare in quel caso? Come provare che realmente esisteva quella pagina? Tutto questo non può capitare se il registro riveste una speciale forma virtuale: la Distributed Ledger Technology (DLT), ovvero la tecnologia del libro mastro distribuito. Come spiega Fabio Cricrì sulla pagina web «Non-fungible token (NFT) per tutti», la DLT è «come un database decentralizzato e immutabile, di cui cioè nessuno possiede i diritti di modificare i dati già inseriti». Le blockchain fanno parte di questa categoria di registri virtuali sicuri. In questi sistemi, i blocchi di informazioni digitali formano un insieme coeso godendo di una certa sicurezza ed integrità, proprio in virtù del principio di concatenazione che li lega tra loro. È infatti impossibile per una persona modificare unilateralmente e arbitrariamente una parte della catena (un documento, delle informazioni digitalizzate), senza coinvolgere e modificare l’intera catena di blocchi. Come riporta HDBlog: «Nessuno può strappare la pagina se gli altri non sono d’accordo».

Questo è un sistema molto più sicuro, decentralizzato e senza mediatori che preserva la trasparenza e la tracciabilità dei dati. Le blockchain, proprio per il loro carattere in principio immutabile, rivestono un ruolo fondamentale per l’applicazione delle criptovalute. Basti pensare che la prima blockchain è stata creata nel 2008 da Satoshi Nakamoto (pseudonimo), inventore del Bitcoin, e successivamente potenziata per ricoprire la funzione di “libro mastro” della nascente criptovaluta. Una sorta di super registro che ne raccogliesse tutte le transazioni. Aggiungiamo ancora la distinzione, utile in questo campo, tra beni (token) fungibili e non fungibili. Come spiega Fabio Cricrì, è fungibile un bene che può essere sostituito con altri beni simili a lui, poiché riesce a compiere la stessa funzione in campo economico. Le criptovalute ne sono un esempio. Mentre un bene è non fungibile quando questo è ritenuto unico, non possibile da sostituire con altri, come ad esempio un’opera d’arte o un contratto. I token non fungibili non possono essere scambiati tra di loro, ma possono venire ceduti in cambio di criptovaluta.

Gli NFT sono il primo strumento tecnologico che ha permesso di creare qualcosa di scarso sul web

Una rarità sul web
Ambrosini, ricercatore presso l’Istituto Sistemi Informativi e Networking della SUPSI, ci introduce a questo affascinante mondo virtuale e ci spiega qualcosa riguardo al laboratorio di cripto-arte. Gli NFT e le blockchain, infatti, sono molto usati nel mondo dell’arte in formato virtuale, poiché la blockchain implica la creazione di oggetti digitali unici e questi sono frequentemente opere di arti visive, musica o video. Ma trovano applicazione anche nel mondo del gaming e degli oggetti digitali collezionabili. Un’altra particolarità è che questo mondo virtuale parallelo fornisce delle garanzie riguardo all’autenticità di un’opera e alla sua esclusiva proprietà. Una piccola isola felice nel vasto mondo di internet che vive e battaglia su dinamiche di copia-incolla e di contenuti resi virali in frazioni di secondo.

Questo punto, molto importante per definire l’esclusività di ciò che offre questo meccanismo, ci viene illustrato proprio da Ambrosini: «Gli NFT sono il primo strumento tecnologico che ha permesso di creare qualcosa di scarso sul web. Nel senso che da sempre su internet, se esiste una foto, un video, una canzone, un qualsiasi contenuto digitale, questo è per sua stessa natura estremamente semplice da replicare. Basta fare copia e incolla oppure lo si inoltra e in un secondo diventa virale, ce l’hanno tutti. Con gli NFT, al contrario, possiamo creare qualcosa di davvero unico. Possiamo avere anche la prova che io possiedo davvero l’originale di un contenuto digitale». Questo è il concetto chiave dei token non fungibili: la scarsità digitale verificabile. Gli NFT in effetti presentano numerosi vantaggi per il commercio virtuale della cripto-arte e per la sua valorizzazione: «Oltre ad aver creato dell’arte visiva nel mondo digitale − quindi avere un’opera come una foto e renderla unica o un video e renderlo unico − le abbiamo anche dato un modo molto semplice di essere scambiata e di essere valorizzata. Perché fino ad oggi per poter vendere un’opera d’arte bisognava essere un gallerista o riuscire ad avere un’esposizione. Adesso con gli NFT, nel giro di qualche secondo, una persona può passare dal creare la propria arte, al portarla realmente sul mercato. Noi cercheremo di dimostrarlo nel talk di giovedì: faremo passare i partecipanti da zero competenza tecnica in materia di NFT ad aver l’opera d’arte in un marketplace in circa trenta minuti».

Le applicazioni, come detto, sono principalmente artistiche ma non solo. Abbiamo chiesto a Luca Ambrosini quali sono gli altri campi d’applicazione nei quali si sta rapidamente diffondendo l’uso degli NFT. «Se ne parla un po’ meno, ma anche nel mondo della musica e negli ambiti di letteratura e poesia». Una tecnologia molto utile, anche in questo caso, per provare l’autenticità e la proprietà del bene: «È usata per provare, ad esempio, che una certa poesia sia stata scritta da una determinata persona in un determinato momento storico». Ma, prosegue Ambrosini, in questa realtà in cui si trova il concetto di unicità e di unica proprietà degli oggetti virtuali, sta entrando sempre di più anche il mondo del gaming. «Gli NFT li ritroviamo quindi all’interno dei videogiochi, un po’ come quello che forse tempo fa era il Tamagotchi, che ora si è evoluto: noi possiamo avere il nostro pet digitale su blockchain. Quindi io posso provare realmente che lo possiedo e, per il puro fatto di trovarsi su blockchain, il mio animaletto virtuale ha anche un valore economico, perché lo posso scambiare con altri utenti in cambio di criptovaluta».

