Non cambia la musica nel centro storico
«La tematica del disturbo è complessa e concerne diverse norme legislative, alcune nemmeno di competenza del Comune. Si tratta di trovare un equilibrio tra le esigenze, da una parte, di svolgere attività commerciali/ricreative e, dall’altra, di vedersi garantito il diritto alla tranquillità». È un tema che torna spesso nell’agenda politica bellinzonese. D’altronde non potrebbe essere altrimenti. Nel centro storico della Turrita convivono commerci, uffici, esercizi pubblici ma anche e soprattutto residenti. Va dunque individuata quell’armonia che consenta – a tutti – di godere appieno del salotto buono nel rispetto delle diverse sensibilità. Un’impresa non facile, che arrovella il Municipio da anni: ricordate quando, esattamente dieci anni fa, scoppiò il polverone del limite di 65 decibel (meno di un’aspirapolvere) per la musica diffusa nei bar? Contro la modifica dell’ordinanza vennero inoltrati oltre duecento ricorsi, accolti.
L’ordinanza e i ricorsi
L’Esecutivo ha fatto ulteriormente chiarezza su questo ed altri aspetti rispondendo all’interrogazione di Angelica Lepori, Giuseppe Sergi e Matteo Pronzini del gruppo Verdi-FA-MPS-POP-Indipendenti. I quali chiedevano, per farla breve, se non fosse il caso di alleggerire alcuni provvedimenti per rendere la capitale più «viva e vivibile» sulla falsariga di quanto vuole fare Lugano, con la modifica dell’ordinanza che impone ai locali di richiedere alla Polizia comunale l’autorizzazione per poter organizzare una serata con musica e deejay. L’attuale regolamentazione, secondo i tre consiglieri, penalizza eccessivamente gli esercenti, che preferiscono spesso rinunciare ad organizzare eventi per timore di incorrere in multe: «E questo a scapito dell’attrattiva della Città, di tutta la cittadinanza (a cominciare da quella giovanile) e dei turisti». Innanzitutto il Municipio fa notare che contro la nuova Ordinanza sulla repressione dei rumori molesti ed inutili, approvata dal consesso nel gennaio 2021, sono stati interposti dei ricorsi. Ciò vuol dire che, allo stato attuale, valgono le disposizioni della «vecchia» Bellinzona risalenti al 2007. Quindici anni fa, pertanto. Vanno poi aggiunte le norme pianificatorie, zona per zona, per quanto riguarda i gradi di sensibilità.
«Luogo di socializzazione»
«Il centro storico ha la caratteristica – che si ritrova in parecchi centri storici di altre città svizzere – di avere una quota minima di superficie da dedicare alla residenza con lo scopo dichiarato – e anche raggiunto (nel comparto regolato dal Piano particolareggiato del centro storico abitano attualmente circa 1.500 persone) – di evitare che il centro si trasformi in zona soltanto di uffici amministrativi», annotano il sindaco Mario Branda e i colleghi. Quest’ultima è la situazione di Lugano, che infatti sta valutando dei cambiamenti per incentivare le persone a stabilirsi nel «cuore» della perla del Ceresio. Il salotto buono di Bellinzona è e rimarrà così, afferma a chiare lettere il Municipio. Una caratteristica che «lo rende – checché ne dicano i detrattori – un luogo di socializzazione privilegiato». Fondamentale è riuscire a far conciliare i diversi interessi in gioco; ciò che secondo l’Esecutivo avviene, «a soddisfazione anche di chi chiede un centro storico vivace».
Tornando alla questione iniziale, rispetto agli auspici di Lugano nella capitale, per quanto attiene le manifestazioni, vale tuttora il regime autorizzativo: «L’attività degli esercizi pubblici, così come il comportamento dei loro utenti, non deve essere fonte di disturbo per il vicinato; dopo le 23 i suoni devono essere ridotti in modo tale da non essere percepiti da terzi. Le due disposizioni sono da considerarsi complementari».
Le disposizioni in prospettiva
L’Esecutivo si esprime infine sull’Ordinanza municipale concernente gli esercizi pubblici e sull’eventuale aggiornamento in base alla Legge cantonale sugli esercizi alberghieri e sulla ristorazione (Lear): «L’intenzione è di procedere quanto prima, va però tenuto conto che la Lear è in fase di revisione, con possibili maggiori competenze comunali; è quindi ragionevole attendere la tempistica cantonale prima di procedere con la modifica dell’ordinanza municipale».