E, in effetti, il giro d’affari che si è sviluppato attorno a questi nuovi token fa girare la testa: in alcuni casi si arriva a parlare di cifre che sfiorano le decine di milioni di dollari. Somme astronomiche per acquistare, ad esempio, un gattino virtuale personalizzato, i famosi CryptoKitties. Oltre ai videogiochi e ai piccoli token animali collezionabili, stanno prendendo piede anche affascinanti scenari di realtà virtuale: «Ci sono tante aziende, alcune anche locali, che stanno provando a ricreare nel mondo digitale degli spazi fisici, come una stanza o una casa, acquistabili nel mondo digitale. Quindi la persona possiede questa abitazione, ne ha le chiavi in senso virtuale e al suo interno può appendere le opere d’arte NFT che ha comprato. Può creare una piccola galleria d’arte virtuale oppure “ospitare” i propri amici in questo spazio. Una prospettiva che in questo momento, ancora un po’ limitato dalle normative COVID, permette di aprire a un nuovo tipo di interazione».

Nella prima parte del talk cercheremo di sfatare alcuni falsi miti di questo mondo, sulla blockchain che è definita immutabile e indistruttibile

Grande potere e grandi responsabilità
Veniamo al Learning Lab. L’iniziativa permette, con il suo approccio, di avvicinare chiunque a questo mondo virtuale. «Gli NFT sembrano un concetto complesso e la gente può esserne spaventata» spiega Ambrosini. «Magari un artista non percepisce la semplicità del processo e quindi non prova nemmeno ad avvicinarsi. Per questo abbiamo pensato di provare a dimostrare a tutti che se sanno aprire un browser e andare su Instagram, ad esempio, in un attimo possono riuscire creare un’opera d’arte virtuale». Un lavoro strutturato in due fasi: «Nella prima parte del talk cercheremo di sfatare alcuni falsi miti di questo mondo, sulla blockchain che è definita immutabile e indistruttibile. Mostreremo anche quelle che sono le sue criticità. Poi creeremo un portafogli digitale nel quale poter custodire l’opera d’arte e cercheremo di spiegare come prendersene cura. Cosa molto importante, perché se la loro opera d’arte in un attimo inizia a valere – glielo auguro – 30 milioni di franchi, il loro portafogli va tenuto al sicuro. Nella seconda parte il talk entrerà subito nel vivo e mostreremo a tutti come usare la piattaforma Open Sea per creare il loto NFT e nella fine del talk lo metteremo online direttamente.

Quindi chi vorrà potrà mettere la sua opera d’arte in vendita entro la fine del workshop». Un percorso molto interessante in grado di portare, nel giro poco tempo, un’idea di arte virtuale in una forma definita e su un mercato che la rende molto reale e valutabile. Questo, naturalmente, comporta delle implicazioni a livello di sicurezza e tracciabilità di eventuali offerte in criptovaluta. Tutto già previsto dai due ricercatori: «La piattaforma che utilizzeremo ha già un suo contratto di proprietà intellettuale, che le persone implicitamente siglano quando pubblicano la loro arte tramite la piattaforma. Quindi tutto quello che svolgiamo è nella completa legalità e c’è anche un’estrema tracciabilità dei fondi che poi arrivano alle persone, quindi i rischi da quel punto di vista sono praticamente nulli». In effetti, il fattore che può portare a criticità all’interno di una blockchain è la questione dell’unicità del detentore dell’NFT, come ci spiega Ambrosini: «La tecnologia è estremamente sicura. Ma nel mondo della blockchain, di base, noi siamo sovrani di noi stessi. Quindi vuol dire che siamo gli unici custodi della nostra password. Non esiste la comoda opzione “ho dimenticato la password”, realizzabile se dall’altra parte c’è un servizio che la custodisce e ce la può restituire. Non nel mondo blockchain. Questo ci obbliga ad averne maggiore cura perché, se la perdiamo, abbiamo perso l’unica copia che esiste. Noi spieghiamo, a chi segue il nostro talk, come fare a prendersene cura e come adottare le precauzioni che rendono molto difficile perderla». Una differenza fondamentale tra questi due mondi di internet, «in quello classico tutto viene impostato per la user experience, per essere semplice. Nel mondo blockchain, tendenzialmente, si parte dall’indipendenza, dal fatto che uno custodisce la sua opera d’arte e non il gallerista per lui. Da questo grande potere derivano grandi responsabilità, come si diceva in Spiderman. Noi cerchiamo di spiegare come gestire questo potere e non diventarne vittima».

A livello legale è ancora piuttosto difficile tracciare un quadro di disposizioni applicabili in materia di NFT. Siamo in una zona grigia, ci spiega il nostro interlocutore: «Nessuna autorità si è ancora pronunciata in maniera esplicita sulla proprietà intellettuale». Tuttavia, prosegue Ambrosini, «sappiamo cosa succede per quello che concerne le opere puramente digitali, come i popolarissimi CryptoKitties o i CryptoPunks, dei simpatici giochini che però, in questo momento, arrivano a valere qualche centinaio di migliaia di franchi, se non milioni. In questo caso, la proprietà intellettuale si sposta insieme al token: quindi se io possiedo l’NFT ne posseggo tutti i diritti».